Assistenti all’autonomia e alla comunicazione: prima di tutto la qualità

«È prioritario evidenziare – scrivono dalla Consulta Inclusione Scolastica dell’ANFFAS Nazionale, nel presente documento di posizionamento – come il dibattito sulla figura dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione, principalmente incentrato su “statalizzazione sì, statalizzazione no”, rischi di distogliere dall’obiettivo primario, ovvero garantire agli alunni e alle alunne con disabilità di avere al proprio fianco figure adeguatamente formate e in possesso delle adeguate ed elevate competenze, in grado di rispondere ai diversi bisogni, specie laddove si tratta di bisogni complessi»

Assistente all'autonomia e alla comunicazione al lavoro con un bimbo con disabilità

Un’assistente all’autonomia e alla comunicazione al lavoro con un bimbo con disabilità

L’efficacia del percorso scolastico delle persone con disabilità è influenzata, in modo significativo, dalle figure professionali che, a vario titolo, con esse interagiscono nel contesto scolastico stesso. Tra tali figure, specie nelle disabilità complesse che la nostra organizzazione rappresenta [ANFFASAssociazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e del Neurosviluppo, N.d.R.], vi è la figura dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione.
Si ricorda che, nell’attuale sistema, l’alunno/a con disabilità è dell’intera classe e, quindi, è l’insegnante curriculare, in primis, che se ne deve fare carico alla pari degli altri alunni senza disabilità, mentre l’insegnante specializzato sul sostegno ha, appunto, il compito di sostenere l’intera classe promuovendone l’inclusione. Invece, la figura dell’assistente all’autonomia e comunicazione interagisce più direttamente, se non esclusivamente, con l’alunno/a con disabilità per supportarlo nel percorso educativo, didattico, relazionale ecc.

Come detto, tale figura, nelle disabilità a più alta complessità, assume una funzione fondamentale. A tal riguardo, quindi, non può sfuggire alla nostra Associazione il dibattito che si è aperto sul Disegno di Legge n. 236 (sul quale il 26 luglio dello scorso anno, la FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, cui l’ANFFAS aderisce, ha già depositato una memoria consultabile a questo link), che punta ad introdurre il profilo professionale dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione nei ruoli del personale scolastico, nonché sulle osservazioni formulate il 9 novembre 2023 dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. Dibattito che, a nostro avviso, deve tenere conto anche della dimensione numerica di tale figura.
Infatti, in base all’ultimo rapporto dell’ISTAT relativo all’inclusione scolastica degli alunni e delle alunne nell’anno 2022-2023 (consultabile a questo link), si tratta di circa 68.000 assistenti che, tuttavia, non garantiscono ancora l’intero fabbisogno, visto che una parte di alunni/e ne rimane parzialmente o totalmente privo/a, pur essendo tale figura individuata come essenziale all’interno del PEI (Piano Educativo Individualizzato). Si tratta, nel dettaglio, di una percentuale molto elevata, pari al 4,6% degli alunni e che arriva al 5,6% nelle Regioni del Mezzogiorno.
A tutto ciò si aggiunga anche il ritardo con cui tali figure, che devono essere fornite dagli Enti Locali competenti, vengono assegnate alle classi a causa dei cronici ritardi nelle procedure di affidamento del servizio ad enti esterni. Tale situazione si verifica puntualmente ogni anno in numerose Regioni (se ne legga anche, a questo link, in un nostro comunicato stampa sull’avvio dell’anno scolastico 2023-2024).

Il dato “quantitativo” sopra evidenziato merita senz’altro la massima attenzione, ma occorre riflettere, ancor prima, sull’aspetto “qualitativo”. Tale figura, infatti, pur essendo centrale nel percorso scolastico di ciascun alunno con disabilità, alla stregua dei docenti curriculari e di sostegno, del personale ATA [Ausiliario Tecnico Amministrativo, N.d.R.], e di tutti coloro che, a vario titolo, intervengono in tale percorso, non è ancora sufficientemente riconosciuta e valorizzata nel sistema di inclusione scolastica, tanto con riferimento alla formazione e al relativo titolo di studio che in termini di coinvolgimento in applicazione del principio di “corresponsabilità educativa” a cui tutti sono chiamati.
Non di rado, l’assistente all’autonomia e comunicazione viene ritenuto dal resto del contesto scolastico come un “corpo estraneo” e, in taluni casi, neppure ammesso a svolgere le sue funzioni all’interno del contesto classe.
Si ritiene prioritario, quindi, evidenziare come l’attuale dibattito, principalmente incentrato su “statalizzazione sì, statalizzazione no”, rischi di distoglierci tutti dall’obiettivo primario, ovvero garantire agli alunni e alle alunne con disabilità di avere al proprio fianco delle figure, adeguatamente formate e in possesso delle adeguate ed elevate competenze, in grado di rispondere ai diversi bisogni, specie laddove si tratta di bisogni complessi.
Su tale aspetto, infatti, emerge un quadro molto disomogeneo nel panorama nazionale che persiste stante anche la mancanza della specifica Intesa in sede di Conferenza Unificata che, come previsto dall’articolo 3, comma 4 del Decreto Legislativo 66/17, doveva essere sancita entro 180 giorni dalla pubblicazione del Decreto stesso e che avrebbe dovuto individuare i criteri per una progressiva uniformità su tutto il territorio nazionale della definizione dei profili professionali del personale destinato all’assistenza per l’autonomia e per la comunicazione.

