È il frutto di un impegno nato dal basso e di un percorso di un anno e mezzo, l’ambulatorio ginecologico accessibile a donne con disabilità inaugurato nel gennaio scorso a Padova, presso la sede distrettuale dell’AULSS 6 Euganea di via degli Scrovegni. Il primo con queste caratteristiche del Veneto, per quel che ci risulta [di tale iniziativa si legga già sulle nostre pagine a questo link, N.d.R.].
Tutto è iniziato dal desiderio di due amiche, una con e l’altra senza disabilità, che a Padova potesse essere avviato un ambulatorio ginecologico accessibile alle donne con disabilità motoria, sensoriale e cognitiva, affinché il diritto alla salute sessuale e riproduttiva fosse garantito a ogni donna, nessuna esclusa.
L’obiettivo era dunque quello di assicurare il diritto alla salute sessuale e riproduttiva a tutte le cittadine, eliminando qualsiasi forma di discriminazione. Tuttavia, la promozione di un servizio di questo genere non può e non dovrebbe dipendere unicamente dalle richieste individuali. Si tratta di un diritto che riguarda una specifica fascia di popolazione che spesso è vittima di discriminazioni multiple.
Per questo motivo si è scelto di collaborare con la Consulta delle Malattie Neuromuscolari del Veneto – composta da diciassette Associazioni –, nelle persone di Emanuela Pozzan e Anna Tono, rispettivamente presidente e vicepresidente della Consulta stessa, e con Silvia Bresin, segretaria dell’AIVIPS (Associazione Italiana Vivere la Paraparesi Spastica), altra componente della Consulta. Il gruppo ha chiesto il sostegno del Comune di Padova – nello specifico dell’assessora con delega al Sociale Margherita Colonnello e del consigliere comunale con delega alla Disabilità Paolo Roberto Sacerdoti – che ha avviato e facilitato una prima interlocuzione con Fabio Verlato, direttore del Distretto Socio-Sanitario Padova Bacchiglione e con Gianfranco Jorizzo, responsabile della Medicina Prenatale dell’AULSS 6 Euganea.
Questo passaggio ha dato l’avvio alla cooperazione tra Comune e AULSS 6, nella persona di Maria Grazia Corti, direttrice dei Servizi Sociosanitari dell’Azienda. Una partnership che concretamente ha portato poi l’Azienda Sanitaria a individuare uno spazio idoneo, nonché il personale attualmente impiegato nell’ambulatorio.
Il servizio, rivolto per ora solo a donne con disabilità motoria, è stato quindi il risultato di una proficua progettazione condivisa tra Amministrazione Comunale, Azienda Sanitaria, donne con disabilità e Associazioni che le rappresentano, nonché private cittadine che hanno sposato il progetto. Possono accedervi prioritariamente, previa impegnativa, tutte le residenti dell’AULSS 6 e anche residenti di altre AULSS, nel caso rimangano liberi i posti destinati alle residenti.
Particolarmente soddisfatta l’assessora Colonnello: «L’ambulatorio esprime sia una progettazione inclusiva che un approccio sistemico di accessibilità – ha dichiarato – e consente a molte donne con disabilità di accedere ai servizi sanitari di prevenzione ginecologica, un risultato che migliora la qualità della vita delle donne e delle ragazze con disabilità».
Raggiungibile grazie a un ascensore esterno e dotato anche di comando vocale, oltre che della tradizionale pulsantiera, l’ambulatorio si trova al primo piano del complesso di Via degli Scrovegni (Stanza n. 9). È abbastanza spazioso da consentire un’ampia libertà di movimento a chi si sposta in sedia a rotelle, dotato di un lettino elettrico e a breve anche di un sollevatore. Le prestazioni garantite includono la prima visita ginecologica e i controlli successivi, il pap test e l’ecografia transvaginale.
Le visite vengono effettuate previo appuntamento (da richiedere a ginecologia.scrovegni@aulss6.veneto.it). La richiesta viene presa in carico da un’infermiera che contatterà telefonicamente la paziente per raccogliere le informazioni necessarie a prepararle un’accoglienza personalizzata.
«Sono molto soddisfatta della riuscita di questo progetto. È stato molto gratificante lavorare insieme per uno scopo comune e bisognerebbe incentivare la nascita di sinergie tra Istituzioni e Associazioni», ha commentato Pozzan, che prosegue: «I punti di forza dell’ambulatorio stanno nell’accessibilità che rende chi vi accede autonoma e nel senso di protezione che fornisce un ambiente a misura di donne con disabilità motorie».
Il servizio è per il momento disponibile per due ore al mese (ore 11-13) e il tempo dedicato a ogni visita è di un’ora. Ciò significa che l’ambulatorio potrà accogliere due pazienti con disabilità al mese. Considerato il fatto che si tratta dell’unico ambulatorio accessibile della città, questo potrebbe rivelarsi un aspetto critico. «Ad oggi l’offerta incrocia la domanda senza prolungare i tempi di attesa – assicura Corti –. Vigileremo sull’incremento della domanda e, a quel punto, incrementeremo l’offerta».
