Stavo pensando che quest’anno festeggio i trent’anni di patente. Sono quindi trent’anni che giro per l’Italia per andare a visitare mostre d’arte e di fotografia, da sola o con amici. Mi sono recata non so quante volte a Milano, nel Palazzo Reale o alla Triennale (ora c’è anche il Mudec), a Ferrara al favoloso Palazzo dei Diamanti con quel muro a bugnato che mi fa sempre venire voglia di scattare tremila foto da altrettante angolazioni, a Brescia, Treviso, Reggio Emilia, Forlì, Verona, Vicenza, a Villa Manin in Friuli, a Rovereto, Firenze, Torino, Roma… Negli anni anche a Parigi e Berlino, o in qualsiasi posto del mondo mi trovassi.
Insomma, vado per mostre, spesso e tante volte in un anno. In questi trent’anni ci sono state ovviamente mostre comode o meno comode dal punto di vista dell’accessibilità, ma l’accessibilità era sempre garantita da rampe o da ascensori; gli unici problemi, a volte, erano che per raggiungere le rampe o gli ascensori c’erano tragitti a piedi più lunghi da fare. A Palazzo dei Diamanti di Ferrara, prima della ristrutturazione, bisognava entrare dall’ultima sala della mostra, poi andare a ritroso fino alla prima stanza e poi di nuovo visitare tutta la mostra per uscire. Mai e poi mai, però – e ripeto mai –, mi è capitata una situazione come a Bologna.
Da un po’ di anni, infatti, anche Bologna, la mia città, si è messa sul mercato delle mostre belle, quelle mostre dove viene gente anche da altre città italiane appositamente per le mostre, come faccio sempre io verso altre città. A un’amante di mostre come me, ovviamente, faceva solo piacere l’idea di risparmiarmi viaggi in auto ogni tanto.
Le mostre iniziarono a Palazzo Albergati, in Via Saragozza, dove c’è un comodissimo ascensore. Poi si è aggiunto Palazzo Pallavicini, un bellissimo edificio storico in Via San Felice, con il classico scalone nobiliare. Per carità, nessuno nega che la location sia bellissima. Nessuno nega che magari a Palazzo Pallavicini, per motivi burocratici o strutturali, sia impossibile installare un ascensore. Può essere, anche ora nel 2024, che in certi palazzi l’accessibilità non possa essere garantita per tutti e tutte. Benissimo, pazienza, la persona con disabilità lo sa, lo mette in conto, ma allora non ci apri le mostre al pubblico! Se le mostre non possono essere accessibili a tutti, cambi la location, per quanto sia bella. Palazzo Pallavicini ha purtroppo questo problema di accessibilità.
Sul sito del Palazzo si trova questa informazione: «L’accesso per persone non deambulanti o disabili in carrozzina avviene esclusivamente tramite montascale a cingoli Modello Jolly Ramp D3000010 fornito da TGR con portata fino a 140 kg (peso calcolato tra persona e carrozzina, il peso totale sarà a cura dal visitatore) per due rampe di scale per un totale di 38 gradini. La scheda tecnica completa è scaricabile e visionabile al seguente link http://tgr.it/it/prodotti/jolly-ramp».
Ebbene, 140 chili, per chi si intende di disabilità, fanno subito capire che tutte le persone che utilizzano una carrozzina elettronica, alle mostre di Palazzo Pallavicini non potranno mai accedere. Perché una carrozzina elettronica pesa da sola, senza la persona seduta, dai 130 agli oltre 150 chili a seconda del modello, in più ci si deve aggiungere il peso della persona che, per quanto magra, un po’ pesa. Ciò significa che si è deciso deliberatamente di aprire alle mostre un Palazzo in cui una fetta di pubblico è già esclusa in partenza. Si chiama discriminazione, eh! Ci sono le parole giuste e ci sono anche le leggi che regolano queste situazioni. Solo che una persona con disabilità con una carrozzina elettronica non si mette certo a cercare un avvocato e allestire una causa lunghissima (che probabilmente vincerebbe).
Certo, il Palazzo possiede una carrozzina manuale. Che può essere utilizzata da persone con disabilità che deambulano ma che non possiedono una carrozzina, oppure da chi arriva lì con una carrozzina elettronica e magari riesce a spostarsi su quella manuale in dotazione del Palazzo. Il problema è che non tutte le persone con disabilità possono essere trasferite facilmente su un’altra carrozzina e molte persone con disabilità hanno carrozzine costruite appositamente su misura del loro corpo, con i sostegni nei punti giusti e via dicendo. Lo spostamento in una carrozzina diversa farebbe perdere i sostegni che servono, con conseguenti perdite di equilibrio e diversi disagi.
