C’è ancora una sorta di “inabilità sociale” verso la condizione di disabilità

«Vi è ancora una sorta di “inabilità sociale” verso la condizione di disabilità: più di un italiano su 3, infatti (uno su 2 se si parla di disabilità psichica o cognitiva), ha dichiarato di non sapere come reagire e comportarsi di fronte a una persona con disabilità. Le emozioni, quindi, rappresentano ancora una barriera, piuttosto che una risorsa che alimenti attenzione e empatia»: lo dicono da Sanofi, a proposito dalla recente indagine “Gli italiani e la disabilità: vissuti, percezioni e propensione all’inclusione”, commissionata a SWG e condotta su un campione di mille italiani e italiane

Sullo sfondo omini di molti colori, in primo piano omino rosso in carrozzina. Immagine che rappresenta la discriminazione delle persone con disabilità«4 italiani su 5 hanno esperienza diretta o indiretta con la disabilità e un intervistato su 5 ha un familiare con disabilità. Eppure, c’è ancora disagio e impaccio – in circa il 50% dei casi – di fronte a chi vive questa condizione. Conoscere la disabilità da vicino, anche solo temporaneamente, rende più ricettivi e sensibili al tema (accade almeno per 2 persone su 3), ma esiste un netto sfalsamento tra quanto vengono reputate svantaggiate – a livello educativo, formativo e professionale – le persone con disabilità rispetto a come invece, al contrario, esse si percepiscono effettivamente, ovvero integrate e con buone prospettive di inclusione sotto molti aspetti. Su una cosa l’opinione è unanime: una risposta alle sfide della disabilità sta nell’avanzamento tecnologico e nell’innovazione»: così da Sanofi vengono sintetizzati i dati principali emersi dalla recente indagine Gli italiani e la disabilità: vissuti, percezioni e propensione all’inclusione, condotta da SWG su un campione di mille italiani e italiane, e voluta in occasione della recente Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, nell’àmbito del concorso Make to Care, che da otto anni premia proposte frutto dell’inventiva e dell’intraprendenza di studenti, designer e start up, delle stesse persone con disabilità o dei loro caregiver o familiari, volte a cambiare concretamente le prospettive quotidiane di chi vive direttamente la disabilità. Qualche settimana fa sono stati designati a Roma i due progetti vincitori per l’edizione 2023, ciò di cui ci occuperemo quanto prima in altra parte del giornale. Qui diamo spazio invece all’indagine di cui si è detto, voluta appunto per approfondire l’approccio alla disabilità sotto più punti di vista, chi la vive direttamente, chi la sperimenta in quanto familiare o caregiver e chi l’ha vissuta solo temporaneamente.

Entrando ulteriormente nel dettaglio dei risultati emersi, spiegano ancora da Sanofi, «le persone con disabilità da un lato si considerano più spesso incluse di quanto siano riconosciute dal totale del campione, dall’altro, però, vedono più spesso la loro condizione in peggioramento rispetto a dieci anni fa. Certamente si evidenzia ancora una sorta di “inabilità sociale” verso la condizione di disabilità: più di un italiano su 3, infatti, che diventa uno su 2 quando si parla di disabilità psichica o cognitiva, ha dichiarato di non sapere come reagire e comportarsi di fronte a una persona con disabilità. Le emozioni, quindi, rappresentano ancora una barriera, piuttosto che una risorsa che alimenti attenzione e empatia verso una persona che vive con disabilità».

Un capitolo a sé meritano le opportunità offerte dalla tecnologia e in generale dalle innovazioni più utili, che secondo le persone interpellate influiscono maggiormente nell’aumento dell’integrazione nella società delle persone con disabilità. Si tratta in particolare degli strumenti che permettono di comunicare e udire a chi non può farlo (89%), di quelli che consentono di muoversi in autonomia (88%) e delle tecnologie che permettono di essere in contatto con amici e parenti (90%).
«Le tecnologie – concludono per altro da Sanofi – sono quindi percepite da tutti gli intervistati come fondamentali, ma anche qui l’impatto è ritenuto più marginale rispetto alle disabilità psichiche e cognitive: il 50% dell’intero campione rimane però concorde sul fatto che proprio sugli strumenti tecnici e tecnologici dovrebbero concentrarsi le priorità della politica e gli incentivi a disposizione». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: Agnese Borri (agnese.borri@havaspr.com).

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