Essere ostaggio di un treno nel 2023 è alquanto grave e al tempo stesso bizzarro, soprattutto se sei una persona in carrozzina: si tratta di una notizia che potrebbe avere dei tratti comici, ma è la realtà accaduta in una delle stazioni più trafficate d’Italia.
Mi è successo alla Stazione Centrale di Milano con il treno delle 12.42 dove avevo viaggiato, proveniente da Mantova. Una volta arrivata in stazione, sono rimasta bloccata sul treno per 37 minuti perché non c’erano modalità per farmi scendere in sicurezza con la mia carrozzina elettrica non sollevabile. Infatti, nonostante la segnalazione preventiva alla Sala Blu di Milano Centrale, la rampa abituale per agevolare l’entrata e l’uscita sui convogli regionali è stata ritirata perché fuori norma, ma non reintegrata da altro ausilio.
La cosa più grave, però, è la situazione in cui versano i treni regionali Trenord, soprattutto quelli di media e nuova manifattura, che hanno una rampa al loro interno e che in quelli di ultima generazione hanno una pedana ad estrazione automatica, a richiesta in cabina.
Viaggio spesso su Milano e utilizzo il regionale: tantissime volte il personale in servizio non conosce l’abilitazione e non sa gestire situazioni in cui la pedana presente a bordo potrebbe risolvere il problema. La risposta più gettonata che mi sento dire è «non è di mia competenza», ma se il personale in servizio sul treno non è formato o è pressappochista, a chi mi devo rivolgere?
Dopo un’attesa interminabile, quindi, è stato utilizzato un carrello elevatore di norma usato per i Freccia.
Il problema è di tipo sociale: viene leso, infatti, il concetto di autonomia primaria delle persone con disabilità, in questo caso motoria: come può essere concepibile trattenere una persona su un treno perché non è prevista? Perché dover essere obbligati a dipendere da un servizio, quando si potrebbe farne a meno, visto la presenza della strumentazione idonea a bordo del treno?
Quel che è certo è che il treno mi ha tenuta in ostaggio per 37 minuti. 37 minuti di privazione della libertà, di mancanza di rispetto, di ritardo ad un appuntamento di lavoro in cui mi sono dovuta giustificare per una colpa che non ho. Ogni volta è un furto di tempo perché si pensa che le persone con disabilità possano esclusivamente dipendere da altri in estremo silenzio, ma chi ci risarcisce di questo stress e della perdita economica?
Ho prontamente scritto un messaggio PEC a Trenord, direttamente all’amministratore delegato Marco Piuri, predisponendo la necessità di una formazione esaustiva della strumentazione di bordo e di una modalità di interloquire con l’utenza con disabilità che sia rispettosa, perché questi accadimenti hanno tutti i tratti distintivi di un abilismo interiorizzato che va debellato.
Giornalista e attivista, donna con disabilità (press@valentinatomirotti.it).
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