Si rivolge direttamente ad Antonio Giuseppe Malafarina, direttore responsabile del nostro giornale, Antonio Riggio, presidente dell’Associazione Autismo in Movimento, in riferimento al commento dello stesso Malafarina a un contributo di Gianfranco Vitale da noi pubblicato nei giorni scorsi (L’autismo, il linguaggio “fiabesco”, la realtà e l’“imperfetta unicità”).
Diamo spazio al contributo di Antonio Riggio, seguito dalla replica di Antonio Giuseppe Malafarina.
Caro Direttore, sono il presidente dell’Associazione Autismo in Movimento di Palermo, che riunisce molte famiglie che convivono, direttamente o indirettamente, con l’autismo. Amministro anche una pagina Facebook che ha oltre 154.000 follower.
Le scrivo in relazione al recente articolo di Gianfranco Vitale, che ho apprezzato moltissimo. Trovo che tutto quanto ha scritto rappresenti una fotografia non camuffata di ciò che realmente accade nel nostro Paese. Essere franchi e diretti come lui è oggi un’autentica rarità. Lo è perché il linguaggio della verità è per molti scomodo. A volte scomodissimo!
Faccio una premessa: spesso sento parlare di “mondo autistico”… Voglio ricordare a tutti che esiste un solo mondo dove vivono anche persone autistiche. Perché parlare allora di “mondo autistico” e di “comunità autistica”? A chi conviene creare divisioni e steccati?
Confesso di non riconoscermi in molte parti del commento che segue l’articolo di Vitale (aggiungo che mi ha proprio stupito la scelta stessa del commento…). Faccio un esempio: «Anche sostenere che il nostro sia un Paese, seppure in merito all’autismo, “specialmente e vergognosamente incivile”, ci pare assai estremo, visto che, come lo stesso Vitale ammette, ci sono persone autistiche che riescono a emergere, cosa che non sarebbe possibile se il nostro Paese fosse come egli lo descrive con la sua affermazione».
Caro Direttore, sappia che sono il papà di un ragazzo autistico di “livello 3” [autismo severo, N.d.R.], vivo per mio figlio Gaetano, ne sono orgoglioso, ma detesto l’autismo che gli ha rovinato l’esistenza. Ho lasciato il lavoro per evitare che andasse in istituto, Mio figlio è stato in semiconvitto da 6 anni fino a 17. I medici mi hanno sempre detto che essendo un caso grave, tante cose non le avrebbe mai potute fare, Né… gli sarebbero mai servite.
Dal 2021 ho deciso di non fargli più frequentare il centro. Oggi, a distanza di pochi anni, Gaetano è rinato, ha appreso tante autonomie domestiche e lavoriamo fianco a fianco.
Questo risultato a chi lo vogliamo attribuire? Al Paese che giustamente Vitale ha definito «specialmente incivile» oppure alla forza di volontà di un genitore, che lo Stato ha lasciato solo costringendolo persino, come ho detto, a lasciare il lavoro?
Ho poi trovato incomprensibile la sua pretesa di cogliere una contraddizione nella lucidissima analisi di Gianfranco Vitale. Lei sostanzialmente dice che «da una parte Vitale segnala come incivile il nostro Paese, poi però cita esperienze di autistici che vivono magnifiche esperienze perché lavorano, guidano la macchina, scrivono libri, si sposano, hanno figli etc.». Io ho solo la terza media, dottore, ma questo non mi impedisce di fare a un uomo di cultura come lei una semplice domanda: «È Vitale che è in contraddizione o è lei che non ha capito che se un autistico è di “livello 1” può fare certe cose proprio grazie alla sua condizione che gli consente di autodeterminarsi?». Non è certo il governo che permette a un autistico di sposarsi e avere figli! O no?
Le Istituzioni di questo Paese hanno fallito sotto ogni aspetto, iniziando dalla scuola e arrivando a quella che si chiama ipocritamente inclusione lavorativa. Lei lo sa che non esiste una presa in carico su progetti personalizzati e il “Dopo di Noi”? Come chiama questo Paese se non incivile? Trova più giusto definirlo “birichino”?
Pensa davvero che le parole di Gianfranco Vitale siano state estreme? Io credo proprio di no e come lui sostengo che l’autismo non sia affatto solo una condizione. Se è convinto del contrario non lo scriva in un commento, ma venga, per esempio, a vedere mio figlio e poi vediamo se continua ad essere così convinto che la parola “cura” sia sbagliata.
