La storia dei movimenti femministi delle donne con disabilità è abbastanza ridotta e, soprattutto, localizzata principalmente negli Stati Uniti. In Italia, infatti, le donne con disabilità sono state a lungo assenti da qualsiasi contesto storico, d’altronde non abbiamo notizie che i grandi movimenti femministi abbiano mai abbracciato veramente le istanze delle donne con disabilità. Accade ancora adesso. Sovente il femminismo italiano non considera neanche l’idea che esistano donne con disabilità che hanno diritti da rivendicare e multidiscriminazioni cui sono soggette.
Recentemente è stata scritta una lettera per denunciare il comportamento non inclusivo di Non Una Di Meno e qualche giorno fa si è svolta un’assemblea online con la sede nazionale. Com’è andata?
La citata lettera aperta è stata scritta da Marta Migliosi e Asya Bellia, attiviste con disabilità, un grido univoco di rivendicazione verso qualcosa che per troppo tempo è stato nascosto: la voce delle donne con disabilità.
Non Una Di Meno (d’ora in poi NUDM) si chiama il collettivo più famoso d’Italia che ha sedi dislocate quasi ovunque e che fa capo a quella nazionale di Roma. Curioso, perché finora le donne con disabilità sono state “meno”. Il 25 novembre, infatti, proprio nella Capitale, è stata organizzata una manifestazione generale in occasione della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne. Un evento di cui parlavano almeno da quattro o cinque mesi.
Ora, se ad esempio una donna con disabilità motoria avesse voluto partecipare alla manifestazione, sarebbe probabilmente andata alla cieca: mancavano infatti completamente le informazioni sull’accessibilità del percorso, sulla presenza di bagni accessibili e altro. Così come per le persone neurodivergenti.
Su sollecitazione di alcune di noi attiviste, NUDM ha pubblicato un post con le suddette informazioni. A tre giorni dall’evento. Informazioni abbastanza sommarie, anche perché non tutte le tappe del percorso avevano bagni accessibili – d’altronde, se non ci si pensa per tempo, mica in 72 ore si può fare il miracolo. Insomma, l’accessibilità è stata il fanalino di coda e ciò ha reso insopportabile tutta la situazione.
Il 21 gennaio scorso, alle 17, si è svolta su Zoom un’assemblea pubblica tra attiviste e attivisti con disabilità e neurodivergenti e componenti di NUDM Nazionale, con la partecipazione della Fondazione Tetrabondi e del Disability Pride Network. L’argomento chiave era l’accessibilità dei cortei. E infatti per più di due ore si è parlato di quello. Quasi solo di quello. Solo una voce, a un certo punto, ha provato a parlare del fatto che le donne con disabilità subiscono varie forme di violenza e multidiscriminazione, cosa di cui Marta Migliosi e Asya Bellia avevano ampiamente parlato nella loro lettera, quindi NUDM, in quanto collettivo a sostegno dei diritti delle donne, avrebbe potuto parlare e informarsi su questo in vista del corteo dell’8 marzo in cui, magari, potrebbero essere incluse le istanze delle donne con disabilità. Ma niente.
Tra l’altro si è sempre parlato di “persone con disabilità”, appunto: giusto, ma in un ambiente femminista non considerare la dimensione di genere lascia abbastanza perplesse. Non credo che, nelle loro lotte, parlino genericamente di “persone”, bensì di donne, perché nelle epoche passate e presenti sono state loro a essere maggiormente discriminate. Lo stesso ragionamento si può, anzi si deve, applicare alle donne con disabilità.
Accessibilità, dunque.
Peccato che quando, in data odierna (22 gennaio), ho dato un’occhiata ai canali Instagram di NUDM Nazionale, mi sono accorta che avevano ripostato, per sponsorizzarli, i prossimi eventi di NUDM Napoli, NUDM Matera, NUDM Cagliari e NUDM la Spezia: in nessuno di questi ci sono informazioni sull’accessibilità. Meno male che all’assemblea non avevamo fatto altro che rimarcare l’importanza di dare indicazioni a riguardo!
NUDM Nazionale risponderebbe, come in parte ha fatto all’assemblea, imputando la “responsabilità” alle singole sedi. Ma, essendo lei quella principale, non avrebbe il compito di coordinare le varie sedi e, ad esempio, dare immediatamente direttive sulla necessità di aggiungere indicazioni sull’accessibilità di luoghi ed eventi? O per lo meno evitasse di sponsorizzare il post deficitario di tali dettagli…
In realtà alcune sedi NUDM propongono la modalità mista, in presenza e online. Io non credo che questo sia il mezzo giusto per favorire appieno l’inclusione. Perché?
Uno, se una donna con disabilità residente a Cagliari o a Napoli volesse partecipare fisicamente all’evento, come potrebbe sapere se è accessibile o meno, senza dover contattare in privato le organizzatrici?
Due, le persone con disabilità rivendicano anche una maggiore autonomia per la vita indipendente: potersi recare fisicamente a un evento, anche se si abita lontano, è uno step ulteriore in tal senso. Viceversa, garantire il collegamento online come forma di accessibilità potrebbe portare al rischio che venga usato come una sorta di “scudo” per non impegnarsi a garantirla in loco.
Insomma, per rispondere alla domanda del titolo: sì, la strada purtroppo è ancora in salita.
Ben vengano le piccole aperture, ma attenzione a non fare questi scivoloni che distruggono tutto ciò che si era iniziato a creare.
Disfemminismo e altre storie
Si intitola così lo spazio fisso affidato da «Superando.it» alla cura di Silvia Lisena, insegnante, scrittrice e attivista con disabilità motoria, che con esso intende «raccontare, indagare e riflettere sulla realtà delle donne con disabilità in un’ottica femminista, inclusiva e intersezionale», come ha scritto lei stessa.
Nella colonnina a fianco (Articoli correlati) il link agli articoli finora pubblicati nell’àmbito di questo spazio.