Il 18 dicembre scorso, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, è stato presentato l’aggiornamento 2022-2023 del Rapporto sullo stato dei diritti in Italia (sostenuto con i fondi dell’8 per mille Valdese), progetto portato avanti con pubblicazioni annuali dal 2014 a cura dell’Associazione A Buon Diritto, nata nel 2001 allo scopo di promuovere alcune questioni di grande rilievo pubblico, relative all’esercizio di diritti riconosciuti dal nostro ordinamento, ma non adeguatamente tutelati, o il cui riconoscimento viene messo in mora o contrastato o ritardato nei fatti.
Per l’occasione sono intervenuti Alessandra Trotta, moderatora della Tavola Valdese, Luigi Manconi, presidente di A Buon Diritto, le deputate Rachele Scarpa e Ouidad Bakkali e il deputato Nicola Fratoianni.
Il Rapporto (consultabile integralmente a questo link, così come quelli degli anni precedenti) è costituito sostanzialmente da un monitoraggio di diciassette diversi diritti, delle maggiori difficoltà riscontrate nel loro riconoscimento, delle principali novità normative e legislative e delle iniziative e proposte da intraprendere per la loro tutela. Si va dalla libertà di espressione e d’informazione ai profughi e richiedenti asilo; dalla salute e libertà terapeutica all’ambiente; e ancora, l’autodeterminazione femminile, l’istruzione, il lavoro, la persona e la disabilità, il pluralismo religioso, le migrazioni e l’integrazione, LGBTQI+, minori, prigionieri, dati sensibili e diritto all’abitare.
Si tratta per altro di un racconto corale, intersezionale, scritto da diciassette diversi ricercatori e ricercatrici e composto da capitoli, grafici, storie e linee del tempo. Uno strumento scientifico e di informazione, ma anche uno strumento politico che vede, alla fine di ogni capitolo, una serie di raccomandazioni rivolte al Legislatore, perché, a quanto pare, anche nel 2022 e nel 2023 sono stati tanti i diritti su cui l’Italia è rimasta indietro o non si è impegnata a sufficienza per garantirli. «Questi ultimi due anni – ha sottolineato a tal proposito Luigi Manconi in sede di presentazione – hanno segnato un significativo arretramento nel campo dei diritti civili e dei diritti sociali, in un Paese in cui lo stato dei diritti poteva già definirsi “sospeso”, a causa di un’arretratezza storica, per cui vi sono diritti cruciali non ancora riconosciuti, oppure se riconosciuti stentano ad essere applicati».
Diamo spazio qui di seguito al capitolo Persona e Disabilità, curato da Domenico Massano, pedagogista, formatore ed educatore, “firma” spesso presente anche sulle nostre pagine, noto anche per essere stato il curatore, insieme a Simona Piera Franzino, della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità in CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa).
Nonostante «la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società» sia uno dei princìpi cardine della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (Legge 18/09), il capitolo dedicato del Rapporto ISTAT 2022 sulla situazione del Paese, evidenzia come per le persone con disabilità permanga «la difficoltà a partecipare come eguali [che] ha probabilmente la sua espressione più drammatica nel nesso che si osserva tra disabilità e disuguaglianze».
Nesso che emerge in particolare dall’analisi della situazione delle famiglie con persone con disabilità, che sono circa 2 milioni e 800 mila, pari al 10,7 per cento del totale delle famiglie in Italia, e che svolgono un ruolo importante nella cura e nel contrasto al rischio di esclusione sociale grazie al contributo dei familiari, in particolare delle donne, che spesso si traduce in un impegno gravoso che limita la capacità di produzione del reddito dell’intero nucleo familiare.
Tale situazione si riflette pesantemente, inoltre, sulle condizioni economiche delle famiglie con persone con disabilità il cui reddito medio disponibile risulta inferiore del 7,8% a quello nazionale, e dipende in buona parte dai trasferimenti economici dello Stato, senza i quali il rischio di povertà salirebbe dal 20% al 32,8%, ma che non permettono comunque di colmare lo svantaggio nelle prospettive di lavoro e carriera dei caregiver e delle stesse persone con disabilità.
Si sottolinea, inoltre, il “rilevante svantaggio” delle persone con disabilità in àmbito lavorativo, confermando le precedenti rilevazioni in cui si denunciava che «è occupato solo il 31,3% delle persone tra i 15 e i 64 anni con limitazioni gravi contro il 57,8% delle persone senza limitazioni, nella stessa fascia di età» (1). Lo svantaggio è ancora più netto per la componente femminile: risultano occupate solo il 26,7% delle donne con disabilità, mentre per i maschi la quota sale al 36,3%.
La mancata partecipazione al mercato del lavoro, oltre ad avere inevitabili conseguenze economiche, determina anche isolamento e spesso preclude percorsi di autonomia, compromettendo lo sviluppo e il mantenimento delle relazioni sociali.
Osservazioni che valgono anche per la partecipazione al sistema educativo e scolastico dei bambini e ragazzi con disabilità – 316.000, il 3,8% del totale (2) – che è spesso caratterizzata da interruzioni premature del percorso di formazione. Gli alunni con disabilità sono, infatti, il 4,8% nelle scuole del primo ciclo e solo il 3,1% nella scuola secondaria di secondo grado.
Sempre in àmbito scolastico un altro aspetto critico riguarda la presenza di barriere architettoniche: sul fronte delle barriere fisiche solamente una scuola su tre risulta accessibile, mentre per quanto riguarda le barriere sensoriali, meno del 2% dispone di tutti gli ausili senso-percettivi necessari.
