Oggi vi descrivo un oggetto “cult” degli Anni Sessanta: il mangiadischi a pile, che in quegli anni andava di moda di tutte le colorazioni, dal rosso al giallo. E sapete di che colore era il mio? Verde pisello: fantastico!
Il termine “mangiadischi” era veramente corretto, nel senso che tu infilavi un disco, poi non usciva più! E tu ti arrabbiavi perché non potevi risentirlo.
Mi ricordo che una volta ho lasciato in macchina il suddetto oggetto e il sole lo ha letteralmente “fuso”.
Per chi non ne avesse mai visto uno, in breve, era un riproduttore di vinili “45 giri” portatile, con una fessura nella quale si doveva infilare il disco.
Ma perché vi racconto questa storia? Perché a quei tempi c’era un “tormentone” di Antoine, cantante di lingua francese noto per il suo successo Pietre (1967, Disques Vogue), che faceva così: «Se sei bello ti tirano le pietre, se sei brutto ti tirano le pietre…».
Secondo me questa frase ha ispirato l’ultimo libro di Roberto Ghezzo, Belli Fuori. Storie rivoluzionarie di bellezza e disabilità (Erickson, 2023).
Ho conosciuto Roberto Ghezzo presso il Centro Documentazione Handicap di Bologna (CDH), dove ha lavorato come educatore e formatore. Insieme a me e ad altre persone con disabilità, “Robby” – così siamo soliti chiamarlo – ha avuto un ruolo di spicco nella formazione del gruppo di educatori e animatori, con e senza disabilità, Progetto Calamaio (Cooperativa Accaparlante). che si occupa di educazione alla disabilità attraverso percorsi educativi che valorizzano l’incontro e la relazione con la diversità.
Innumerevoli sono stati gli incontri a scuola, le formazioni e gli eventi pubblici a cui ho partecipato al suo fianco!
Ma il mio legame con Roberto si è rafforzato ulteriormente quando ho pubblicato il mio libro Una vita imprudente. Percorsi di un diversabile in un contesto di fiducia (Erickson, 2003), di cui lui è stato curatore, insieme ad Alessandra Perderzoli e Fabrizio Rizzoli.
Quante volte abbiamo cantato il ritornello di Antoine, «Se sei bello… se sei brutto»? Ma ci siamo anche chiesti: i disabili, o meglio le persone con disabilità sono belle o brutte?
Questa domanda, che sembra dare una definizione un po’ superficiale della disabilità, in realtà ha un senso che Roberto nella sua ultima “fatica” ha approfondito, usando anche toni divertenti e ironici.
Afferma Ghezzo: «Il suggerimento implicito, contenuto in queste pagine, a chi ha una disabilità, a chi la vive o le lavora accanto, a chi la incontra sulla propria strada, è il seguente: cercare la bellezza e trovarla, o semplicemente accoglierla quando viene incontro, è una cosa che fa bene. A tutti».
Ma c’è di più, l’Autore non vuole dare una definizione di bellezza, poiché questa non è esprimibile con delle parole o dei concetti. Non vuole neppure “dimostrare” la bellezza della disabilità. Semplicemente ci offre la possibilità di trarre spunto, di riflettere, condividendo la sua esperienza con la disabilità, raccontando come lui ha incontrato questa bellezza.
Come spiega Roberto: «[…] il “mondo della disabilità” è stato molto spesso confinato in un ambito scientifico, medico, psicologico, pedagogico, eccetera, tendenzialmente assistenziale. […] Il pericolo è che la disabilità della persona diventi il primo dato, per molti versi il solo. […] Una cultura diversa della disabilità, una cultura realmente inclusiva sta portando sempre più chi ha una disabilità a confrontarsi con l’allenatore sportivo, con il collega, con la moglie o il marito, eccetera. In questo modo non è la disabilità ma è la persona che conta, la sua capacità di rivestire più ruoli, di sperimentarsi in più campi con la sua unicità».
Secondo Ghezzo, la bellezza che l’immaginario collettivo sta iniziando a vedere è sinonimo di “originalità”, di “unicità”, aspetti che riguardano la persona, a prescindere dai suoi limiti, dalle sue caratteristiche psicofisiche, cognitive, sensoriali e comportamentali.
È un libro da gustare quando e come volete, non a caso diceva un comico: «Non è bello ciò che è bello, ma che bello, che bello!» (Nino Frassica, Quelli della notte, 1985).
Per voi c’è la bellezza nella disabilità? Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.
Pensiero Imprudente
Ormai da circa un anno Claudio Imprudente è divenuto una “firma” costante del nostro giornale, con questa sua rubrica che abbiamo concordato assieme di chiamare Pensiero Imprudente, grazie alla quale ha già incominciato a impreziosire le nostre pagine, condividendo con Lettori e Lettrici il proprio sguardo sull’attualità.
Persona già assai nota a chi si occupa di disabilità e di tutto quanto ruota attorno a tale tema, Claudio Imprudente è giornalista, scrittore ed educatore, presidente onorario del CDH di Bologna (Centro Documentazione Handicap) e tra i fondatori della Comunità di Famiglie per l’Accoglienza Maranà-tha. All’interno del CDH ha ideato, insieme a un’équipe di educatori e formatori specializzati, il Progetto Calamaio, che da tantissimi anni propone percorsi formativi sulla diversità e l’handicap al mondo della scuola e del lavoro. Attraverso di esso ha realizzato, dal 1986 a oggi, più di diecimila incontri con gli studenti e le studentesse delle scuole italiane. In qualità di formatore, poi, è stato invitato a numerosi convegni e ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche.
Già direttore di una testata “storica” come «Hp-Accaparlante», ha pubblicato libri per adulti e ragazzi, dalle fiabe ai saggi, tra cui Una vita imprudente. Percorsi di un diversabile in un contesto di fiducia e il più recente Da geranio a educatore. Frammenti di un percorso possibile, entrambi editi da Erickson. Ha collaborato e collabora con varie riviste e testate, come il «Messaggero di Sant’Antonio», per cui cura da anni la rubrica “DiversaMente”. Il 18 Maggio 2011 è stato insignito della laurea ad honorem dall’Università di Bologna, in Formazione e Cooperazione.
Nella colonnina qui a fianco (Articoli correlati), i contributi che abbiamo finora pubblicato, nell’àmbito di Pensiero Imprudente.
Articoli Correlati
- Sordocecità, la rivoluzione inclusiva delle donne Julia Brace, Laura Bridgman, Helen Keller, Sabina Santilli. E poi Anne Sullivan. Le prime quattro erano donne sordocieche, la quinta era “soltanto” quasi completamente cieca, ma non si può parlare…
- Abbiamo "toccato con mano" la Tunisia È stato uno dei più apprezzati eventi cultural-sportivo-turistici fra quelli organizzati in 40 anni dall’ADV (Associazione Disabili Visivi). L’hanno chiamata “Settimana Gialla”, per richiamare il colore delle sabbie del Sahara,…
- Storia di un programmatore con disabilità visiva «Come quel “Commodore 64” – racconta Giuseppe Di Grande – il mio primo computer ricevuto nel 1985 a 12 anni, scatenò la mia passione per la tecnologia e la programmazione.…