Partendo dai dati contenuti nel rapporto ISTAT denominato L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità anno 2022-2023 (pubblicato lo scorso 2 febbraio e disponibile, assieme alle relative tavole, a questo link [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.]), proponiamo una riflessione sugli aspetti positivi e quelli negativi del rilevante aumento della popolazione di studenti con disabilità in generale, e uno specifico approfondimento sugli alunni e le alunne con autismo.
Il rapporto si basa sull’indagine campionaria svoltasi nell’anno scolastico 2022-2023. Nella fase di rilevazione si sono verificate 2.033 perdite di scuole campione sulle 5.993 previste, mentre le 3.960 rimanenti hanno aderito, portando a 16.830 il totale degli alunni e delle alunne inseriti nel campione.
La numerosità raggiunta è molto elevata e consente di presentare anche risultati affidabili a livello di singole Regioni. Per altri dati, invece, la dimensione del campione obbliga a raggruppare le Regioni per ripartizione geografica vasta (Nord, Centro e Mezzogiorno).
Fra questi dati ci sono quelli che riguardano la disabilità per tipologia, distinta per ogni ordine scolastico. Questa distinzione è necessaria per interpretare gli aumenti degli alunni con disabilità, separando gli aspetti positivi da quelli negativi del fenomeno, in sé veramente impressionante: in Italia si stima una fortissima crescita (+7% rispetto all’anno precedente), che arriva a 338.000 alunni e alunne con disabilità nell’anno scolastico 2022-2023, raggiungendo il 4,1% degli alunni di tutti gli ordini e gradi!
Le tipologie di disabilità sono molte di più, perché il 39% di questi alunni presenta più di un tipo di disabilità, fenomeno che tocca il 54% dei casi nella disabilità intellettiva.
L’aumento avvenuto nella scuola secondaria di secondo grado, 3,3% rispetto a 3,1% nell’anno precedente, può essere interpretato come segnale positivo, perché significa soprattutto un minore abbandono scolastico di questi alunni.
L’aumento rilevante avvenuto nella scuola dell’infanzia, 2,9% rispetto a 2,5% nell’anno precedente, può essere invece interpretato come segnale eminentemente negativo, perché significa un aumento della frequenza della disabilità di questi piccoli alunni. Tuttavia non si deve dimenticare che i progressi compiuti nella precocità delle diagnosi vanno ad aumentarne la numerosità, anche a parità di frequenza reale della disabilità. La prognosi può migliorare, perché spesso la precocità della diagnosi permette all’intervento psicoeducativo di essere più efficace, data la maggiore plasticità del cervello, ma raramente sparisce la necessità di sostegno.
L’aumento avvenuto nella scuola primaria, 5,1% rispetto a 4,8% nell’anno precedente, è l’indicatore più importante e deve essere interpretato come segnale fortemente negativo. In questa fascia di età le disabilità vengono riconosciute quasi tutte e non si presenta ancora il fenomeno dell’abbandono scolastico, anche perché la scuola primaria italiana è abbastanza inclusiva (fonte: Tavola 1 del rapporto ISTAT).
Si noti che negli anni passati la scuola secondaria di primo grado aveva sempre presentato un forte divario con i numeri della scuola primaria: nell’anno 2014-2015 la primaria era a 3,0%, mentre la scuola secondaria di primo grado era a 3,8%. Soltanto nell’anno 2021-2022 era avvenuto un lieve superamento della primaria: 4,8% della primaria contro 4,7% della secondaria di primo grado. Questo superamento si conferma nell’ultimo anno con 5,1% nella primaria contro 5;0% nella secondaria di primo grado.
Per questi motivi si ritiene che l’indicatore di prevalenza della disabilità nelle fasce di età della scuola primaria sia quello maggiormente indicativo dell’aumento della disabilità nella scuola italiana; lo è anche nell’intera fascia di età della popolazione corrispondente, dando per scontato che l’obbligo scolastico venga quasi sempre rispettato.
Veniamo ora a considerare nello specifico l’aumento dei casi di autismo.
