Continua a far discutere quanto recentemente scritto da Ernesto Galli della Loggia sul «Corriere della Sera», ciò di cui abbiamo già avuto modo di occuparci sulle nostre pagine (si vedano qui a fianco gli Articoli correlati). Riceviamo ora e ben volentieri pubblichiamo il contributo di riflessione di Fabio Bocci, personalità quanto mai autorevole nel mondo della Didattica e della Pedagogia Speciale.
Se fosse stato pubblicato a dicembre, avremmo potuto iscrivere il recente articolo di Ernesto Galli della Loggia apparso sul «Corriere della Sera» nella rubrica intitolata Le cose di cui c’è poco da stare allegri dell’anno 2023, anno assai nefasto che ricorderemo per i tanti morti nel purtroppo duraturo conflitto Russo-Ucraino, per quelli dell’altrettanto longevo conflitto Israelo-Palestinese e anche per le tante (troppe) donne vittime di femminicidi. E, invece no, è apparso il 13 gennaio e siamo decisamente sorpresi, perché è questo un mese in cui di solito, almeno nei primi giorni, si risente ancora dell’afflato dei buoni propositi per il nuovo anno e tra questi vi è certamente quello di vedere realizzato un mondo più equo, giusto e solidale.
Evidentemente non è così per tutti/e. Certamente non lo è per Galli della Loggia il quale, nel suo breve pezzo, attacca frontalmente uno dei capisaldi della scuola democratica italiana, qual è l’inclusione.
Ora, sorvoliamo (per ragioni di spazio) su alcune affermazioni grossolane e offensive (disabili «con il loro insegnante personale»; dislessici e disgrafici «oggi cresciuti a vista d’occhio anche per insistenza delle famiglie») e concentriamoci sul punto cruciale, ossia che l’Italia è «un caso unico al mondo» perché nelle aule scolastiche italiane «convivono regolarmente accanto ad allievi cosiddetti normali, anche ragazzi disabili gravi», così come (fatto evidentemente inaudito per l’Autore) «ragazzi stranieri incapaci di spiccicare una parola di italiano».
Galli della Loggia, con un breve tratto di penna, mette in discussione sessant’anni di conquiste democratiche del sistema formativo italiano, cancellando in un sol colpo la Legge 517/77 che ha chiuso le istituzioni speciali, la sentenza della Corte Costituzionale 215/87, che abrogando il comma 3, articolo 28 della Legge 118/71 ha consentito a quelli che lui definisce «disabili gravi» di accedere ai livelli più alti dell’istruzione, nonché la Legge Quadro 104/92 e tutto ciò che ne è seguito fino ai recenti Decreti Legislativi 66/17 e 96/19.
Li ha cancellati perché, nel concludere il suo pezzo, Galli della Loggia afferma che noi conosciamo bene i risultati di questa scelta, che altrove definisce frutto di una ideologia «universalista, buonista, democraticista e costituzionalista».
Ora, ci sentiamo in dovere di chiedere all’Autore:
1) sulla base di quali dati di ricerca (anche comparativa con altre nazioni, dove ciò non è avvenuto), afferma che la scelta dell’inclusione fatta in Italia è dannosa, tanto da essere da lui definita un mito?
2) Poiché non lo dice apertamente, sta forse chiedendo di riaprire le scuole speciali e le classi differenziali?
3) Affermando che la convivenza tra “allievi normali” e disabili gravi (termine quanto mai ambiguo) genera danni alla scuola, si trova forse d’accordo con il leader del partito di estrema destra tedesco AFD Björn Höcke, che nell’agosto dello scorso anno ha richiesto «Scuole separate per i disabili», in quanto «con loro in classe» vi sono «limiti per i nostri studenti»? [di questo si legga anche sulle nostre pagine, N.d.R.].
Al ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara chiediamo invece di dirci cosa pensa di queste considerazioni di Galli della Loggia sull’inclusione – visto che lo ha incontrato in questi giorni (fonte «Orizzontescuola.it») – e se sia questa la via del radicale cambiamento del nostro sistema formativo di cui si è parlato durante l’evento.
In ultimo, chiediamo anche un parere al Direttore, e alla Redazione, del «Corriere della Sera» che ospita sistematicamente le riflessioni di Galli della Loggia.
Poniamo queste domande per curiosità e per avere cognizione di cosa ci aspetta. E, in ogni caso, chiediamo con forza un dibattito pubblico affinché certe affermazioni possano essere affrontate seriamente e con il dovuto approfondimento, come meritano.