Tramite la Deliberazione di Giunta Regionale del Lazio n. 983 del 28 dicembre 2023, si è deciso di trasferire 89 persone con disabilità intellettiva complessa, già residenti in gruppi appartamento o frequentanti centri diurni, in strutture sanitarie, di fatto delle RSA (Residenze Sanitarie Assistite), entro il mese di giugno.
Ancora una volta, dunque, l’unica risposta possibile che le Istituzioni riescono ad offrire alle persone che hanno bisogni complessi è quella di confinarle in strutture medicalizzanti. Ad ormai 15 anni dalla ratifica con la Legge 18/09 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, che riconosce il loro diritto a vivere nella società con la stessa libertà di scelta di tutte le altre, il modello che trova applicazione ancora oggi è quello che considera le persone con disabilità come pazienti, bisognose di cura e assistenza medica, e non come cittadini con pari diritti.
Il Sistema degli interventi e dei Servizi di assistenza alla persona sembrerebbe negli ultimi anni aver fatto passi in avanti nella Regione Lazio, con l’approvazione delle Leggi Regionali 11/16 e 10/22, con la previsione, la sperimentazione e in parte l’adozione di istituti come il “budget di salute” e il progetto personalizzato, e altre forme innovative che mirano a garantire un approccio integrato in grado di affrontare i diversi aspetti della vita quotidiana. Questo almeno sulla carta. Si avverte fortemente la mancanza di una visione della persona con disabilità nella sua interezza, con le sue necessità di supporto e sostegno e soprattutto i suoi desiderata.
La questione non può ridursi in termini meramente economici: chi paga cosa, in questo modo si perde il principio della “persona al centro”. Le condizioni e il rischio di isolamento, confinamento e segregazione delle persone con disabilità, costrette a vivere all’interno di mura “ospedaliere” e spesso senza nessun contatto con il territorio, lesiva della dignità umana, obbligano a riflettere sugli attuali modelli di accoglienza e residenzialità, per ripensarli in un’ottica di graduale trasformazione degli interventi, più umana e meno istituzionalizzante.
Serve una reale integrazione di diverse tipologie di servizi che favoriscano l’inclusione secondo le personali possibilità di ognuno, ma anche moltiplicare i luoghi dell’abilitazione nella quotidianità, perché ormai tutte le esperienze sul tema insegnano che la più autentica abilitazione della persona avviene in ogni momento della sua vita.
Prima di tutto è indispensabile un coraggio politico che abbia la capacità di mettere in discussione l’esistente.
Per questo, come FISH Lazio (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), chiediamo un confronto urgente con il presidente della Regione Francesco Rocca al fine di avviare un percorso di rivisitazione degli attuali modelli di intervento per l’accoglienza delle persone con disabilità, reindirizzando le risorse dall’istituzionalizzazione alla domiciliarità e ai servizi radicati nella comunità.