In queste ultime settimane si è discusso – a mio parere anche troppo – sulla validità di alcune considerazioni e osservazioni espresse in merito a un possibile “ritorno” a quelle che un tempo erano chiamate classi “differenziate”. Adesso però sono stanca di ascoltare gli altri! Voglio parlare io, Scuola, la diretta interessata.
È vero in passato sono stata per così dire “speciale”, pensata per “rinchiudere in una riserva” bambini e ragazzi con disabilità. E che cosa ho fatto? O meglio, cosa accadeva al mio interno? Sicuramente mi avvalevo dell’aiuto di insegnanti dotati “di buona volontà”, che avevano quindi tanta pazienza nel mettersi in relazione con gli alunni con disabilità.
Ma poi col tempo e il susseguirsi di paradigmi, leggi, e chi più ne ha più ne metta, sono giustamente scomparsa, o meglio ho avuto la possibilità di rinnovarmi, aprendomi a nuovi orizzonti.
Ha fatto capolino un pensiero nuovo che inseriva bambini e ragazzi con disabilità nelle classi con studenti senza disabilità.
Era ancora un po’ lontano in quegli anni – Settanta/Ottanta – il concetto di inclusione, ma la strada imboccata era quella giusta… Finché poi si è affermata l’idea di inclusione.
E a tal proposito, ho tanto da dire perché non bisogna dimenticare come questo sia un “processo” sempre in divenire, e non un evento con un inizio e una fine.
L’inclusione nasce dall’incontro e dalla relazione che mette tutti e tutte nell’ottica di ripensarsi e riorganizzarsi quando si accoglie l’altro.
Per questo motivo, io, Scuola, sono il luogo più adatto a far sì che questo processo possa avviarsi ed evolversi di continuo. In me, infatti, possono coesistere i bisogni, le predisposizioni e le peculiarità di ciascuno/a.
La pedagogista e responsabile della scuola di ABC Italia (Associazione Bambini Cerebrolesi) Francesca Palmas, nell’articolo che potete leggere su queste stesse pagine, spiega perfettamente qual è la mia identità, o meglio il lavoro necessario a mettere in atto delle “buone prassi” di inclusione scolastica: «La didattica diventa speciale, si ri-organizza, si costruisce sulla base dei bisogni e attiva nuove soluzioni, che sono utili anche ad altri alunni che non hanno alcuna disabilità […]».
È fondamentale coinvolgere in questo processo non solo me medesima, ma anche tutti quei “contesti di fiducia” che ruotano attorno agli alunni con disabilità: famiglie, enti locali, servizi sociali, sanitari, territoriali…
A questo riguardo, Palmas afferma: «Il focus, dunque, non è solo sul soggetto/studente, ma è necessario collegare e leggere il suo contesto di vita […]. Quello che è necessario per qualcuno può diventare utile per tutti (Universal Design for Learning) […]. Il lavoro comunitario non ha un destinatario prefissato e non ha lo scopo di risolvere un problema a qualcuno, bensì di eliminare le possibili barriere “prima” che si manifestino come tali, indipendentemente dall’individuo specifico che abita quel contesto; l’inclusione, dunque, riguarda tutti».
Quindi perché tornare a essere speciale, se i bambini e le bambine, ma non solo, possono essere educati all’idea di un ambiente su misura per tutti e tutte?
Per me è proprio questa l’inclusione, che ogni persona acquisisca la consapevolezza che nella vita dobbiamo andare avanti insieme, ponendo l’accento sulla cooperazione.
È proprio questo il ruolo della scuola: accogliere, raccogliere e valorizzare tutte le differenze, che sono tutte “gocce”, e hanno due possibilità.
E sapete quali sono? Una goccia può decidere di rimanere tale, quindi esistere per resistere, oppure decidere di essere acqua e contribuire al mare dell’inclusione.
Questa è la mia sfida come scuola: far diventare una goccia un grande mare!
E voi, care gocce, cosa scegliete di fare? Resistete oppure diventate acqua?
Scrivete a claudio@accaparlante.it oppure sulle mie pagine Facebook e Instagram.
Pensiero Imprudente
Dalla fine del 2022 Claudio Imprudente è divenuto una “firma” costante del nostro giornale, con questa sua rubrica che abbiamo concordato assieme di chiamare Pensiero Imprudente, grazie alla quale sta impreziosendo le nostre pagine, condividendo con Lettori e Lettrici il proprio sguardo sull’attualità.
Persona già assai nota a chi si occupa di disabilità e di tutto quanto ruota attorno a tale tema, Claudio Imprudente è giornalista, scrittore ed educatore, presidente onorario del CDH di Bologna (Centro Documentazione Handicap) e tra i fondatori della Comunità di Famiglie per l’Accoglienza Maranà-tha. All’interno del CDH ha ideato, insieme a un’équipe di educatori e formatori specializzati, il Progetto Calamaio, che da tantissimi anni propone percorsi formativi sulla diversità e l’handicap al mondo della scuola e del lavoro. Attraverso di esso ha realizzato, dal 1986 a oggi, più di diecimila incontri con gli studenti e le studentesse delle scuole italiane. In qualità di formatore, poi, è stato invitato a numerosi convegni e ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche.
Già direttore di una testata “storica” come «Hp-Accaparlante», ha pubblicato libri per adulti e ragazzi, dalle fiabe ai saggi, tra cui Una vita imprudente. Percorsi di un diversabile in un contesto di fiducia e il più recente Da geranio a educatore. Frammenti di un percorso possibile, entrambi editi da Erickson. Ha collaborato e collabora con varie riviste e testate, come il «Messaggero di Sant’Antonio», per cui cura da anni la rubrica “DiversaMente”. Il 18 Maggio 2011 è stato insignito della laurea ad honorem dall’Università di Bologna, in Formazione e Cooperazione.
Nella colonnina qui a fianco (Articoli correlati), i contributi che abbiamo finora pubblicato, nell’àmbito di Pensiero Imprudente.