Certe volte mi domando, avendo una disabilità fisica a che razza appartengo? A quale etnia appartengo? In questi giorni mi sono domandato questo e la mia risposta dentro la mia anima è a “Nessuna”.
Noi certe volte siamo solo di peso in questa società che si definisce “inclusiva”, ma non c’è inclusione, c’è solo l’arroganza, che certe volte fa allontanare “la persona disabile” perché possiamo dare fastidio, mentre altre volte apparteniamo alla categoria “una vita indegna di essere vissuta”.
Sono veramente addolorato nel leggere l’articolo seguente sulla «Stampa»: “I nostri figli con disabilità grave esclusi dalla scuola pubblica”, l’odissea di quattro mamme a Roma. Ma quante persone si sono laureate, con disabilità grave, anche con il massimo dei voti… mi sembra di essere ritornato a sessant’anni fa, quando ho fatto il test per essere ammesso in una scuola elementare. Il test consisteva nel fare una collana cubo-sfera nello stesso modo che lo psichiatra aveva fatto prima e io lo osservavo come pensando a un uomo adulto che si mette ad infilare una collana… Se non avessi fatto la collana uguale, sarei andato in un istituto per “subnormali”.
Le stesse persone che escludono i ragazzi/e sono le prime a piangere se vedono i film Wonder, Il gobbo di Notre Dame, e dicono “poverino”, o anche “noi non siamo così”. E invece sì, io e i miei ragazzi/e che hanno una disabilità fisica o psichica non possono cambiare il loro aspetto fisico o psichico, ma noi insieme possiamo cambiare il nostro modo di pensare!
Articolo 3 della Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»: non c’è scritto “etnia italiana” nella Costituzione.
Articolo 34 della Costituzione: «La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di aggiungere i gradi più alti degli studi»…
Ma a questo punto scusate se mi soffermo su due cose: vogliamo costruire un ponte da 18 miliardi, e non riusciamo nel costruire un ponte tra di noi; con quei soldi si potrebbero fare interventi sulla Sanità, superare le barriere architettoniche, costruire strade, ponti che non cedono alla prima bomba d’acqua. Molte volte si tralasciano i veri problemi, si pensano e ci dicono di fare cose grandi, ma rimaniamo piccoli nel farne altre.
Oppure salviamo le squadre di calcio dal fallimento e non prendiamo insegnanti di sostegno…
Con queste due frasi sul ponte e sul calcio, mi sono allontanato dal problema “inclusione”, ma in una famiglia vengono prima le persone che ne fanno parte e poi il resto, io non parteggio per nessuno, mi dedico alla gente che sta male e rimane sul divano a guardare la televisione, perché non ha motivo, avendo una disabilità, di chiedere un lavoro, di uscire, di stare in mezzo alla gente, perché c’è sempre una barriera che li riporta al “via”, come nel gioco del Monopoli, tanto che sia bianco rosso nero, ti dicono, le faremo sapere…
Inciso: cosa pensavano Seneca e il Papa Gregorio Magno sulla disabilità?
Seneca: «Soffochiamo i nati mostruosi, anche se fossero nostri figli. Se sono venuti al mondo deformi o minorati dovremo annegarli. Ma non per cattiveria. Ma perché è ragionevole separare esseri umani sani da quelli inutili».
Papa Gregorio Magno: «Un’anima sana non troverà albergo in una dimora malata»…
Un altro articolo che mi ha sconvolto è apparso sul «Messaggero»: Il bimbo è autistico, il prete lo esclude dalla comunione. L’amarezza della famiglia: «È dolcissimo e amico di tutti».
No, non può essere, «Ama il prossimo tuo come te stesso» è uno dei comandamenti fondamentali che il Padre Eterno ci ha regalato. Poi ci si scusa, si scusa il vescovo, ma dove sono i principali doveri di un buon cattolico?
Questi sono fatti recenti, sessant’anni fa mi dovevo iscrivere all’asilo, e la superiora dice alla mamma: «No, signora, il bambino non lo iscriviamo perché potrebbe far paura agli altri bimbi/e»: wow che batosta per i miei genitori!
Sempre dalla storia abbiamo la modifica del primo comandamento da Mosè. Dio parla ad Aronne: «Nelle generazioni future nessun uomo della tua stirpe, che abbia qualche deformità, potrà accostarsi ad offrire il pane del suo Dio; perché nessun uomo che abbia qualche deformità potrà accostarsi: né il cieco, né lo zoppo, né chi abbia il viso deforme per difetto o per eccesso, né chi abbia una frattura al piede o alla mano, né un gobbo, né un nano, né chi abbia una macchia nell’occhio o la scabbia o piaghe purulente o sia eunuco. Nessun uomo della stirpe del sacerdote Aronne, con qualche deformità, si accosterà ad offrire i sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore. Ha un difetto: non si accosti quindi per offrire il pane del suo Dio».
Io sono cristiano ma non più cattolico, E poi Gesù si dedicò a curare i più deboli; San Francesco e altri che sono venuti nel cambiare il concetto di umanità, aiutare chi sta male, lo stesso Don Bosco toglieva i ragazzi dalla strada insegnando loro una professione.
