«L’utilizzo di cellule staminali per curare l’autismo non è etico»: a dirlo è Giovanni Marino, presidente dell’ANGSA Nazionale (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo), «per mettere in guardia contro l’utilizzo clinico generalizzato di questa terapia ad oggi ancora in fase sperimentale. I genitori, infatti, soprattutto di bambini piccoli, provano di tutto e di più, quasi sempre per condivisione di notizie sui social e senza la guida di medici esperti, ma occorre cautela e non alimentare illusioni per farne un business».
A tal proposito, nei giorni scorsi la rivista «Frontiers in Psychiatry» ha pubblicato un testo (disponibile a questo link) a prima firma di Antonio Narzisi del Dipartimento di Psichiatria e Psicofarmacologia Infantile della Fondazione IRCCS Stella Matris di Calambrone (Pisa), il cui titolo, tradotto in italiano, è “Temperare le aspettative: considerazioni sullo stato attuale della terapia con cellule staminali per il trattamento dell’autismo”. Vi si legge tra l’altro che «ad oggi la ricerca sull’utilizzo delle cellule staminali per i disturbi dello spettro autistico è in fase di sperimentazione clinica e i risultati, sebbene potenzialmente incoraggianti in termini di sicurezza, non sono ancora sufficienti per consentirne l’applicazione clinica. Nonostante questo negli ultimi anni abbiamo assistito ad un preoccupante aumento di istituti che propongono alle famiglie di curare i disturbi dello spettro autistico con cellule staminali di varia provenienza, comprese quelle ottenute dal sangue cordonale l’aspetto allarmante di questa potenziale proposta terapeutica è la promessa di significativi miglioramenti clinici nei bambini sottoposti a tale trattamento».
«Tali istituti – prosegue i testo -, spesso situati in Paesi Europei con bassi standard medici, non propongono una sperimentazione di ricerca, ma l’utilizzo delle cellule staminali come opzione terapeutica già validata dalla ricerca di base. Ad oggi, però, questi studi relativamente ampi e ben progettati forniscono scarso supporto per l’uso terapeutico delle cellule mononucleari del sangue cordonale (CBMC) nei disturbi dello spettro autistico. Inoltre, non esistono dati attendibili sugli effetti a medio e lungo termine del trattamento e la sicurezza e la fattibilità della somministrazione di cellule staminali nei bambini con disturbo dello spettro autistico non sono state ben stabilite».
«È un campanello d’allarme che va ascoltato – commenta Daniela Mariani Cerati, una delle principali esperte di autismo nel nostro Paese -: un’ipotesi terapeutica dovrebbe infatti diventare terapia, e quindi essere somministrata a tutti coloro che ne hanno l’indicazione, solo, come è noto, dopo essere passata attraverso gli stadi minuziosamente previsti. Nel caso in questione il percorso non è stato concluso e dunque occorre certamente grande cautela». (S.B.)
Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Ufficio Stampa ANGSA (Luca Benigni), luca.benigni@gmail.com.
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