Anche sulla possibilità di replicare il servizio in altri Distretti per ora c’è cautela: «Attendiamo di ricevere altri lettini elettrici che abbiamo ordinato ma non ancora ricevuto e verifichiamo di avere in loco un numero adeguato di richieste per giustificare l’apertura di altre ore di ambulatorio o altre sedi di questo ambulatorio», continua Corti.
Che si verifichi un aumento della domanda, ne è convinta Pozzan che a questo proposito sottolinea: «Gli aspetti che andrebbero migliorati riguardano le ore di apertura dell’ambulatorio, che al momento accoglie due pazienti al mese, ma confidiamo che, con l’arrivo delle mail di richiesta di prenotazione, anche i responsabili si rendano conto dell’importanza di soddisfare questo bisogno sommerso».
È invece già stata anticipata l’intenzione, da parte dell’Azienda sanitaria, di ampliare la platea delle pazienti che, nell’idea originaria del gruppo proponente, avrebbe dovuto comprendere anche le donne con disabilità sensoriale e cognitiva. «A breve – spiega infatti Corti – l’ambulatorio di Via Scrovegni entrerà a far parte di un progetto internazionale coordinato dalla Fondazione Hollman che avvierà un progetto di ricognizione e di proposta di adattamento dei percorsi interni per facilitare l’ingresso e la fruizione dei servizi da parte di persone non vedenti».
Un’ulteriore sfida da cogliere sarebbe estendere l’accoglienza anche alle donne sorde e a quelle con disabilità cognitiva.
L’équipe dell’ambulatorio è composta unicamente da personale di sesso femminile: Chiara Pozzan, ginecologa, un’infermiera e un’operatrice socio-sanitaria. «Il personale che viene coinvolto in questa attività – spiega Adelaide Martellato, coordinatrice infermieristica del Poliambulatorio di Via degli Scrovegni – deve avere una buona empatia, capacità relazionale, preparazione specifica nell’àmbito dell’attività ginecologica, deve aver acquisito abilità per la movimentazione delle pazienti».
L’équipe ha partecipato a una formazione sul funzionamento degli ausili presenti nell’ambulatorio e sulle tecniche di movimentazione delle pazienti ed è quindi in grado di accogliere anche le pazienti che raggiungono la struttura in autonomia, senza l’ausilio di un’accompagnatrice o accompagnatore. Ad oggi, invece, non è ancora stato attivato nessun seminario per incrementare lo sviluppo e l’utilizzo di competenze relazionali e comunicative nella presa in carico delle pazienti. «Per ora – specifica Corti – non abbiamo programmato corsi di formazione ad hoc per questa area». E in ogni caso il personale dell’équipe è già dotato di un buon livello di empatia e di ottime capacità relazionali, elementi che appaiono evidenti fin dalle prime interlocuzioni con le sue componenti, rappresentando un importante valore aggiunto che conferisce al servizio un elevato standard di qualità relazionale.
Si tratta infatti di aree di vitale importanza nella presa in carico delle donne con disabilità, ma sono anche aspetti suscettibili di variazioni dovute a fattori individuali e sensibilità personali. Pertanto, al fine di garantire una coerenza nel livello di servizio, sarebbe fondamentale integrare la formazione attuale con corsi specifici che mirino a potenziare tali competenze e ad assicurare un quadro strutturato che può essere ereditato e mantenuto, riducendo la dipendenza esclusiva dalle qualità individuali del personale.
Le donne con disabilità, in quanto soggetti vittime di discriminazione multipla, richiedono un approccio più consapevole. Oltre all’importanza dell’empatia e delle capacità relazionali, diventa quindi cruciale, attraverso un’opportuna formazione, riconoscere gli stereotipi e i pregiudizi che possono influenzare la relazione tra équipe medica e paziente.
È un ottimo risultato, dunque, quello raggiunto a Padova, che incoraggia la Consulta delle Malattie Neuromuscolari del Veneto a immaginare il servizio anche in altri territori della Regione. «Stiamo stimolando altre Regioni – dichiara in tal senso Pozzan – a tentare di replicare il progetto all’interno dei propri territori. In Veneto siamo intenzionati a esportarlo in altre ASL, soprattutto dove ci sono delle referenti e con tempistiche che rispettino i propri impegni istituzionali e successive ai primi feedback che giungeranno fra qualche mese».
L’auspicio, in conclusione, è quello di continuare a promuovere una cultura che garantisca il diritto alla salute per tutte e tutti, affinché buone prassi come quella appena descritta si diffondano capillarmente nell’intero territorio nazionale.
Ringraziamo Simona Lancioni per la collaborazione.