Molte indagini epidemiologiche, come quella dei CDC di Atlanta (Centers for Disease Control and Prevention) sullo spettro autistico, scelgono l’età degli 8 anni per conoscere la diffusione della numerosissima disabilità mentale infantile e in particolare di quella autistica, che ha contribuito più delle altre all’aumento dei casi (se ne legga già anche su queste pagine il 27 marzo 2023).
Il nuovo rapporto dell’ISTAT consente di aggiornare alcune nostre passate considerazioni su questi temi, espresse nei seguenti contributi: Autismo, criteri diagnostici e prevalenza: una riflessione critica (in «QI – Questioni e Idee in psicologia», magazine online di Hogrefe Editore, n. 77 del maggio 2020), e Riflessioni sul nuovo Rapporto ISTAT dedicato agli alunni con disabilità (pubblicato su queste pagine il 17 gennaio 2022).
In particolare, nella Tavola 13 allegata all’ultimo rapporto dell’ISTAT preso in esame, sono riportati i dati sui diversi tipi di disabilità registrati, in base all’ICD-10 CM (Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie e dei Problemi Sanitari Correlati) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il numero delle disabilità è maggiore di quello degli alunni, poiché su di un solo alunno si possono concentrare molti tipi di disabilità.
La disabilità autistica nell’ICD 10 CM viene chiamata “Disturbo evolutivo globale dello sviluppo psicologico”. L’ISTAT utilizza il contenuto di questa lunga denominazione scrivendo soltanto “sviluppo” aggiungendo questa nota: «Il disturbo generalizzato dello sviluppo è caratterizzato da una compromissione grave e generalizzata in diverse aree dello sviluppo: capacità di interazione sociale reciproca, capacità di comunicazione, o presenza di comportamenti, interessi e attività stereotipate. Della categoria fanno parte: disturbo autistico; disturbo di Rett; disturbo disintegrativo della fanciullezza; disturbo di Asperger; disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato (compreso l’autismo atipico)». Si può considerare che “sviluppo” si avvicini alla definizione dei “Disturbi dello spettro autistico” di cui al DSM-5 americano (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).
Dunque, stando alla Tavola 13 del rapporto dell’ISTAT, la disabilità autistica riguarda 107.000 alunni, il 32% del totale degli alunni considerati nel rapporto, ed è quella che ha avuto la maggiore crescita rispetto al valore di 43.000 dell’anno 2017-2018, numero che però riguardava soltanto le scuole primarie e secondarie di primo grado.
Per gli esperti sarebbe necessario conoscere quanti dei circa 5.000 casi presenti nel campione presentano la sindrome di Asperger, per poter stimare nella serie storica quanta parte di tale aumento sia dovuto alle diagnosi più accurate e quindi via via più numerose di questa sindrome, un tempo non lontano ben poco conosciuta dai neuropsichiatri infantili.
Il rapporto è ricco poi di considerazioni sulla qualità degli insegnanti di sostegno, la cui quantità è cresciuta più del numero di tutti i 338.000 alunni e, se fossero qualificati, basterebbero per offrire tutte le ore necessarie persino per l’intervento precoce intensivo di 25 ore settimanali in rapporto 1:1 di cui alla Linea Guida n. 21 sui bambini e adolescenti con autismo del 2011. Il rapporto infatti calcola: «Il numero medio di ore settimanali di sostegno fruite da ciascun alunno ammonta a 15,3: il confronto tra gli ordini scolastici mette in evidenza una maggiore dotazione nella scuola dell’infanzia (20,2 ore), seguita dalla primaria (16,7) e dalla secondaria di secondo grado (13,4)», e ancora sugli AEC (assistenti all’autonomia e alla comunicazione): «Gli alunni dispongono mediamente di 9,4 ore settimanali con un assistente all’autonomia e alla comunicazione».
Su questo argomento abbiamo già scritto tanto anche all’inizio di questo anno scolastico, avanzando quattro proposte fattibili e sostenibili economicamente dal bilancio pubblico, di cui si può leggere su queste stesse pagine al contributo intiolato Scuola sempre impreparata ad accogliere alunni e alunne con autismo.
Ringraziamo Simona Lancioni per la collaborazione.