Simona Lancioni è una di quelle persone che bisogna ascoltare sempre. Più di quanto ognuno dovrebbe usualmente ascoltare gli altri. Simona è responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa), oltreché collaboratrice da sempre di «Superando.it», e attivista per i diritti delle donne con disabilità da oltre vent’anni.
Mi ha segnalato la campagna Non c’è posto per te!, che denuncia un grave oltraggio nei confronti delle donne con disabilità e non solo. Vediamola e cerchiamo di comprendere come sostenerla.
Lancioni, a proposito di Non c’è posto per te! – Campagna di sensibilizzazione per l’equità di accesso ai servizi antiviolenza, denuncia in sostanza che l’ultimo rapporto ISTAT in tema di violenza di genere ci dice che il 94% delle case rifugio si è dotato di criteri di esclusione dall’accoglienza delle ospiti e dei loro figli e figlie, ma ulteriori meccanismi di esclusione si riscontrano anche in altri servizi antiviolenza.
Questo vuol dire che sono escluse dai servizi antiviolenza donne che hanno particolari svantaggi (ad esempio donne con dipendenze, donne con disabilità, senza fissa dimora, vittime di tratta ecc.). Ciò è in contrasto con la Convenzione di Istanbul [“Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”, N.d.R.], un trattato del Consiglio d’Europa che l’Italia ha ratificato, e che costituisce il riferimento normativo più elevato in tema di contrasto alla violenza di genere.
La campagna Non c’è posto per te! rivolge specifiche richieste ai servizi antiviolenza e alle Istituzioni per far sì che nessuna donna vittima di violenza sia più esclusa dai servizi in questione.
Nella sostanza si chiede ai servizi antiviolenza di eliminare questi criteri di esclusione, di costruire reti territoriali finalizzate alla presa in carico delle situazioni più complesse, e di lavorare in équipe multidisciplinari a composizione variabile. Mentre alle Istituzioni è chiesto di introdurre il principio di non discriminazione quale requisito richiesto per l’accesso ai fondi pubblici da parte degli stessi Servizi Antiviolenza (principio peraltro già sancito dalla Convenzione di Istanbul, ma disatteso).
La campagna è aperta alla sottoscrizione sia di enti e gruppi che di singole persone. Per aderire basta farne richiesta alla mail info@informareunh.it.
L’iniziativa è promossa dal Centro Informare un’h in collaborazione con altre persone ed enti, e i patrocini della UILDM Nazionale (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare), di CERPA Italia (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità) e dell’Associazione Femminile Maschile Plurale (FMP) di Ravenna.
Lancioni avverte un allarme gravissimo, che condivido pienamente: «Se stai subendo violenza, chiedi aiuto a un servizio antiviolenza, e se questo ti ignora, non ti importa se quel servizio è bravissimo ad accogliere tutte le altre donne, quel rifiuto lo vivi come una violenza che si aggiunge a violenza. Per me questo è inaccettabile».
Non ho altro da aggiungere: firmare, diffondere, condividere, per cambiare subito questa ingiustizia.
P.s.: il simbolo della campagna è una panchina rossa, e questa ne è la spiegazione: una “panchina rossa ostile” è l’immagine realizzata dall’illustratrice Paola Formica per la campagna di sensibilizzazione Non c’è posto per te!. Essa comunica che i servizi antiviolenza sono indisponibili ad accogliere tutte le donne. Si tratta di una panchina rossa sulla cui seduta è stato applicato un divisorio per impedire che donne senza fissa dimora vi si possano sdraiare. Essere senza fissa dimora è uno dei criteri di esclusione dall’accoglienza delle ospiti adottati dalle Case rifugio.