Il 10 dicembre 1948 veniva firmata dalle Nazioni Unite la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Parafrasando un noto proverbio, mi verrebbe da dire: 75 anni e non sentirli! Infatti, l’attualità, l’eternità e l’universalità di quella Dichiarazione affondano le radici già nel “Secolo dei Lumi” e non tramonteranno mai e quindi tutti i cittadini del mondo gliene saranno perennemente grati.
Si tratta di un documento fondamentale che sancisce i diritti universali di ogni uomo e la dignità di ogni essere umano, ora e sempre, e a trecentosessanta gradi, indipendentemente dal sesso, dalla razza, dal culto religioso, dalla convinzione politica e dall’abilità.
Proprio per tale motivo, giornate come quelle del 10 dicembre e del “nostro” anniversario del 13 dicembre, data in cui nel 2006 è stata approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, rappresentano certamente, per noi persone con disabilità italiane, un momento unico di incontro e di riflessione per tutti i “nostri” movimenti, ma anche un’occasione per guardare fuori dei confini di casa nostra e parlare di diritti umani.
Sono molte centinaia di milioni i cittadini e le cittadine con disabilità del mondo. Una realtà, dunque, molto importante e non certo da sottovalutare, perché numericamente viene “al terzo posto”, dopo le popolazioni di Cina e India, come scrive in modo illuminante Matteo Schianchi nel suo libro dal titolo “emblematico” La terza nazione del mondo.
Eppure, nonostante tale nostra consistenza “demografica” e nonostante la predetta Convenzione ONU, ratificata in Italia con la Legge 18/09, impegni gli Stati che l’hanno ratificata ad adottare leggi contro ogni forma di diversità e discriminazione nei confronti dei cittadini con disabilità di tutto il mondo, raccomandando di considerare la disabilità una questione di “diritti umani”, di questi suoi “civilissimi e nobilissimi” princìpi, oggi spesso ancora ci si “dimentica”, rischiando di creare per loro nuove forme di esclusione ed emarginazione sociale.
Il primo ostacolo da abbattere è quello culturale, spingere cioè la società civile a volgere lo sguardo oltre il proprio cortile, oltre l’indifferenza che “acceca” la solidarietà, verso nuovi orizzonti di umanità.
Ecco perché, da dirigente scolastico non vedente, trascorsi da qualche giorno il 10 dicembre e ieri, 13 dicembre, il 17° “compleanno” della Convenzione ONU, reputo assolutamente imprescindibile e necessario divulgare quest’ultima tra le studentesse e gli studenti italiani, al fine di indurre la nostra società, sin dai banchi di scuola, a ribaltare la scala dei valori che nell’epoca contemporanea vedono il primato del successo, del denaro, dell’individualismo e della competizione selvaggia, per rimettere invece al centro della scena la persona con i suoi bisogni e i suoi diritti. Personalmente, infatti, ho sempre ritenuto che una società civile sia solo quella che rende i cittadini più fragili e vulnerabili protagonisti della collettività.
Di fronte all’attuale crisi economica, sociale, culturale e politica, non servono le facili guerre, la violenza, la sopraffazione, quanto piuttosto la resistenza pacifica, la bandiera della solidarietà e l’arma dei diritti umani.
Noi persone con disabilità siamo stanche dei soliti slogan, proclami e della sterile retorica celebrativa, perché siamo convinti più che mai che sia giunto finalmente il tempo dei fatti e della coerenza, per rendere concretamente esigibile il nostro “sacrosanto” diritto di avere diritti!
Al riguardo, quale preside con disabilità, approfitto delle pagine di «Superando.it», per proporre alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e al presidente di essa Falabella, la sottoscrizione di un protocollo con il Ministero dell’Istruzione e del Merito.
Il mio auspicio, pertanto, è che, grazie al suddetto protocollo, la Convenzione ONU venga fatta propria dal Ministero e veicolata tra le istituzioni scolastiche del nostro Paese, diventando il “manifesto” stesso della scuola italiana contro ogni pregiudizio e per i diritti umani. Il risultato finale dovrebbe essere quello dell’organizzazione al Ministero – con il coinvolgimento della FISH e delle altre principali Associazioni di e per le persone con disabilità – di un evento apposito e “dedicato” a tale specifico ed essenziale argomento, da tenersi il 13 dicembre di ogni anno.
Soltanto così la Convenzione ONU potrà contribuire a diffondere già a partire dalle giovani generazioni una nuova cultura della disabilità, vista non più come un “rischio” e un “pericolo”, ma come un’occasione imperdibile di scambio e di crescita umana e sociale. E soprattutto, in tal modo, essa potrà indicare realmente, e non solo sulla carta, la “via maestra” che il nostro Paese deve percorrere nel suo viaggio verso la “civiltà dei diritti umani”.