
«Per portare la moto non servono parole, ma concentrazione, impegno, allenamento e passione»: Roberto Oberburger e il figlio Michele – giovane con autismo non verbale – lo hanno sempre sostenuto e proprio per questo si sono battuti affinché Michele potesse partecipare alle competizioni standard di trial. Un progetto sportivo culminato il 15 ottobre con una bellissima soddisfazione: dopo i buoni piazzamenti e le vittorie di singole gare l’anno scorso, infatti [se ne legga anche sulle nostre pagine, N.d.R.], Michele ha chiuso la stagione 2023 conquistando il Trofeo nazionale Master Beta Trial.
L’ultima gara del campionato – composto da cinque competizioni – si è svolta nel quartier generale della Beta Motor a Rignano sull’Arno (Firenze) ed è certamente la prima volta in Italia, ma forse anche in Europa, che un pilota con autismo vince un trofeo nazionale categoria TR Over.
Ma chi è Michele Oberburger? Classe 2003, vive a Roveré della Luna (Trento) e ha una sorella più piccola, Alice, appassionata di equitazione e compagna di allenamenti in moto trial.
A metterlo in sella la prima volta, da bambino, fu un’amica di famiglia, la campionessa Deborah Albertini. Poi, nel 2016, il superamento della visita sportiva, il conseguimento della licenza della Federazione Motociclistica Italiana e allenamenti costanti ogni settimana con tre obiettivi: divertirsi, abbattere i tabù che ancora circondano le persone con autismo e, perché no, qualificarsi per competere in Europa.
«Quando Michele si allaccia il casco e comincia a guidare la sua Beta 250 – dicono in famiglia – diventa un ragazzo come gli altri. Cambia marcia, sgasa, frena, accelera, ride e vedere che a volte, nelle gare, riesce a piazzarsi davanti agli atleti cosiddetti “normali” o, come è successo il 15 ottobre, a vincere addirittura il campionato, per lui e per noi vuol dire tanto».
Oltre ai motori, Michele ama la cucina. Infatti, è diplomato all’Istituto Alberghiero e quando non è in sella, è impegnato ai fornelli della caserma dei Vigili del Fuoco permanenti di Trento.
Un tirocinio professionalizzante che è frutto di una grande storia d’amore, cominciata quando, all’età di 7 anni, il papà lo portò per la prima volta in caserma. Michele rimase affascinato dai loro mezzi e cominciò ad andare a trovarli sempre più spesso, tanto da conquistarsi l’onore e la responsabilità di indossare la loro divisa durante le competizioni.
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