In questi anni, poi, ho parlato anche con persone che invece utilizzano una carrozzina manuale, e che quindi potrebbero utilizzare il montascale a cingoli, ma non volevano utilizzarlo. O per paura, o anche per vergogna. Sì, perché comunque ognuno di noi ha anche una dignità e sinceramente essere caricati come merci, con tutti gli altri visitatori che si girano a guardare, butta un po’ la dignità nella spazzatura.
Personalmente, ci ho messo molto tempo per decidermi. Al contrario di altre persone, io non provo vergogna, per fortuna, ma la paura c’era, ed era tanta. Soprattutto sapevo che mi sarei dovuta affidare completamente a persone sconosciute, con la speranza che avessero avuto la formazione adeguata all’utilizzo del montascale. Prima di prendere la decisione definitiva, ho anche valutato insieme al mio fisioterapista, e solo quando lui mi ha detto che potevo stare tranquilla, ho deciso di provarci, anche se non ero per niente tranquilla.
Come è andata? Da un lato è andata bene, in quanto a personale gentile e competente. Le donne che quel giorno erano addette alla mostra erano davvero di una gentilezza unica ed estremamente preparate all’utilizzo del mezzo. Sapevano anche che creava tensione (probabilmente anche a loro!) e cercavano di essere rassicuranti durante tutte le manovre. Sinceramente ero pronta a polemizzare un po’, ma davanti a persone così carine c’era ben poco da dire.
Restano però dei problemi: innanzitutto i gradini dello scalone sono tutti consumati dal tempo, quindi l’ausilio sobbalza continuamente e tutti i colpi la persona con disabilità li sente nella schiena. Non posso sapere con certezza matematica se le cose sono collegate, ma io alla sera avevo mal di schiena e il mattino dopo mi sono svegliata con il male dietro al collo e alle spalle. Per utilizzare lo strumento, la persona con disabilità deve avere un pieno controllo del busto, cosa che non tutte le persone con disabilità hanno. Quindi, al di là della carrozzina manuale o elettronica, non è un ausilio per tutti.
Una volta scesa, e uscita dal Palazzo, mi sono subito accorta che la seduta della carrozzina si era sganciata dai supporti, probabilmente per tutti i sobbalzi. Per fortuna c’era una panchina, così appoggiandomi ad essa mi sono potuta alzare in piedi e la mia amica ha avuto modo di riallineare i pezzi della carrozzina. Per fortuna io mi posso alzare in piedi…
La persona con disabilità, una volta raggiunta la mostra, entra gratis (e ci mancherebbe dopo tutto quello stress!!), ma l’accompagnatore ha solo 2 euro di sconto. Dico “solo” perché per salire sul montascale ci vogliono anche due binari di acciaio, che poi vanno tolti quando il montascale inizia a fare i gradini. I binari però servono all’arrivo, per scendere dal montascale, quindi la mia amica ha dovuto portarli su e giù dallo scalone, e non sono leggerissimi. Secondo me, calcolando la fatica e che anche lei aveva l’ansia per me, si sarebbe meritata uno sconto maggiore…
Le ragazze della mostra mi hanno dato ragione su tutto, e hanno detto che l’ascensore risolverebbe la vita a tutti quanti, compresa la loro. Hanno detto che sperano che prima o poi chi di dovere si renda conto che è una situazione un po’ assurda. Certo, siamo al solito “cane che si rincorre la coda”: le persone con disabilità non vanno alle mostre in quel palazzo perché hanno paura o non possono accedervi. Chi organizza a quel punto non ha la percezione di quante persone con disabilità in realtà ci andrebbero e ci potrebbero andare.
Lo ripeto: se non si riesce a installare un ascensore, si organizzano le mostre altrove.
Che poi, sempre trent’anni fa, frequentavo l’Università a Palazzo Hercolani, in Strada Maggiore, un palazzo anch’esso nobiliare con uno scalone anche più bello e complesso di quello di Palazzo Pallavicini. Ma raggiungevo le aule con l’ascensore. Nel 1994. Siamo nel 2024, mi aspetto molto di più dalla mia città.
P.S.: la mostra, per fortuna, è stata bellissima.