Nonostante la Convenzione ONU ne richiami la centralità, l’accessibilità pare dunque essere ancora lontana dal diventare «principio chiave per sostenere processi inclusivi e la piena partecipazione», come ben dimostrano sia la situazione delle scuole, sia i gravi ritardi nel rispettare ed applicare le leggi vigenti, come nel caso della normativa sui Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (PEBA, Legge 41/86), disattesa da quasi 40 anni su buona parte del territorio nazionale.
Preoccupa il fatto che nella Mappa dell’intolleranza online 2022, redatta da Vox-Osservatorio Italiano sui Diritti, le persone con disabilità rappresentino la seconda categoria più odiata via social, in un contesto in cui l’odio online si fa più intenso, con un evidente ruolo di alcuni mass media tradizionali nell’orientarlo e alimentarlo. L’odio e la violenza contro le persone con disabilità non infestano solo i social, ma continuano ad attraversare la società con numerosi e gravi episodi di discriminazioni e aggressioni. In particolare l’odio, le discriminazioni e le violenze contro le donne con disabilità rappresentano un dramma nel dramma che nel 2022 è stato denunciato anche in una pubblicazione ministeriale dell’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori) in cui si richiama la necessità di una prospettiva intersezionale nell’affrontare questo «fenomeno ancora più preoccupante in quanto le vittime, in quanto donne e persone con disabilità, subiscono una doppia discriminazione che le espone a ulteriori e particolari forme di violenza».
A volte teatro delle violenze sono le strutture residenziali in cui le persone con disabilità sono ancora troppo spesso inserite anche «per la mancata riassegnazione di risorse economiche dagli istituti residenziali alla promozione e alla garanzia di accesso alla vita indipendente» (3).
L’importanza della garanzia della vita indipendente (articolo 19 della Convenzione ONU) e del correlato rafforzamento dei servizi a livello della comunità, sono ampiamente ribaditi nella Strategia Europea per i Diritti delle Persone con Disabilità 2021-2030: «Molte persone con disabilità sono isolate dalla vita della comunità e non hanno controllo della loro vita quotidiana, soprattutto coloro che vivono negli istituti. Tale situazione è determinata principalmente dall’insufficiente prestazione di servizi adeguati a livello della comunità, di sostegno tecnico e all’alloggio, nonché dalla limitata disponibilità di supporto per le famiglie e per l’assistenza personale».
Purtroppo, però, bisogna rilevare gravi ritardi sulla garanzia del diritto alla vita indipendente, soprattutto in relazione alle risorse dedicate che continuano a essere poche e connotate da precarietà e residualità rispetto ad altri tipi d’intervento. Pare, inoltre, che questa prevalenza di un “paradigma del confinamento” si accompagni ad un limitato riconoscimento del diritto all’autodeterminazione e alla libertà di scelta, in particolare relativamente alla partecipazione nella definizione dei progetti personalizzati e dei percorsi di vita.
È evidente come le persone con disabilità continuino «a incontrare ostacoli nella loro partecipazione come membri eguali della società» (Convenzione ONU). Ostacoli che il permanere di stereotipi, pregiudizi e barriere culturali rendono più ardui da superare. Se è necessario, quindi, dare piena ed effettiva attuazione ad un quadro normativo ampio e dettagliato, è parimenti importante e urgente l’avvio di «una lotta culturale, una pratica educativa, una tensione morale» (4), per la realizzazione di una società realmente inclusiva, in cui sia riconosciuto il valore del contributo di ciascunə e in cui siano garantiti il pieno godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tuttə.
Cosa si può fare:
° Occorre dare piena attuazione alla Convenzione ONU (Legge 18/09), al secondo Programma di azione (DPR del 12 ottobre 2017) e approvare e dare effettiva concretizzazione a tutti i Decreti Attuativi della Legge 227 del 2021 – Legge Delega sulla disabilità.
° Occorre un mutamento di prospettiva che porti a considerare la promozione della vita indipendente e il sostegno all’autodeterminazione come «criteri ispiratori complessivi del sistema», anche attraverso: 1) la predisposizione di misure che possano garantire il diritto alla vita indipendente ed avviare, al contempo processi di deistituzionalizzazione; 2) la partecipazione e la centralità del ruolo delle persone con disabilità (e di chi le rappresenta) nei percorsi di vita e nei progetti che le riguardano.
° Occorre garantire il sostegno, la tutela giuridica e il riconoscimento del ruolo di cura dei caregiver familiari.
° Occorre creare una strategia nazionale per il contrasto alle violenze e alle discriminazioni verso le persone con disabilità, in particolare contro le donne con disabilità, e creare consapevolezza contro i crimini d’odio.
° Occorre garantire la partecipazione delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni di rappresentanza ad ogni livello politico-istituzionale.
° Occorre garantire l’accessibilità come principio chiave per sostenere processi inclusivi e la piena partecipazione delle persone con disabilità.
Note:
(1) ISTAT, Conoscere il mondo della disabilità: persone, relazioni e istituzioni, Roma, 2019.
(2) ISTAT, L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità | a.s. 2021-2022, Roma, 2022.
(3) Committee on the Rights of Persons with Disabilities, Concluding observations on the initial report of Italy, 2016
(4) Stefano Rodotà, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari, Laterza, 2012, pp. 228-229.