Ci hanno prestato i loro dolci occhi buoni, senza chiedere nulla in cambio

di Flavia Tozzi*
«Vorrei che oggi chi ha un cane d’affezione - scrive Flavia Tozzi -, ma anche chi non ha mai avuto questa gioia, si soffermasse un attimo a pensare a tutti quegli splendidi esseri a quattro zampe che svolgono un compito così importante per chi non vede, perché davvero il mio cuore si riempie di commossa gratitudine pensando a Wafer, che ho perso recentemente, e a tutti quelli che come lui vivono o hanno vissuto l’intenso legame con il proprio amico a cui hanno prestato volentieri i loro dolci occhi buoni, senza chiedere nulla in cambio»
Cane guida e nuotatore con disabilità
Un cane guida accoglie la “sua” persona con disabilità, all’uscita dalla piscina

Oggi, 16 ottobre, si celebra la XVIII Giornata Nazionale del Cane Guida, istituita nel 2006 dall’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), con l’intento di focalizzare l’attenzione sull’importantissimo ruolo che un cane appositamente addestrato può svolgere nella vita di una persona con disabilità visiva [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
Da secoli il cane è sempre stato considerato un fedele amico dell’uomo, ma per chi come me ha avuto la fortuna di affidarsi ai suoi preziosi occhi per potersi muovere in autonomia, esso diviene qualcosa di più di un semplice amico, perché il legame che si instaura tra questo essere eccezionale e la persona che deve accompagnare è davvero unico.
È un rapporto di reciproca fiducia, di affetto e comprensione, di eccezionale intesa telepatica, che forse è difficile ritrovare tra due esseri umani.

Quest’anno, per me, è stato un compito oltremodo gravoso scrivere della Giornata Nazionale, perché da troppo poco tempo si è spezzato quel forte legame con il mio insostituibile amico Wafer, ma sento comunque il dovere di farlo per lui e per tutti gli altri che hanno svolto e ancora svolgono il loro servizio con tanto amore e dedizione.

Non mi stancherò mai di ribadire che un cane guida è come un’estensione della persona che si affida a lui e che per questo non si può tollerare che esista ancora qualcuno che cerca di separarli, impedendo l’accesso all’animale in luoghi aperti al pubblico, mezzi di trasporto, uffici, alberghi, ristoranti, ambulatori medici ecc.
Ci sono leggi che sono state emanate appositamente per evitare questo tipo di discriminazioni (Legge 37/74, Legge 376/88, Legge 60/06), ma troppo spesso esse non sono conosciute e rispettate.
Ho avuto il mio primo cane guida all’età di 18 anni e subito dopo fui seguita da mia sorella, purtroppo anche lei cieca dalla nascita. In quel periodo entrambe diventammo donatrici di sangue e ci recavamo abitualmente nella vecchia sede AVIS di Cremona con i nostri cani guida.
Nonostante la prima Legge fosse stata appena emanata, nessuno si permise di rifiutarci e, anzi, accoglievano tutti con simpatia le nostre due cagnone, due pastori tedeschi bellissimi.
E pensare che quelli sono luoghi dove l’igiene è essenziale, mentre qualche volta mi è successo di sentirmi rifiutare l’ingresso con il mio cane in un ristorante, nonostante, come ho già detto altre volte, questi animali siano perfettamente accuditi, puliti e, quel che è più importante, addestrati a comportarsi correttamente in pubblico.

