È stato recentemente pubblicato dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana), tramite il Servizio Nazionale per la Pastorale delle Persone con Disabilità e il Centro Studi per la Scuola Cattolica, il venticinquesimo Rapporto sulla scuola cattolica in Italia, incentrato sul tema Includere la disabilità, presentato il 7 novembre scorso in diretta online sul canale YouTube della stessa CEI.
Hanno partecipato alla presentazione monsignor Claudio Giuliodori, presidente della Commissione Episcopale per l’Educazione Cattolica, la Scuola e l’Università della CEI, Sergio Cicatelli, coordinatore scientifico del Centro Studi per la Scuola Cattolica, suor Veronica Donatello, responsabile del Servizio Nazionale per la Pastorale delle Persone con Disabilità, Luigi D’Alonzo, ordinario di Pedagogia Speciale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Fabio Bocci, ordinario di Didattica Inclusiva all’Università Roma Tre.
Per l’occasione sono stati presentati molti dati numerici concernenti il numero degli allievi con disabilità frequentanti le scuole paritarie cattoliche. Non sono stati presi in considerazione quelli che frequentano le scuole cattoliche non paritarie, cioè non rientranti nel disposto della Legge 62/00 (Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione).
Gli allievi delle scuole cattoliche superano il numero di 10.000 e sono prevalentemente presenti nelle scuole dell’infanzia. La loro quantità è in crescita e, di recente, cominciano a crescere di numero anche quelli frequentanti le scuole secondarie di secondo grado.
Dopo la presentazione di altri dati, gli interventi che in questa sede ci interessano di più sono stati quelli di Luigi D’Alonzo e Fabio Bocci, docenti ben noti al mondo della disabilità.
Il professor d’Alonzo, dopo avere descritto le numerose novità che stanno susseguendosi con velocità vorticosa e che creano problemi di assimilazione nella vita moderna e quindi anche nella scuola, si è soffermato ad illustrare con passione i “ cinque pilastri” su cui deve edificarsi la scuola d’oggi e del futuro, vale a dire:
1. L’accoglienza di tutti gli alunni, specie dei più deboli, tramite l’inclusione di tutte le diversità; il che comporta un’innovazione radicale nel modo di fare scuola.
2. La capacità dei docenti di sapersi relazionare con questi differenti giovani, di saperli comprendere e di interessarsi ai loro problemi, sapendoli aiutare nella crescita degli apprendimenti e della loro personalità, unica e inconfondibile.
3. La passione con cui essi debbono sapere testimoniare nell’insegnamento il desiderio di svolgere questo delicato compito educativo.
4. La competenza con la quale debbono sapere svolgere questo compito con modalità didattiche nuove rispetto a quelle tradizionali ormai inapplicabili al nuovo modo di sentire dei giovani e di vivere la scuola.
5. L’assoluta necessità di collaborazione tra scuola-famiglia e servizi territoriali per realizzare un completo progetto di vita di questi giovani; oggi il tradizionale rapporto stretto tra scuola e famiglia dev’essere supportato dai servizi territoriali coordinati, come servizi sanitari e sociali che permettano alla scuola di realizzare i bisogni educativi degli alunni, specie di quelli con disabilità, in vista dell’uscita dalla scuola e della loro inclusione nel mondo del lavoro e della comunità.
Dal canto suo, il professor Bocci si è richiamato al “Documento Falcucci” del 1975 che ha formulato i principi dell’integrazione scolastica dai quali è iniziato il cambiamento della scuola, oggi pervenuta all’“inclusione”, che necessita ancora di una piena attuazione.
Si è dato quindi spazio ad alcune esperienze di scuole cattoliche delle tante presenti nel Rapporto curato dalla CEI.