Ho chiesto di portare la comunione a mio papà essendo a letto infermo, ma non mi è stato concesso; quel giorno mi sono lavato, profumato, ma forse non mi sono reso conto di “essere impuro”!
Vedete, la storia può portare sempre la gente a concetti sbagliati, oppure a considerare il concetto che fa loro più comodo. E i concetti sbagliati possono arrivare anche all’eutanasia, che in molti Stati, per persone con disabilità grave, può essere richiesta.
Ad esempio, una veterana dell’esercito, campionessa paralimpica, ha raccontato che funzionari del governo canadese si erano offerti di darle l’eutanasia mentre lottava per avere un ascensore per sedie a rotelle nella sua casa.
Leggo poi, sempre sul «Foglio», che uno dei responsabili dell’eutanasia in Olanda, Theo Boer, «dice che l’Olanda ha deciso di includere anche i pazienti psichiatrici. “Questo ha creato un pendio scivoloso con problemi legali, rendendo i prossimi passi facilmente prevedibili. Perché consentire la morte solo a chi soffre di una malattia, e non a chi soffre di mancanza di senso, emarginazione, solitudine e della vita stessa? Quando la si incorpora nel diritto, ogni “limite” è scritto sulla sabbia».
E comunque, è già successo durante l’Olocausto: disabili, omossessuali, zingari, politici sono stati i primi nel testare le camere a gas e i forni crematori, e le persone con antenati con problemi venivano sterilizzate.
Io non sono un veggente, “io non sono nessuno”, ma sento un cambiamento culturale che non mi convince, non dico politico, ma c’è una grande mancanza di umanità, mancanza dei diritti dei più fragili, lavoro, sostegno alle famiglie; dopo lo spreco di parole devono intervenire i fatti e la responsabilità di ognuno di noi anche la mia. Non deve più esistere che «io non voglio dare la comunione», «io non voglio i ragazzi con disabilità»: noi dobbiamo nella nostra vita essere, noi vogliamo vivere e non sopravvivere.
Per fortuna che ci sono i nostri genitori, i nostri amici, le comunità che sopperiscono al lavoro dello Stato, perdendo anche il lavoro per stare vicino ai propri figli. Ma se parlo di “più Noi”, penso anche alle aziende che devono assumere dando un lavoro dignitoso: ci definiscono una “categoria protetta”… ma se le prime parole che ho sentito quando ho iniziato a lavorare sono state «non la vogliamo, le faremo sapere»?
Noi tutti non siamo una spesa per lo Stato, ma una risorsa da coltivare: se una pianta cade o si accascia, causa il vento, cosa fate? Prendete un piccolo bastone di legno e legate la pianta, che non cadrà più, quindi salvaguardate il vostro giardino, e allora guardate oltre la siepe.
Oggi sono veramente stanco, perché mi ritornano alla mente i tempi passati. Facciamo i ponti veri tra noi e il prossimo. La vita deve continuare insieme nel cammino di una speranza di nuova umanità. E dimenticate la Storia, prendetene la parte buona, altrimenti soffocheremo la nostra vita nella paura di esistere.
Alla vigilia del Giorno della Memoria del 27 Gennaio, diamo spazio qui di seguito alla poesia di Leonardo Cardo (“zio Leo”), intitolata Una nuvola grigia.
Una nuvola grigia
di Leonardo Cardo
Io sono nato nel 1958 e se fossi nato 20 anni prima, nel 1938, sarei una nuvola grigia nel cielo,
Lupi famelici prendevano i ragazzi con disabilità fisica, malati di mente e venivano portati a Posen.
Sarei diventato una nuvola grigia.
Le prime camere a gas e i primi forni crematori pronti e provati per uccidere milioni di ebrei zingari, omosessuali,
Sarei diventato una nuvola grigia.
Quanti orrori avrei visto dall’alto, una razza pura da cosa? E migliaia di persone sterilizzate per non fare figli imperfetti.
Sarei diventato una nuova grigia.
Nel cielo mi sarei unito a tante nuvole grigie, rendendo il cielo nero come la veste della morte.
Sarei diventato una nuvola grigia.
Assordanti urla come tuoni in un terribile temporale, fulmini e grida si udivano in tutto il mondo.
Sarei diventato una nuova grigia.
La pioggia ha pulito il cielo dalla fuliggine di morte, ora appare l’arcobaleno e i lupi famelici muoiono con l’orrore nell’anima del tempo vissuto.
Ora sono grigio nel cuore.
I ricordi degli orrori sono passati, il male non viene ricordato e ancora il dolore si traveste da leoni.
Ora sono grigio nel cuore.
Perché il mondo che ci circonda, sta uccidendo i nostri sentimenti, lo sguardo non è più rivolto alla gente.
Manca il sorriso, non esiste più la consapevolezza dell’essere, e come automi seguiamo un ideale strano.
Ora sono grigio nel cuore.
Che come un cancro si propaga, con le onde magnetiche, insultando urlando offendendo minacciando chi forse non ha più voglia di urlare del dolore passato e presente.
Una nuova nuvola grigia, è in me, sto aspettando l’arcobaleno.
Dedicato a tutte le persone morte durante l’olocausto dove regnava il pregiudizio che non deve più esistere.
Spero che cosi sia.