Il bullismo legato alla disabilità: riflessioni più che punizioni

Accorciare la distanza tra gli insegnanti e la classe, per abbattere il bullismo nella scuola, in particolare quando coinvolge la disabilità: parola di studenti e studentesse. È la richiesta che emerge dall’indagine condotta da “Inclusi. Dalla scuola alla vita, andata e ritorno”, progetto selezionato dalla Fondazione Con i Bambini, nell’àmbito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che coinvolge varie organizzazioni del Terzo Settore, con il coordinamento della Federazione lombarda LEDHA, nel promuovere una scuola e un territorio equi e accessibili a tutti e tutte

Ragazzo in carrozzina isolato nel giardino di scuolaAccorciare la distanza tra gli insegnanti e la classe è la soluzione per abbattere il bullismo nella scuola, in particolare quando coinvolge la disabilità: parola di studenti e studentesse. Da un lato, infatti, i ragazzi e le ragazze si rendono conto che troppo spesso sottovalutano il problema, dall’altro cercano negli insegnanti una soluzione, riconoscendo in loro il ruolo di educatori necessari nella prevenzione e nel contrasto del bullismo in classe, usando gli strumenti del dialogo e della condivisione, al posto delle punizioni.
È quanto emerge dall’indagine esplorativa condotta da Inclusi. Dalla scuola alla vita, andata e ritorno, progetto triennale selezionato dalla Fondazione Con i Bambini, nell’àmbito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che coinvolge organizzazioni del Terzo Settore in tutta Italia, nel promuovere una scuola e un territorio equi e accessibili a tutti e tutte.
Le attività del progetto sono state elaborate e realizzate con il coordinamento della LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), da parte di una serie di organizzazioni territoriali, vale a dire Apriti Sesamo di Roma, Consorzio SIR e Spazio Aperto Servizi di Milano, La Rete di Ascoli Piceno, La Rada di Salerno e la Fondazione di Culto e Religione Vaticano II di Porto Recanati.

Secondo i dati prodotti qualche anno fa dall’ISTAT (2015), metà degli studenti tra gli 11 e i 17 anni è stata vittima di bullismo da parte dei propri coetanei con offese verbali, derisione per l’aspetto fisico o il modo di parlare, esclusione dal gruppo a causa del proprio credo o delle proprie opinioni, fino alla violenza fisica. Un fenomeno più aspro quando si entra nell’ambito del cyberbullismo, che nasce da una dinamica di gruppo, dove i soggetti coinvolti si sostengono reciprocamente e gli attori principali non sono solo il “bullo” e la “vittima”, ma l’intero gruppo classe, insegnanti inclusi.
Ancora poco indagato, invece, è il fenomeno del bullismo legato alla disabilità. «Nelle statistiche ufficiali – sottolinea Giovanni Merlo, direttore della LEDHA – i bambini/bambine e i ragazzi/ragazze con disabilità sono “invisibili”, eppure qualsiasi condizione di disabilità espone lo studente a un maggior rischio di essere vittima del bullismo, in particolare in quei contesti classe in cui non si creano le condizioni per comprenderla».
«Chi compie atti di bullismo verso le persone con disabilità – aggiunge – risponde in genere alla necessità di “proiettare’ sull’altro, e quindi allontanare da sé, le proprie fragilità».

All’interno del progetto Inclusi, le organizzazioni partner hanno condotto un’indagine nel campo quasi inesplorato della stretta corrispondenza tra bullismo e disabilità, proponendo – durante lo scorso anno scolastico – una serie di attività educative di taglio laboratoriale a un campione di 612 studenti/studentesse di 10 scuole (secondarie di primo grado e corsi di formazione professionale) e un centro di aggregazione giovanile, in 8 città (variando tra grandi e piccoli centri urbani) di 4 Regioni (Campania, Lazio, Lombardia e Marche).
Le attività proposte si sono basate su strumenti formativi che hanno messo i ragazzi nella condizione di gioco per esprimere le loro capacità empatiche, gli orientamenti valoriali e il grado di consapevolezza delle azioni. Tra queste attività educative, il circle time (gruppo di discussione in cerchio dove ognuno può esprimere la sua opinione), la role playing (interpretazione di ruoli), le drammatizzazioni e, non ultimo, un questionario cui i ragazzi hanno risposto mettendosi di fronte a situazioni verosimili di bullismo, elaborate a partire da casi reali, nei confronti di ragazzi/ragazze con disabilità.
Ebbene, dall’insieme delle attività è emerso con chiarezza il punto di vista dei ragazzi che oltretutto, nonostante il piccolo campione, conferma il lavoro bibliografico fatto in precedenza: essi credono infatti che gli insegnanti possano fare la differenza e chiedono loro di intervenire non con un atteggiamento punitivo, ma impegnandosi in una vera educazione alla diversità, superando lo stereotipo del “bullo cattivo” e della “vittima indifesa”. È questa, infatti, una rappresentazione che, anche quando si fonda su dati reali, si rivela inadeguata, perché non considera il contesto ambientale, sociale e culturale. Il bullismo invece, in quanto fenomeno dinamico-relazionale, può essere contrastato considerando gli elementi positivi dell’intero contesto classe, come la coesione e la presenza di leader positivi.

«La richiesta che viene posta agli adulti – conclude Merlo, sintetizzando le risposte dei ragazzi e delle ragazze – è quella certamente di esserci, di essere coerenti e affidabili, di essere i primi a credere che il bullismo, anche quando coinvolge i ragazzi con disabilità, non sia un fenomeno ineluttabile e quasi “naturale”. Un fenomeno che si può prevenire, contrastare e risolvere: più con le riflessioni che con le punizioni, più lavorando per avvicinare al posto che separare».

Le attività proposte da Inclusi pongono dunque le basi per organizzare attività specifiche nelle scuole, riservate agli insegnanti, sulla prevenzione del bullismo legato alla disabilità, per capire quali siano i comportamenti che possono contrastare in modo efficace le situazioni di bullismo e quali invece possano facilitarle, per conoscere le diversità e saperle includere. (S.P. e S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Silvia Panzarin (silvia.panzarin@leacrobate.it).

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