Mia sorella ed io abbiamo avuto diversi cani guida, ognuno era speciale e con caratteristiche tutte sue. La mia prima era una bellissima cagnona nera, nata dall’incrocio tra un pastore tedesco e un pastore belga, dal nome Mavi, che aveva la passione di raccogliere gli oggetti ogni volta che mi cadevano e svolgeva questo compito con tanta accuratezza che li afferrava talmente delicatamente, che neppure una goccia di saliva vi restava sopra.
La seconda è stata Gea, un altro pastore tedesco, un po’ troppo geloso di me, ma eccezionale nel farmi fare gli slalom tra i motorini e le biciclette sui marciapiedi e nel rincorrere gli autobus. Con lei non ne ho mai perso uno.
Angie, venuta dopo di lei, è stato il mio primo labrador, tutta un’altra cosa, perché la sua flemma e tranquillità erano proverbiali. Era così discreta che una volta ho rischiato di dimenticarla sotto la scrivania durante un corso, quando sono uscita in pausa pranzo con i colleghi, perché lei, se non la sollecitavo, riteneva di poter continuare a dormire tranquillamente fino al mio ritorno.
L’ultimo è stato Wafer, i cui dolci occhi riuscivano ad incantare tutti, anche coloro che di norma temono i cani e amava farsi strapazzare dai bambini. È capitato anche che ne avesse intorno una decina che lo stuzzicavano, gli tiravano la coda, lo abbracciavano, ma lui non si è mai sognato di protestare, anzi. Però non amava l’acqua e non c’è stato mai verso di fargli fare un bagno al mare!

Mi sono soffermata su ognuno per far comprendere che, anche se l’addestramento è praticamente lo stesso per tutti, cioè insegnare loro a guidare un cieco facendogli evitare gli ostacoli, avvertendolo in prossimità dei gradini o accompagnandolo alle strisce pedonali e ai semafori, ognuno di loro è unico, irripetibile e insostituibile e, nel momento in cui ci si separa da loro, il dolore è straziante e troppo intenso per poterlo descrivere a parole.
Di recente se ne sono andate Nora, un bellissimo pastore tedesco che accompagnava mia sorella Annamaria e Stella, un dolce labrador che guidava Mara, e poi Wafer, ma di lui ho già parlato, anche se non mi stancherei mai di farlo, perché è un po’ come farlo rivivere nel mio cuore e nei miei ricordi più belli.
In Italia, esistono alcune scuole di addestramento: in Lombardia, a Limbiate, la scuola finanziata e gestita dai Lions; nel Veneto la Scuola Triveneta e la Puppy Walker; in Toscana, la scuola di Scandicci, la più longeva, fondata nel 1929, gestita dalla Regione Toscana; nel Lazio la scuola di Campagnano di Roma dell’ANPVI (Associazione Nazionale Privi della Vista ed Ipovedenti); e infine il centro Helen Keller di Messina. Ciò nonostante, ci sono ancora molte persone che aspettano di avere un cane guida, perché le liste d’attesa sono molto lunghe.
Oggi si addestrano per lo più labrador e golden retriever, a causa della loro indole mansueta e giocosa e questo va bene, perché si adattano molto più facilmente a vivere in mezzo alla gente e a rapportarsi con altri cani. Un tempo, però, venivano privilegiati i pastori tedeschi e i collie, o come si diceva allora i lassie. Proverbiale è l’ubbidienza e l’affidabilità del pastore tedesco, che prende davvero sul serio il suo compito, ma che spesso sviluppa un morboso attaccamento alla persona che accompagna, impedendo agli altri di avvicinarsi in caso abbia bisogno di aiuto. Questo non succede con labrador e golden, che sono per natura socievoli e giocosi.

È vero, c’è anche il bastone bianco, che è pur sempre un metodo valido utilizzato da molti ciechi per muoversi in autonomia, ma, poiché l’ho provato sulla mia pelle, la sicurezza e la tranquillità che ti garantisce un cane guida non te la può dare nessuno. Il cane è un essere vivente, perciò per istinto evita i pericoli ed è guardingo in caso di percorsi difficili e rischiosi.

Vorrei che oggi chi ha un cane d’affezione, ma anche chi non ha mai avuto questa gioia, si soffermasse un attimo a pensare a tutti quegli splendidi esseri a quattro zampe che svolgono un compito così importante per chi non vede, perché davvero il mio cuore si riempie di commossa gratitudine pensando a Wafer e a tutti quelli che come lui vivono o hanno vissuto l’intenso legame con il proprio amico a cui hanno prestato volentieri i loro dolci occhi buoni, senza chiedere nulla in cambio.

Presidente dell’UICI di Cremona (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti).

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