Il 30 settembre scorso è stato pubblicato dalla testata «Avvenire»un articolo a firma di Sandro Cappelletto dal titolo L’autismo nell’opera di De Rossi Re. Nello specifico il testo tratta della nuova opera del compositore Fabrizio De Rossi Re, per il libretto e la drammaturgia di Guido Barbieri, che si intitola Magic Circles – Storia di Martin W. che sapeva contare le stelle, il cui debutto è previsto al Teatro Palladium di Roma il 6 ottobre prossimo, con replica al Teatro Flavio Vespasiano di Rieti domenica 8.
Cappelletto spiega che «il titolo, Magic Circles, è ispirato dalle opere di George Widener, artista visivo statunitense, ritenuto nella sua infanzia autistico e che iniziò a rivelare le proprie qualità, oggi internazionalmente riconosciute, attorno ai quarant’anni». È lo stesso De Rossi Re ad esplicitare che la sua opera esprime il tentativo «di mettere in musica quello che potrebbe accadere nel cervello di una persona con questa sindrome». E sino a qui l’intento appare certamente apprezzabile, giacché l’arte, col suo linguaggio immaginifico e multiforme, può rivelarsi un formidabile veicolo di inclusione per le persone con disabilità.
Il problema è che De Rossi Re non si è limitato a parlare d’arte, ma ha voluto rispolverare una falsa teoria, smentita dal suo stesso autore, secondo cui l’autismo scaturirebbe dalla cattiva educazione impartita in famiglia. «Spesso – ha dichiarato il compositore su “Avvenire” – nei casi di autismo viene constatata la presenza, nelle famiglie, di un’educazione rigida che lascia poco spazio alla fantasia».
«Questo articolo è uno dei tanti che continuano a perpetrare la falsa teoria dell’autismo psicogeno, provocato cioè dal cattivo rapporto con la famiglia», ha commentato, in relazione a tali dichiarazioni, Carlo Hanau, presidente dell’APRI (Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale), già docente di Programmazione e Organizzazione dei Servizi Sociali e Sanitari nelle Università di Modena e Reggio Emilia e di Bologna.
«Ci sono ancora tante scuole psicoanalitiche italiane che insegnano la cosiddetta “teoria della madre frigorifero” di Bettelheim e Tustin ai futuri psicoterapeuti psicoanalisti e neuropsichiatri infantili – ha proseguito Hanau –. La cultura italiana (il cinema, la letteratura, persino la musica adesso) è impregnata di queste teorie, tanto che persino i musicisti si sentono autorizzati a scrivere queste false teorie, originate da un errore statistico di Kanner da lui stesso riconosciuto nel 1969, oltre mezzo secolo fa».
«Dall’articolo in questione – conclude Hanau – traggo questa frase fra virgolette, di cui non si citano le fonti epidemiologiche che giustificherebbero l’avverbio “spesso”: “Spesso – riflette il compositore – nei casi di autismo viene constatata la presenza, nelle famiglie, di un’educazione rigida che lascia poco spazio alla fantasia”. Considerando che ora la diagnosi viene fatta anche prima dei due anni, sarei curioso di sapere quale tipo di rigidità si riscontra “spesso” verso bambini così piccoli». (Simona Lancioni)
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso – con minimi riadattamenti al diverso contenitore – per gentile concessione.
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