Con un po’ di emozione e un pizzico di orgoglio mi piace condividere l’esperienza del mio primo convegno internazionale che si è tenuto la settimana scorsa a Monaco di Baviera sull’inclusione delle persone con disabilità.
I tre momenti in cui sono intervenuta parlando della stessa tematica hanno fatto parte di una manifestazione dedicata al centenario della nascita di Italo Calvino. Durante la settimana di celebrazione sono state affrontante diverse tematiche del Terzo Settore in convegni, workshop, laboratori, il tutto promosso da Working in Projects gUG, impresa sociale bavarese fondata da una mia carissima amica, Anna Conti, di origine italiana, che da anni vive nella città tedesca.
Il tema dell’inclusione si è inserito molto bene nel contesto di Italo Calvino, perché lo scrittore delle Città Invisibili parla delle persone che vivono ai margini della società, tra cui quelle con disabilità, cioè gli “invisibili”.
Con il tempo che trascorreva e la partenza per Monaco che si avvicinava, la mia eccitazione cresceva, anche perché sarei partita con un gruppetto di amici molto cari, tra cui uno con il quale condivido percorsi e progettualità per promuovere il cambiamento culturale della disabilità, mettendo la persona con disabilità al centro. Insieme abbiamo immediatamente colto quest’occasione unica come possibilità di confronto con una realtà straniera.
Come prima importante considerazione, bisogna dire che in Germania i bambini e le bambine con disabilità non vengono inseriti/e nelle scuole comuni a tutti, ma per loro esistono ancora le scuole speciali. È questo il motivo principale per cui Anna Conti ha voluto destinare gli incontri sull’inclusione, tranne uno serale per gli adulti, agli alunni della scuola di lingua italiana, al fine di far loro conoscere da vicino la disabilità.
Sono stati organizzati due diversi incontri, uno per i più piccini e uno per i più grandi, ognuno suddiviso in due momenti. Il primo “frontale”, durante il quale una ragazza cieca di Milano, Gaia Rizzi, che sta facendo uno stage a Monaco proprio presso Working in Projects gUG e la sottoscritta hanno raccontato la loro condizione di persone con disabilità e parlato più in generale di disabilità.
Le due esposizioni sono state tradotte con l’aiuto di un interprete, nelle parti più importanti e difficili da far comprendere agli studenti, e “alleggerite” dalla musica (clarinetto) e da qualche intermezzo di Oreste Sabadin, artista veneto poliedrico e cultore di Calvino.
A questa parte di ascolto sono seguiti alcuni laboratori a cui i bambini e i ragazzi hanno partecipato a piccoli gruppi. Tutti hanno potuto effettuare dei percorsi con la carrozzina o tattili, avendo così la possibilità di immedesimarsi nelle persone con disabilità, sperimentando i problemi che queste incontrano ogni giorno. Inoltre, nel laboratorio con Gaia Rizzi hanno potuto provare la lettura attraverso il metodo Braille, mentre nel mio, organizzato come una chiacchierata in un salotto e rivolto ai più grandi, hanno avuto la possibilità di pormi tutte le domande che ritenevano opportune, sia sulla mia vita, sia sulla disabilità in genere.
Mi hanno stupito favorevolmente. Considerando, infatti, che non mi conoscevano, che c’era il problema della lingua straniera (pur con la presenza dell’interprete) e la loro mancanza di abitudine a rapportarsi con persone con disabilità, sono stati molto reattivi sia nel numero che nella qualità delle domande, spaziando dai miei studi, alle problematiche legate alle barriere architettoniche o all’inserimento lavorativo.
A una settimana di distanza sono ancora molto adrenalinica, perché raramente mi è capitato di raccontarmi con questa naturalezza ai giovani. E sono pronta a ripetere l’esperienza.