A chi scrive, che si occupa da oltre cinquant’anni dell’inclusione a livello normativo, come vicepresidente e nei primi Anni Ottanta presidente del MAC (Movimento Apostolico Ciechi), e poi come esperto “utilizzato” presso il Ministero dell’Istruzione, ha colpito molto il fatto che questo sia il primo Rapporto della CEI dedicato all’inclusione scolastica, mostrando l’interesse che ormai pervade anche ambienti scolastici prima fortemente ancorati ad una visione del “merito” di tipo selettivo; segno che anche in questo mondo culturale si è fatta strada il concetto di “merito” sancito dalla Sentenza della Corte Costituzionale 215/87 e cioè che per gli alunni con disabilità, capacità e merito non vanno valutati secondo parametri standardizzati, ma con riguardo alle loro peculiari diversità, alle quali il mondo scolastico deve sapersi adattare per includerli non in modo pietistico, ma con il rispetto dovuto alle insopprimibili differenze di ogni persona umana.
Da cattolico, ho vissuto la problematicità del passaggio dalle scuole speciali – prevalentemente e con grande dedizione gestite da ordini religiosi -, alle scuole comuni, inizialmente temuto come a rischio di un abbassamento dei livelli qualitativi alle quali le scuole cattoliche hanno sempre teso.
Devo oggi notare che anche questi timori sono stati fugati dall’esperienza, guidata da docenti accademici quali Luigi D’Alonzo, Fabio Bocci e Andrea Canevaro, che hanno, come è avvenuto per la scuola statale, veicolato nuovi princìpi educativi e didattici.
Certamente questo nuovo interesse comporta pure i problemi finanziari. La già citata Legge 62/00, all’ultimo comma dell’unico articolo, prevede l’istituzione di un fondo per garantire la presenza di docenti di sostegno nelle scuole paritarie cattoliche e laiche; esso, però, non è sufficiente per la crescente richiesta di iscrizioni di alunni con disabilità, mentre si riduce quella degli alunni senza disabilità. Un aumento di tale fondo, specie almeno per contrastare l’erosione dell’inflazione – come è stato tra l’altro segnalato anche nella Memoria recentemente presentata dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) in sede di audizione per la Legge di Bilancio – non sembra in contrasto con il dettato dell’articolo 33 della Costituzione; infatti, mentre il comma 3 di tale articolo dispone che le scuole non statali possano liberamente istituirsi senza oneri per l’erario, al comma successivo distingue tali scuole, cioè private, da quelle “ paritarie”, per le quali tale divieto non esiste, come dimostra la citata Legge 62/00. E ciò riguarda pure la nomina di assistenti per l’autonomia e la comunicazione, la cui spesa è regolata diversamente dalle differenti Regioni, ma talora anche dai differenti Comuni; così è accaduto ad esempio che il Comune di Roma, benché la Legge Regionale del Lazio preveda l’obbligo di assegnare gli assistenti educativi anche alle scuole paritarie, si fosse rifiutato di fornire ad esse tali assistenti; ci è voluta la pressione delle famiglie, e anche di quelle che fanno riferimento alle Associazioni aderenti alla FISH Lazio, perché il Comune si adeguasse alla propria Legge Regionale.
Ovviamente di questo aspetto non si è trattato durante la presentazione del Rapporto della CEI; ma a chi come me è molto impegnato nell’inclusione scolastica sotto il profilo normativo, non sfugge che pure tale questione debba essere considerata, così come quella concernente l’aumento dei finanziamenti per le scuole statali, di cui pure si è occupata la Federazione FISH nella Memoria testé citata, trattandosi dei diritti all’inclusione degli alunni con disabilità, qualunque sia la scuola da loro frequentata.
Lo stesso, poi, deve valere per la frequenza da parte degli alunni con disabilità dei centri estivi gestiti di solito dagli Enti Locali, per quanto riguarda la spesa per gli assistenti, senza i quali quegli alunni non sono in grado di frequentarli da soli; una spesa a carico delle loro famiglie sarebbe discriminazione palese ai sensi della Legge 67/06.
Invece, per la frequenza delle scuole cattoliche non paritarie, rientrando esse nel disposto del comma 3 dell’articolo 33 della Costituzione, i gestori delle stesse potrebbero chiedere al proprio Vescovo, come è già avvenuto positivamente in alcune Diocesi, un contributo sul fondo dell’8 per mille.
Questi sono “accomodamenti ragionevoli” pienamente legittimi anche alla luce della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, al fine di garantire il godimento dei diritti dei minori con disabilità in condizioni di eguaglianza con i coetanei senza disabilità.