Anche i sassi hanno sentito parlare delle cosiddette “Leggi di Murphy”, cioè di quei paradossi (ma mica poi tanto) pseudoscientifici e ironici che si potrebbero ridurre in gran parte al primo assioma: «Se qualcosa può andare male, lo farà».
In questa sede sarebbe troppo lungo riportare le informazioni, tra l’altro interessanti, sulla loro origine storica (Edward Aloysius Murphy), sull’autore e codificatore (Arthur Bloch) e sulle applicazioni pratiche (tutti noi). Al proposito potrete dare un’occhiata su Wikipedia, ne vale la pena.
Forse nel mondo dei sedicenti “normodotati” la valenza scientifica (badate bene, non l’esperienza quotidiana) di tutte queste affermazioni risulta un poco stiracchiata, ma nell’àmbito della disabilità il cosiddetto pensiero murphologico è supportato e confermato in rigoroso modo statistico-matematico da milioni di esempi. Eccovi le insindacabili prove.
Cominciamo direttamente con la Prima Legge di Murphy appena citata: «Se qualcosa può andare male, lo farà».
Non è il caso di dilungarsi con complesse e tutto sommato inutili spiegazioni: qualsiasi tipo di disabilità, dalla più leggera alla più grave, lo testimonia inequivocabilmente.
Entriamo subito nel vivo con la Costante di Murphy: «Le cose vengono danneggiate in proporzione al loro valore».
Gli scettici provino a usare la nuova carrozzina supertecnologica appena arrivata a casa (grazie a qualche migliaio di euro sborsati extra Nomenclatore Tariffario) e dopo colpi, bolli e righe assortite saranno d’accordo anche loro.
Un esplicito corollario della Prima Legge di Murphy recita: «I cretini sono sempre più ingegnosi delle precauzioni che si prendono per impedir loro di nuocere».
E, per evitare qualche migliaio di querele (a me e ai miei colleghi portatori di handicap), passo subito oltre senza proferir verbo. Traetene voi stessi le logiche conclusioni.
Con granitica certezza la Legge di Gumperson afferma: «La probabilità che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità».
E a questo punto tutti avranno capito che, purtroppo, ciò si attaglia alla perfezione con la ahinoi tanto agognata chimera dell’Inclusione.
A sistemare gli eloqui eccessivamente tecnicistici, provvede la Legge di Cooper: «Se non capite una parola in un brano scientifico, ignoratela. Il brano ne potrà benissimo fare a meno».
E già vedo folle sterminate di persone fragili, incapaci di tradurre il gergo specialistico dei loro medici, fare la ola in onore di Cooper.
Adesso ci infiliamo nel vicolo cieco del Teorema di Ginsberg: «1. Non puoi vincere. 2. Non puoi pareggiare. 3. Non puoi nemmeno abbandonare».
Davanti a una fresca diagnosi di disabilità cronica grave, parecchi ritengono (a torto) che debbano per forza esserci delle alternative. Si accorgeranno presto che esistono solo le tre opzioni di Ginsberg.
Grandi capacità di sintesi e di focalizzazione sono contenute nel Principio di Peter: «In una gerarchia ogni membro tende a raggiungere il proprio livello di incompetenza».
Giusto per non far torto a nessuno, come si dice, un colpo al cerchio e uno alla botte: una bastonata ai normodotati, una sberla ai disabili e… un pestone alle pompose organizzazioni di volontariato.
L’arguta Osservazione di Ehrman vaticina in una doppietta che: «1. Le cose andranno peggio prima di andare meglio. 2. Chi ha detto che le cose andranno meglio?».
Chiedetelo pure a disabili motori, sensoriali e anche a qualche intellettivo e a qualche psichico: saranno tutti concordi nel confermare la validità di questa noterella, da quando si viene a conoscenza del proprio handicap fino a quando… vabbè, lasciamo perdere.
Anche la fisica che studia le conseguenze relative allo scambio di energia in un sistema chiuso viene tirata in ballo dalla Legge di Murphy sulla Termodinamica: «Sotto pressione, le cose peggiorano».
In effetti l’handicap è sempre una maniera infallibile per aumentare la tensione, il che porta a trasformare tutto gli altri problemucci, comprese le inezie, in catastrofici guai.
Il davvero poco incoraggiante Teorema di Stockmayer asserisce: «Se sembra facile, è dura. Se sembra difficile, è fottutamente impossibile».
E questo, grazie all’aiuto dei normodotati, è un fenomeno facilmente osservabile: basta considerare come si trasforma presto la loro vita pur partendo senza handicap. Quindi adesso, per fortuna, non ho più bisogno di spiegare cosa avviene invece a noi disabili.
Nella sua prima parte la Legge di Howe ci induce a sperare; al contrario nella seconda arriva, inesorabile, la mazzata: «Ognuno di noi ha un piano che non funzionerà».
Spiace dirlo, ma è proprio così: i pochi invalidi che, nella burrasca in cui navigano, riescono a preparare un qualche schema di difesa, scoprono poi all’atto pratico che è sempre una ciofeca.
Spiazzante al primo impatto, ma confermata dall’esperienza pluriennale, è la Legge di Osborn: «Le variabili non mutano mai, le costanti sì».
A prima vista non si direbbe, ma nell’ambito dell’handicap guai, difficoltà e arrabbiature non sono per nulla delle variabili, bensì delle marmoree costanti, mentre la tranquillità, quella sì, è una variabile. Si obietterà che la stessa cosa avviene anche nel mondo della presunta normalità, tuttavia permettetemi di dissentire: le nostre variabili sono più variabili delle loro e le nostre costanti sono molto più costanti delle loro.
Come tutte le leggi, anche la prima Legge di Johnson non lascia scampo: «Se un congegno meccanico si rompe, lo farà nel peggior momento possibile».
Odo già in lontananza il brusio di mille approvazioni: chi l’ha verificato col suo impianto cocleare il 24 dicembre, chi seduto in carrozzina mentre attraversava un trafficato corso cittadino, chi con la barra Braille del computer durante un esame universitario, chi sulla pedana elettrica del pulmino la sera della vigilia di Ferragosto e via via scassando.
Nella serie “Sfondatori di porte aperte” ben si inserisce la Legge di Zymurgy sul lavoro volontario: «La gente è sempre disponibile per i lavori già fatti».
Grazie a Zymurgy possiamo allora ottenere la conferma di quanto, malignamente, già pensavamo varcando la soglia della nostra organizzazione di volontariato di riferimento: il 95% dei volontari è…
Delle quattro Leggi di Gilb sull’inaffidabilità ne basta soltanto una, la prima: «I computer sono inaffidabili, ma gli uomini ancora di più».
Tutti, quasi tutti i giorni, ci scontriamo con i nostri simili, ma in genere chi è disabile percepisce ancora di più il gusto amaro degli impatti contro le ottusità di chi discrimina, cede al pietismo, non s’immedesima, non capisce, minimizza, ignora eccetera.
Duralex Sedlex
Nella colonnina qui a fianco a destra (Articoli correlati), riportiamo l’elenco dei vari contributi di Gianni Minasso pubblicati da «Superando.it», per la rubrica intitolata A 32 denti (Sorridere è lecito, approvare è cortesia).