Nella seduta della Giunta Regionale Toscana del 12 febbraio scorso, l’assessora regionale alle Politiche Sociali Serena Spinelli ha presentato una Proposta di Legge Regionale avente ad oggetto le Disposizioni per la promozione ed il riconoscimento della figura del caregiver familiare.
Il testo (corredato di diversi allegati di cui si segnala il link nel box in calce) è stato approvato dalla Giunta, ed ora è stato trasmesso al Consiglio Regionale per l’esame da parte della Terza Commissione Sanità e Politiche Sociali e per la successiva discussione e approvazione in Aula. Non si sta dunque parlando di una Legge, ma, appunto, di una Proposta.
Prima di entrare nel merito, desideriamo esprimere apprezzamento per la scelta della Regione Toscana di intervenire su questa materia, giacché molti caregiver familiari – in larga maggioranza donne – operano in condizioni drammatiche e sono esposti ad una sistematica violazione dei propri diritti umani a causa della mancanza di riconoscimento del loro lavoro di cura e del loro ruolo. Specifichiamo inoltre, per onestà intellettuale, che chi scrive ha svolto il ruolo di caregiver per quindici anni.
Il testo si compone di otto articoli. Vediamone i principali contenuti.
Attraverso questa Proposta, la Regione Toscana «valorizza il caregiver familiare […] e ne riconosce il ruolo di componente informale della rete di assistenza alla persona e di figura cardine del sistema integrato dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari», si legge nell’articolo 1 (Finalità) (grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni).
Per la definizione di caregiver si fa riferimento a quella contenuta nell’articolo 1, comma 255 della Legge 205/17 («Si definisce caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18»). Una definizione che tuttavia ha il difetto di tutelare solo i familiari/affini, limitando così il diritto della persona con disabilità di scegliere di farsi assistere da soggetti della cerchia affettiva o amicale nel caso in cui non avesse parenti, o preferisse altri soggetti a questi ultimi.
L’articolo 2 definisce il Ruolo del caregiver familiare. È specificato che egli «opera in modo volontario, gratuito e responsabile» nell’àmbito del Progetto di Assistenza Individualizzato (PAI) (come definito dall’articolo 12 della Legge Regionale Toscana 66/08) o del progetto di vita, nel caso di persona con disabilità, in coerenza con il percorso assistenziale personalizzato della persona stessa.
Inoltre «il caregiver familiare è coinvolto dai competenti servizi sociali, socio-sanitari e sanitari, come parte integrante, nelle attività relative alla valutazione multidimensionale della persona con disabilità e non autosufficiente, con particolare riferimento alla definizione del PAI o del progetto di vita, nel caso di persona con disabilità».
I compiti del caregiver sono indicati nel Preambolo in questo modo: «Assiste e si prende cura della persona con disabilità e non autosufficiente, in modo continuativo, garantendole la permanenza al domicilio e il mantenimento delle relazioni affettive»; e «aiuta la persona assistita nel disbrigo delle pratiche amministrative, rapportandosi ed integrandosi con gli operatori del sistema dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari professionali».
A parere di chi scrive è quanto meno arbitrario stabilire che il caregiver debba fornire la garanzia della permanenza al domicilio della persona con disabilità, semmai la favorisce. Dovrebbero essere i servizi a garantire i supporti perché la permanenza a domicilio possa essere possibile quando appropriata.
L’articolo 3 stabilisce che «i servizi sociali, socio-sanitari e sanitari riconoscono il caregiver familiare come un elemento della rete del welfare locale e gli assicurano il supporto e l’affiancamento necessari a sostenerne la qualità dell’opera di assistenza prestata».
Gli stessi servizi, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, e previo consenso della persona assistita, forniscono allo stesso caregiver «un’informazione puntuale ed esauriente sulle problematiche della persona assistita, sui bisogni assistenziali e le cure necessarie, sui criteri di accesso alle prestazioni sociali, socio-sanitarie e sanitarie, nonché sulle diverse opportunità e risorse operanti sul territorio che possono essere di sostegno all’assistenza e alla cura».
È prevista anche la promozione di iniziative e l’individuazione di strumenti di sensibilizzazione, informazione ed orientamento finalizzati a sostenere il ruolo del caregiver familiare.
Il caregiver, di propria iniziativa o su proposta dei citati servizi, esprime in modo libero e consapevole la disponibilità a svolgere la propria attività volontaria di assistenza e cura, nell’àmbito del PAI o del progetto di vita, «anche avvalendosi di supporti formativi e di forme di integrazione con i servizi sociali, socio-sanitari e sanitari». Tale impegno può essere rivisto.
Nel PAI o nel progetto di vita, oltre al contributo di cura e le attività del caregiver, vanno esplicitate anche le «le prestazioni, gli ausili, i contributi necessari ed i supporti che i servizi sociali e sanitari si impegnano a fornire, al fine di permettere al caregiver familiare di affrontare al meglio possibili difficoltà od urgenze e di svolgere le normali attività di assistenza e di cura in maniera appropriata e senza rischi per l’assistito e per sé medesimo». Qui si parla di “contributi necessari e supporti” (chi stabilisce che sono necessari?) ma non, ad esempio, di “interventi di sostegno e sollievo, di emergenza o programmati”, la qual cosa, unita al fatto che tali attività non sono finanziate con specifiche risorse, fa pensare che questi ultimi non siano previsti.
