Riceviamo da Marialba Corona, presidente dell’ANGSA Bologna (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo), il seguente contributo che, come sottolinea, prende spunto dall’esibizione di Andrea Antonello, giovane con disturbo dello spettro autistico “a funzionamento medio basso”, durante la trasmissione televisiva Ballando con le stelle.
Sino al mese di maggio del 2013, quando è stata pubblicata la quinta revisione del DSM (Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali Americano), vi era una netta distinzione tra autismo e sindrome di Asperger. Col termine “autismo” si indicava una condizione di grave disabilità, caratterizzata da incapacità di comunicare e di interagire socialmente e dalla presenza di comportamenti e interessi ristretti e ripetitivi, molto spesso associata a comportamenti dirompenti, caratterizzati da aggressività verso gli altri e verso se stessi. Il tutto con esordio infantile, ma con persistenza, pur con possibili miglioramenti, anche se talora con vistosi peggioramenti, nella vita adulta, contrassegnata, quasi sempre, dalla totale dipendenza anche per i più banali atti della vita quotidiana.
La sindrome di Asperger era invece caratterizzata dall’autosufficienza, dalla capacità di comunicare e talora da doti anche superiori alla norma, con deficit isolati della comunicazione sociale, compatibili comunque con una vita sociale e lavorativa pressoché normale, e talora di successo.
Il DSM ha fatto la scelta di chiamare “spettro autistico” una gamma di situazioni che comprendono i due estremi sopra ricordati, creando una grande confusione.
Chi scrive è da ventuno anni la voce del figlio autistico grave, con gravissime compromissioni cognitive e motorie. Io sono la sua voce quando sta male, quando ha fame, quando espleta i suoi bisogni primari. Sono stata la sua voce quando a scuola aveva educatori o insegnanti di sostegno inadeguati e inesperti e ancora quando gli è capitato di essere ricoverato in ospedale o nella scelta dello sport da praticare. Lo ero allora e lo sono tuttora e lo sarò finché avrò fiato in gola, e non perché non vorrei che si autodeterminasse.
L’autodeterminazione è “il sogno di una vita” per noi genitori di figli con disabilità grave e che ci porta ad esultare anche per quello che agli occhi di molti è il più piccolo traguardo raggiunto.
Ricordo ancora la festa in classe alla materna quando per la prima volta mio figlio indicò un dipinto sulla finestra. Fu il suo primo gesto comunicativo dopo anni di trattamento precoce.
Ecco, questo è l’autismo cosiddetto di “livello 3”, che ben si differenzia da quello di “livello 1”, dove invece si è in grado di autodeterminarsi e in certi casi anche di eccellere in determinati àmbiti.
Dalla mia esperienza nell’Associazione ANGSA, ho potuto osservare quanto gli autistici “ad alto funzionamento” (definiti un tempo Asperger) siano una risorsa infinita per tutti noi, perché riescono anche a fare da tutor ai ragazzi gravi, entrando in empatia con loro. Anche per tutti gli inserimenti lavorativi che abbiamo fatto, sono stati e sono una risorsa.
Penso che tutti noi dobbiamo molto agli “alti funzionamenti”, perché ci hanno permesso di comprendere meglio alcune sensazioni che vivono i nostri figli (come la percezione dei suoni, degli odori) e trovo giusto che sentano la necessità di potersi esprimere e determinarsi.
Allo stesso tempo, ritengo che la loro autodeterminazione non escluda l’esistenza di altri livelli di autismo, che devono essere riconosciuti e rispettati per la loro diversità e gravità, come deve proseguire la ricerca che è importantissima per tutti.
Credo pertanto che tutti insieme dobbiamo impegnarci per far conoscere tutte le sfaccettature dell’autismo, affinché un giorno la società sia davvero pronta per accogliere la diversità, per capirla, includerla e coglierne la bellezza.