Nei giorni scorsi l’ISTAT ha pubblicato il consueto report annuale sugli alunni/alunne con disabilità e sui docenti per il sostegno dai cui dati si possono ricavare informazioni preziose e molto utili per scattare una “fotografia” dell’attuale stato di salute del modello italiano d’inclusione scolastica che, da quanto emerge da quel rapporto, a 47 anni dall’avvio di essa, con la Legge 517/77, presenta indubbiamente dei punti di debolezza e criticità sui quali riflettere e da cui bisogna partire per individuare strumenti e modalità per migliorarli.
Nell’anno scolastico 2022-2023, dunque, sono stati 337.711 gli alunni e le alunne con disabilità, pari al 4,1% del totale degli iscritti, con un aumento del 7% rispetto all’anno precedente. In particolare, nello scorso anno scolastico se ne sono contati 37.182 nella scuola dell’infanzia, 128.070 nella scuola primaria, 83.715 nella scuola secondaria di primo grado e 88.744 nella scuola secondaria di secondo grado. L’ISTAT evidenzia inoltre un significativo gender-gap tra gli alunni e le alunne con disabilità, se è vero che i primi sono risultati essere il doppio rispetto alle seconde.
Per quanto concerne i docenti per il sostegno, in base ai dati forniti dall’ISTAT, complessivamente, per l’anno scolastico 2022-2023, il loro organico ha contato su 196.605 posti, 126.170 dei quali come posti di organico di diritto e 70.435 come posti in deroga. La presenza totale ha visto un incremento del 10%, con un rapporto alunno-insegnante di 1,6, superiore a quello previsto dalla normativa vigente.
Tutto ciò potrebbe far pensare che l’aumento del numero di tali docenti abbia contribuito ad elevare la qualità dell’inclusione scolastica, ma sfortunatamente la realtà è ben altra, come d’altronde confermato dal medesimo rapporto dell’ISTAT. Quest’ultimo, infatti, sottolinea un dato preoccupante: un terzo degli insegnanti di sostegno non ha formazione specifica e il 12% viene assegnato in ritardo.
La scarsa preparazione e l’inadeguata formazione sulle singole disabilità dei docenti per il sostegno è dovuta al fatto che, dopo la chiusura nel 1986 dei corsi “monovalenti” di specializzazione sulla sordità, sulla cecità e sulle disabilità psicofisiche e l’introduzione di quelli “polivalenti”, l’offerta formativa degli aspiranti insegnanti specializzati è divenuta sempre più “general-generalista”, perdendo di vista i bisogni educativi specifici degli alunni/studenti con disabilità. Da questo punto di vista, a mio avviso, occorrerebbe che gli attuali TFA (Tirocini Formativi Attivi) prevedessero semestri formativi appositamente “dedicati” alle disabilità sensoriali, a quelle intellettive e del neurosviluppo.
Per quanto poi riguarda le assegnazioni in ritardo, si ricordino a tal in proposito le diverse e cicliche Note Ministeriali susseguitesi nel corso di questi ultimi anni, all’inizio di ciascun anno scolastico, in base alle quali, «in caso di esaurimento degli elenchi degli insegnanti di sostegno compresi nelle graduatorie ad esaurimento, i posti eventualmente residuati possono essere assegnati dai dirigenti scolastici delle scuole in cui esistono le disponibilità, utilizzando gli elenchi tratti dalle graduatorie di circolo e d’istituto, di prima, seconda e terza fascia».
Ma c’è di più! Migliaia di cattedre di sostegno, infatti, esaurite le graduatorie dei docenti specializzati, vengono affidate annualmente, anche nei mesi di ottobre e novembre, a docenti senza alcun tipo di specializzazione e persino attingendo alle cosiddette MAD (Messe a Disposizione), costringendo in tal modo le famiglie di persone con disabilità a ricorrere sempre più spesso ai giudici, per dare un’istruzione adeguata ai loro figli (il 9% dei genitori degli allievi con disabilità della scuola primaria e il 5% di quelli della scuola secondaria di primo grado).
I dati prodotti dall’ISTAT evidenziano altresì una forte discontinuità nella didattica: il 60% degli alunni con disabilità, infatti, cambia insegnante di sostegno annualmente e il 9% durante lo stesso anno scolastico. A questo punto verrebbe da dire: ahimè, niente di nuovo sotto il sole! Eppure, basterebbe poco per ovviare nell’immediato al problema. Innanzitutto bisognerebbe applicare subito quanto stabilito dall’articolo 14 del Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione, confermando, su richiesta della famiglia dello studente con disabilità, anche per l’anno successivo, il medesimo supplente di sostegno. Ed allora ben venga la volontà espressa recentemente dal Ministero dell’Istruzione e del Merito di modificare il Regolamento delle Supplenze, in modo da consentire la conferma dei docenti precari sui posti ricoperti per tutta la durata del ciclo scolastico frequentato dai loro studenti con disabilità. Tuttavia, in siffatto modo, augurandoci ovviamente che tali modifiche vengano effettivamente apportate dal Dicastero di Viale Trastevere, si potrebbe parlare solo di “parziale” continuità didattica, in quanto tali correzioni al Regolamento per le Supplenze riguarderebbero esclusivamente i docenti supplenti, senza prevedere, com’è invece auspicabile, l’obbligo degli insegnanti specializzati di ruolo di seguire l’alunno per l’intero segmento d’istruzione da lui frequentato.
Proseguendo poi la lettura del rapporto prodotto dall’ISTAT, emerge che la disabilità più comune è quella intellettiva, che colpisce il 37% degli alunni con disabilità, con un aumento nelle scuole secondarie. Vengono dopo i disturbi dello sviluppo psicologico (32%) e quelli specifici dell’apprendimento e dell’attenzione (circa il 20% ciascuno). Meno presenti nelle scuole gli alunni/studenti con disabilità motorie e con quelle visive o uditive.
Desta inoltre molta preoccupazione il dato secondo cui il 39% degli alunni con disabilità presenta più di una tipologia di disabilità, con una preponderanza tra i discenti con disabilità intellettiva.
Un ulteriore elemento, infine, che deve far riflettere non poco soprattutto il Ministero, in vista dell’ormai improcrastinabile emanazione dei Decreti Applicativi del citato Decreto Legislativo 66/17, è che circa un terzo degli allievi con disabilità risulta avere problemi di autonomia, con gravi difficoltà nella comunicazione e nelle attività quotidiane. Al riguardo, chi scrive non smetterà mai di sottolineare che, per garantire un proficuo ed effettivo processo d’inclusione scolastica, occorre insistere con forza sulla necessità di un sostegno garantito dal contesto e non soltanto dal docente specializzato, attuando finalmente quanto stabilito dall’articolo 13 della Legge 104/92 e dall’articolo 3 del Decreto 66/17 e cioè il non più prorogabile riconoscimento giuridico dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione per gli alunni con sordità e disabilità intellettiva e del tiflologo per gli studenti non vedenti ed ipovedenti.