Sono un’educatrice lombarda con ventuno anni di esperienza in ogni ordine scolastico. Brava o meno lo diranno i miei bambini e i miei ragazzi, ma la tenacia è in parte testimoniata dalla mia resilienza.
Negli ultimi due anni stiamo assistendo a una sorta di sfacelo del Terzo Settore e alla diaspora di centinaia di colleghi che in tutta Italia si licenziano per migrare verso le MAD* o altri mestieri. Questo comporta una dispersione di conoscenze e competenze educative che mi fa letteralmente perdere il sonno.
Il nostro lavoro, e di conseguenza il presente e il futuro di bambini/bambine e ragazzi/ragazze con disabilità o più semplicemente di ogni bambino e bambina, dipende dai finanziamenti spesi ovvero dal reale, concreto specchio dell’impegno della società civile. Ma tali finanziamenti sono di anno in anno più esigui.
Siamo indispensabili eppure invisibili e con noi i nostri utenti, ai quali restiamo interconnessi nella fondamentale relazione educativa. Non siamo educatori in senso lato, lo siamo per definizione. Eppure abbiamo contratti privi di alcuna dignità che non ci permettono di sopravvivere.
Spesso supportiamo con grande professionalità e in silenzio docenti di sostegno impreparati e svogliati che raccolgono poi il plauso dei dirigenti. Non abbiamo retribuzione nei mesi di chiusura scolastica, né possiamo accedere alla disoccupazione in quanto assunti.
Patiamo il costante taglio dei fondi da parte di molti Comuni e potrei andare avanti a lungo con le recriminazioni, ma quello che mi preme è condividere il senso di disperazione per una scuola, una società che sta allontanando risorse eccellenti.
La passione non basta quando non si riesce a mettere il piatto in tavola. Persino io, innamorata del mio mestiere, sono arrivata al punto da provare malessere ogni mattina prima di raggiungere la scuola.
*MAD è un acronimo che sta per “Messa a Disposizione” ed è un’istanza di tipo informale, che richiede requisiti minimi attraverso cui candidarsi come docente supplente, amministrativo o ATA (Personale Amministrativo Tecnico e Ausiliario) nelle scuole italiane. «Non garantisce alcuna solidità contrattuale – sottolinea Barbara Rho -, ma agli occhi di un educatore offre comunque condizioni migliori. Si tratta in sostanza di un precariato meglio retribuito e con un monte orario generalmente più vivibile».