Le mappe tattili all’interno della Metropolitana di Roma e i percorsi per raggiungerle rappresentano una risorsa importante per aiutare le persone cieche a orientarsi e muoversi. D’altra parte soluzioni del genere sono sempre più diffuse nei luoghi aperti al pubblico, esempi di come un’attenta progettazione ambientale possa considerare in modo efficace anche le specifiche necessità delle persone cieche.
In alcuni punti della stessa metropolitana, sopra le mappe, sono presenti anche cartelli che indicano i percorsi per raggiungere le uscite di emergenza, quelli con l’omino bianco che corre nella direzione indicata da una freccia. Li conosciamo bene, visto che ci accompagnano nei luoghi quotidiani, dal lavoro al supermercato, dalla scuola alla stazione degli autobus o al cinema, solo per fare alcuni esempi. Siamo anche consapevoli che in caso di emergenza saranno loro a guidarci verso l’uscita più vicina, salvandoci così la vita.
Così è stato inevitabile mettere a confronto questi due indicatori, la mappa tattile e la cartellonistica di sicurezza, considerando le rispettive funzioni, ma nel contempo hanno indotto anche una riflessione: come fa una persona cieca a “vedere” i cartelli verdi e conseguentemente a trovare i percorsi giusti per uscire durante un’emergenza?
E ancora: perché tali indicazioni non sono presenti sulla mappa tattile, visto che rappresenta il principale strumento di orientamento per una persona con quel tipo di disabilità?
Non sembra un problema irrisolvibile, basterebbe solo un po’ di buon senso e competenza per affrontarlo, ma poi mi sovviene che i percorsi tattili sono messi a punto da chi progetta l’accessibilità, mentre alla sicurezza ci pensa un altro progettista e con altre competenze. Il primo forse non pensa alla sicurezza e il secondo, sempre forse, non considera l’accessibilità, ma quel che più conta è che spesso i due non dialogano tra loro.
Allora mi è tornato in mente un caso recentemente affrontato nel mio ruolo istituzionale: il progetto di una biblioteca nell’àmbito di un edificio storico. Mentre discutevo con il progettista in merito al sistema di esodo e alle modalità per segnalarlo, viene fuori anche un progetto relativo al sistema di orientamento per le persone con disabilità visiva che ai miei occhi evidenziava una sorta di conflitto con le indicazioni sui percorsi per raggiungere le uscite di sicurezza e gli spazi calmi.
Ma cosa c’era di strano in questo, vi chiederete, visto che i percorsi si riferivano a funzioni diverse: la prima per le condizioni ordinarie (ogni giorno), la seconda solo in caso d’incendio; una da risolvere con segnaletica appositamente progettata, l’altra con i soliti cartelli verdi. Il problema è che gli studi condotti nel campo della psicologia dell’emergenza hanno messo in evidenza che le persone si muovono seguendo percorsi conosciuti, ovvero quelli costruiti attraverso la frequentazione dei luoghi e l’utilizzo di altri indicatori che permettano loro di costruire delle mappe mentali dei luoghi stessi. In emergenza, invece, i percorsi potrebbero essere diversi da quelli ordinari e per questo meno conosciuti, rendendo così più difficile raggiungere un luogo sicuro. In quel caso il progettista ha saputo tener conto di quanto emerso nella discussione e dopo essersi messo in relazione con il progettista dell’accessibilità è riuscito anche a portare a casa un buon risultato, facendo convivere accessibilità e sicurezza.
Non mi sembra sia così difficile parlarsi e tracciare un percorso che vada nella stessa direzione, ce lo chiede la definizione stessa di accessibilità proposta dal Decreto Ministeriale 236/89: «Per accessibilità si intende la possibilità, anche per persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale, di raggiungere l’edificio e le sue singole unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di fruirne spazi e attrezzature in condizioni di adeguata sicurezza e autonomia». Sorprende come a distanza di anni questa visione innovativa di un percorso progettuale inclusivo manchi ancora da realizzarsi pienamente.
Mentre scrivevo questo contributo ho saputo della scomparsa di Antonio Giuseppe Malafarina, uno dei promotori di questa rubrica sui temi della sicurezza e dell’emergenza. Nel confronto tra noi c’era sempre questa necessità di cercare un linguaggio comune, e per questo universale. Allo stesso modo avevamo entrambi la necessità di parlare di accessibilità in un pensiero inclusivo, senza frammentare questo significato in un rivolo di significati.
Mi mancherà questo confronto vivo, caro Antonio, ma porterò con me tutti i sorrisi che mi hai lasciato.
stefano.zanut@gmail.com.
Sicurezza per tutti, anche in emergenza
Con il presente contributo prosegue il proprio percorso la rubrica di «Superando.it» denominata Sicurezza per tutti, anche in emergenza, voluta per affrontare i temi della sicurezza e della gestione dell’emergenza dal punto di vista dell’inclusione e curata da Stefano Zanut, “firma” già ben nota ai nostri Lettori e Lettrici.
L’obiettivo non è solo quello di proporre un’informazione generale su questi temi, ma anche di far conoscere e condividere esperienze condotte in questo campo per rilanciarle, affinché possano diffondersi e affermare una cultura su questi temi che sappia diventare patrimonio comune.
Stefano Zanut è architetto e direttore vicedirigente dei Vigili del Fuoco del Comando di Pordenone, nonché membro dell’Osservatorio sulla Sicurezza e il Soccorso delle Persone con Esigenze Speciali attivato proprio dai Vigili del Fuoco. Ha al proprio attivo una lunga esperienza in questo campo, che ha condiviso curando numerose pubblicazioni e partecipando a iniziative di vario tipo, tra cui l’attività nell’àmbito di CERPA Italia (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità) e del CTS del CRIBA Friuli Venezia Giulia (Centro Regionale di Informazione sulle Barriere Architettoniche) del Friuli Venezia Giulia.
Certi che con i suoi contributi sta riuscendo a stimolare l’attenzione su questi argomenti, invitiamo tutti e tutte a dare il proprio contributo in merito, anche scrivendo alla nostra redazione (info@superando.it), «per costruire assieme una società più sicura nel senso inclusivo del termine».
Nella colonnina qui a fianco (Articoli correlati), i contributi finora pubblicati nell’àmbito di Sicurezza per tutti, anche in emergenza.
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