Gaetano è affetto da autismo e non è su questa sciocca disputa malattia/condizione che si giocano il suo presente e il suo futuro. No, dottore. La vera questione è un’altra: garantire a lui, e agli autistici come lui non belle parole ma diritti. Diritti, dottore… Quello che lo Stato viola ogni giorno!
Sarei felice se potessimo confrontarci pubblicamente su questi temi. Mi piacerebbe se accettasse il mio invito a un dibattito pubblico online.
Ringrazio lei e «Superando.it» per la gentile ospitalità.
Antonio Riggio – presidente dell’Associazione Autismo in Movimento
Di seguito la replica di Antonio Giuseppe Malafarina.
Gentile signor Riggio, nel ringraziarla per il contributo, comincio a precisare che non sono dottore. Sono semplicemente una persona che è diventata giornalista facendo praticantato, come previsto dell’Ordine Professionale cui appartengo.
Lei mi invita a venire a vedere suo figlio. Sa che l’avrei fatto volentieri, avessi potuto? Ma le mie condizioni non me lo permettono perché il mondo che ho attorno non è fatto per me. E non mi posso neppure permettere il dibattito pubblico, perché, per quanto allettato dalla sua proposta, devo pensare al lavoro e alle mie altre attività di volontariato in essere. Ho stabilito queste priorità perché il mio futuro non è nelle mie mani, dunque ho bisogno di dare priorità al lavoro per poter sopravvivere un giorno, quando risorse altrui verranno a mancare. Il tempo residuo, appunto, è già occupato dalla mia attività a favore di persone con e senza disabilità con cui ho già preso impegni. La prego, pertanto, di comprendermi.
Vede, non riusciamo a intenderci su un fatto. Nella mia esposizione ho fatto presente che il sistema di assistenza alle persone con disabilità, segnatamente a quelle autistiche, non funziona. Ho anche detto che ci sono casi in cui funziona. Lei cita il “livello 3”, ecco, ci sono anche il “livello 2” e il “livello 1”. Quindi cosa facciamo? Parliamo solo del “livello 3”?
Ho avuto modo di dire che la comunicazione che esalta la persona con disabilità in funzione della sua disabilità è abilista. Ma lo è anche quella che è “ribassista”. Cosa direbbe lei se suo figlio fosse in una condizione di autonomia accettabile e io dicessi che “tutte le persone con autismo trovano un ambiente ostile che non permette loro di emergere”? Non credo me lo lascerebbe passare. E farebbe benissimo. Perché quello che lei chiama linguaggio della verità non include solo le persone con disabilità di un certo livello, ma tutte. Altrimenti ricadiamo nell’errore in cui ho segnalato ricadere il signor Vitale: per non parlare solo del positivo, parliamo solo del negativo.
È vero, molti centri non funzionano: denunciamolo. Siamo qui per questo.
Vede, io che non sono uomo di cultura di certo, tutt’al più uomo pensante, ritengo che ci sia differenza fra un Paese incivile e uno vergognosamente incivile. Mi creda, al mondo esistono molti Paesi vergognosamente incivili in merito all’autismo e sono quelli dove tutti sono oggetto di discriminazione e segregazione varia. Allo stesso modo, ribadisco, ci sono persone con autismo che in Italia vivono carenza e non assenza del diritto alla partecipazione e questo fa la differenza fra il dire che un Paese deve vergognarsi, invece che denunciare che ci sono cose che non funzionano. Anche molte.
La forza di volontà… Quanto bene conosco questa espressione. E quanto bene so che le politiche sociali in Italia non sono efficaci come dovrebbero. Anche in presenza di buone norme legislative.
In bocca al lupo a lei e a tutti i genitori, i fratelli, le mogli, i mariti, i figli, gli altri parenti e gli amici spesso lasciati soli. Io non posso far altro che scrivere, comunicare, continuare a denunciare e a battermi. Come faccio da oltre trent’anni. Per tutti. Anche se la mia propensione per accogliere le istanze delle persone con disabilità grave e gravissima, di cui neppure abbiamo una definizione legittima, avrà spontaneamente sempre un occhio di riguardo.
Un sorriso,
Antonio Giuseppe Malafarina – direttore responsabile di «Superando.it»