L’articolo 4 individua i componenti della rete di sostegno al caregiver familiare: il sistema integrato dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari, nonché il volontariato e la rete di solidarietà e prossimità. Questi ultimi sono considerati come un’ulteriore risorsa da attivare, eventualmente, per «contrastare i rischi di isolamento del caregiver familiare».
L’articolo 5 riguarda il Centro di Ascolto Regionale, servizio già attivo da qualche anno, che fornisce al caregiver informazioni e orientamento riguardanti gli interventi, i servizi e le opportunità del territorio di riferimento, e supporto psicologico.
Nei casi più complessi il Centro di ascolto informa e orienta il caregiver familiare verso l’associazionismo e le reti solidali del territorio. Per il solo finanziamento del Centro è previsto una copertura di 225.000 euro per il triennio 2024-2026 (articolo 8), mentre non è previsto alcun finanziamento specifico delle altre attività.
L’articolo 6 disciplina gli interventi di promozione a favore del caregiver familiare: interventi divulgativi rivolti alla popolazione; iniziative di informazione, valorizzazione e programmi di aggiornamento sul ruolo del caregiver rivolte agli operatori del sistema dei servizi; la possibilità di favorire accordi con le rappresentanze delle compagnie assicurative che prevedano premi agevolati per le polizze eventualmente stipulate dal caregiver familiare; la possibilità promuovere intese ed accordi con le associazioni datoriali, tesi ad una maggiore flessibilità oraria che permetta di conciliare la vita lavorativa con le esigenze di cura.
Se approvata, la Proposta di Legge verrà sottoposta a un monitoraggio dei risultati finalizzato alla sua valutazione (articolo 7).
La Proposta di Legge appare nel complesso debole perché l’unico servizio finanziato è il già esistente Centro di Ascolto Regionale che, oltretutto, orienta i casi più complessi, non ai servizi, bensì all’associazionismo. Nella relazione tecnico-finanziaria (Allegato E) è riportato che nel biennio 2022-2023 il Centro ha gestito 399 pratiche (200 l’anno). Numeri abbastanza contenuti se rapportati alla platea dei possibili beneficiari.
Non sembra che nella stesura della Proposta di Legge siano state prese in considerazione le discipline di questa materia già adottate da altre Regioni, e quelle in fase di definizione a livello nazionale.
Tra le Leggi Regionali più recenti la 8/23 del Friuli Venezia Giulia, ad esempio, riconosce esplicitamente tra i caregiver anche le persone non conviventi (un esempio può chiarire la portata di questa indicazione: un fratello o una sorella che si prendono cura del proprio congiunto con disabilità, dedicando a questo compito molte ore di cura e attività, non dovrebbero essere costretti a lasciare la propria casa e/o la propria “nuova” famiglia per vedersi riconosciuti/e nel ruolo di caregiver), e quelle con cui la persona con disabilità abbia una comprovata relazione affettiva o amicale stabile; è specificato che l’attività di cura può essere svolta da un caregiver anche a favore di più assistiti; sono previsti, tra gli altri, interventi di sostegno e sollievo, di emergenza o programmati, nelle situazioni di bisogno segnalate; supporto di gruppi di auto mutuo aiuto a integrazione dei servizi garantiti dalle reti di sostegno istituzionali; formazione e riconoscimento delle competenze maturate dal caregiver familiare; iniziative in favore di studenti caregiver familiari.
Anche l’articolo 39 (Caregiver familiari) dell’Atto del Governo n. 121, contenente lo Schema di Decreto Legislativo in attuazione della Legge Delega 33/23 (Deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane, meglio nota come “Legge Delega sulla non autosufficienza”), sembra avere tutt’altra impostazione. Infatti è indicato che, ad esempio, «le Regioni programmano e individuano le modalità di riordino e unificazione, le attività e i compiti svolti dalle unità di valutazione multidimensionali unificate operanti per l’individuazione delle misure di sostegno e di sollievo ai caregiver familiari». Si parla anche di definire i sostegni necessari per il caregiver tenendo «conto dell’esito della valutazione dello stress e degli specifici bisogni», e di valorizzare «l’esperienza e le competenze maturate dal caregiver familiare nell’attività di assistenza e cura, al fine di favorire l’accesso o il reinserimento lavorativo dello stesso al termine di tale attività».
Pertanto auspichiamo che, poiché la Proposta di Legge non è stata ancora approvata, il testo in questione venga modificato in considerazione degli orientamenti regionali e nazionali a cui abbiamo accennato.
Nota:
La pubblicazione del presente testo è stata segnalata alla Segreteria dell’assessora regionale alle Politiche Sociali Serena Spinelli e ben volentieri chi scrive rimane a diposizione, per ospitare eventuali repliche, qualora Spinelli ritenesse di voler rispondere alle argomentazioni qui esposte.
Ringraziamo Loredana Ligabue per la collaborazione.
Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente approfondimento è già apparso. Viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione.
Documentazione di riferimento:
Toscana. Giunta Regionale, Verbale della seduta del 12 febbraio 2024, avente ad oggetto la presentazione della Proposta di Legge regionale Disposizioni per la promozione ed il riconoscimento della figura del caregiver familiare, corredato dei seguenti allegati: Allegato A (testo della Proposta di Legge), Allegato B (relazione illustrativa), Allegato C (relazione tecnico-normativa), Allegato D (scheda aiuti di Stato) e Allegato E (relazione tecnico-finanziaria). Il testo è stato trasmesso al Consiglio Regionale per l’esame da parte della Terza Commissione Sanità e Politiche Sociali e per la successiva discussione e approvazione in Aula.
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