La nostra Associazione [APRI – Associazione Cimadori per la ricerca italiana sulla sindrome di Down, l’autismo e il danno cerebrale, N.d.R.] è formata da esperti, genitori e persone con autismo, che nella grande maggioranza non hanno una diagnosi eziologica. Soltanto la minoranza delle persone con autismo conosce le diagnosi eziologiche note, che sono quasi tutte di origine genetica o epigenetica, rare o ultra rare: sono 133 le cause monogeniche finora conosciute come responsabili del comportamento autistico e oltre mille le condizioni genetiche complesse, dove le combinazioni di più geni si correlano con frequenza significativamente superiore rispetto alla popolazione generale.
Per decenni la genetica non si è occupata di autismo perché si accettava la falsa teoria psicogena della cosiddetta “madre frigorifero” e in Italia tale periodo oscuro è durato fino all’inizio del nuovo secolo. La quasi totalità delle persone con autismo adulte non hanno fatto neppure gli esami genetici disponibili al tempo della loro infanzia, perché si riteneva per buona la falsa spiegazione psicanalitica.
Nel terzo millennio la scienza della genetica e dell’informatica hanno fatto importanti progressi nel mondo, ma la grande maggioranza dei bambini con autismo italiani nati dopo il 2000 non hanno potuto usufruirne. Attualmente le macchine utilizzate per la ricerca di molte cause genetiche sono prodotte industrialmente e i relativi costi si sono ridotti drasticamente, tanto che negli Stati Uniti questi esami vengono eseguiti di routine con le tecniche più moderne.
Anche in Italia, a Bologna, è stato recentemente installato un modernissimo calcolatore con la capacità necessaria di esaminare in breve tempo l’enorme quantità di risultati che le analisi genetiche producono ed esso sarà dedicato soprattutto alla medicina personalizzata, il futuro della medicina.
Constatato che si sono verificate tutte le condizioni che rendono fattibile ed economicamente sostenibile l’esame approfondito delle cause genetiche, le famiglie con persone con autismo chiedono di rispettare il loro diritto di conoscere, oltre alla diagnosi psichiatrica, le cause della loro condizione, diritto garantito dalla Legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale.
Non si tratta di pura curiosità: dato infatti che una parte delle cause genetiche è trasmissibile familiarmente, la loro conoscenza nella coppia e negli altri figli è uno strumento necessario per la procreazione responsabile. Così si potrebbe ridurre la crescita dei numeri dell’autismo, che negli ultimi decenni è diventata insostenibile.
Il costo di una sola vita con “autismo profondo” è enorme, sia in termini di dolore che in termini di spesa pubblica, quasi 4 milioni di euro, senza considerare le spese propriamente sanitarie. Anche la ricerca di interventi curativi sarebbe molto agevolata dalla conoscenza della diagnosi eziologica. Strategie terapeutiche innovative che agiscono a monte dei sintomi sono possibili soltanto con indagini genetiche accurate, come ad esempio nel caso dell’aploinsufficienza.
La sperimentazione di un farmaco su persone che non condividono la stessa patogenesi è molto più difficile che giunga a dare prove sufficienti a dimostrarne l’efficacia. La suddivisione basata soltanto su sintomi rilevati da un terapeuta si è dimostrata troppo incerta nel determinare i confini all’interno della nebulosa dell’autismo. Questa è la prima causa dei fallimenti delle sperimentazioni fin qui tentate su farmaci specifici per l’autismo.
Al contrario l’impegno nella promozione della ricerca di base dei genitori di bambine con sindrome di Rett, un tempo confusa nella nebulosa dell’autismo infantile, ha portato all’identificazione del gene MECP2 e finalmente alla scoperta e all’autorizzazione recentissima all’uso di un farmaco specifico da parte della FDA [Food and Drug Administration, che è l’ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, N.d.R.].
Infine, va ricordato il dettato dell’articolo 3 punto 1 della Legge 134/15 (Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie): «Si provvede all’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l’inserimento, per quanto ottiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l’impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili».
Per tutti questi motivi ci uniamo alla SIGU (Società Italiana di Genetica Umana) nella richiesta di ammodernare e migliorare il Nomenclatore Tariffario da tempo in discussione [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.], che non soddisfa più le esigenze dell’utenza e non tiene conto dei progressi della scienza.
Il documento al quale ci riferiamo è la lettera che Achille Iolascon, presidente della SIGU, ha inviato agli organi competenti, che ricapitoliamo in tre punti essenziali: richiesta di revisione delle condizioni di erogabilità delle prestazioni di genetica medica; richiesta di revisione/integrazione tipologia e tariffe delle prestazioni di genetica medica già incluse nel Nomenclatore tariffario vigente; proposta di nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) per prestazioni di genetica medica.
Tali proposte sono state elaborate dal Gruppo di Lavoro SIGU Sanità, coordinato da Mattia Gentile.
Data la rapidissima evoluzione che la medicina genomica ha avuto negli ultimi anni, siamo certi che questo contributo permetterà di ottenere un Nomenclatore e tariffario LEA aggiornato e funzionale, nell’interesse primario dei pazienti affetti da malattie genetiche. Molte persone con autismo potranno giovarsi di questa revisione, soprattutto unificando le richieste “a pacchetto”, come richiesto dalla SIGU.
Ringraziamo Simona Lancioni per la collaborazione.