Riguardo alla formazione e alla qualifica degli assistenti all’autonomia e comunicazione, come ANFFAS abbiamo sempre ritenuto e continuiamo a ritenere prioritario puntare al completamento della riforma introdotta con il citato Decreto 66/17. Allo stesso tempo, siamo convinti che occorra assicurare che tale figura professionale sia dotata di una formazione specifica, atta garantire un servizio di qualità, auspicando la previsione di un pertinente titolo di studio, ossia della laurea in materie attinenti alla specifica professione.
Tutto ciò prescinde da una decisione che riguardi la possibile statalizzazione di tale figura, tema affrontato con il Disegno di Legge n. 236, che sembra puntare a porre fine alla disomogeneità e alla discontinuità che si riscontra oggi a livello nazionale, con riferimento all’inquadramento contrattuale, stante la previsione dell’inserimento degli assistenti all’autonomia e comunicazione nell’organico del personale scolastico, tema che, come sopra detto, a nostro avviso appare secondario, seppur rilevante, rispetto a quello che riguarda la garanzia del riconoscimento, dell’adeguata formazione e del titolo professionale di tale figura, il tutto avendo quale primario fine la qualità del servizio.
Inoltre, non si può non tenere conto di una adeguata “valutazione di impatto” degli effetti che un simile intervento legislativo avrebbe in termini di effetti sulla finanza pubblica.
Non sono condivisibili, in ogni caso, i requisiti indicati per l’accesso alle procedure concorsuali per la stabilizzazione del personale già in servizio, nella misura in cui è, a tal fine, previsto il solo possesso di un diploma di scuola secondaria di secondo grado (e non, invece, più coerentemente, di una laurea pertinente al ruolo svolto).
Tale aspetto è messo in evidenza anche nelle citate osservazioni della Conferenza Stato Regioni e Province Autonome che afferma infatti che «la previsione del Diploma di Scuola secondaria di secondo Grado quale titolo per l’ammissione al concorso “di stabilizzazione” non sembra adeguato a valorizzare le competenze necessarie a gestire una funzione tanto delicata, come dimostra l’esperienza fin qui realizzata».
Neppure pienamente condivisibile è la prospettiva, per gli assistenti degli alunni con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo, del possesso di uno specifico attestato formativo solo in una delle tecniche cognitivo-comportamentali “ovvero” nella comunicazione aumentativa e alternativa.
Premettendo che le competenze nei due àmbiti non sono sovrapponibili, ma che esse, eventualmente, devono coesistere, si ritiene infatti che la formulazione sia eccessivamente restrittiva e non tenga adeguatamente conto degli altri metodi atti a semplificare e incrementare la comunicazione, come, ad esempio il linguaggio Easy to Read [“facile da leggere”, N.d.R.], anche in virtù dell’ampia definizione di “comunicazione” data dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità che, all’articolo 2, definisce quale “Comunicazione” le lingue, la visualizzazioni di testi, il Braille, la comunicazione tattile, la stampa a grandi caratteri, le fonti multimediali accessibili così come scritti, audio, linguaggio semplice, il lettore umano, le modalità, i mezzi e i formati comunicativi alternativi e accrescitivi, comprese le tecnologie accessibili della comunicazione e dell’informazione; come, proprio per le disabilità a più alta complessità, non ci si può limitare solo a pochi e parziali strumenti, dovendosi, invece, disporre di un’ampia gamma di conoscenze, competenze e strumentazioni atte a poter intervenire con efficacia in tali situazioni.
Ulteriori riflessioni merita anche il generico riferimento alle “tecniche cognitivo-comportamentali” che dovrebbe traguardare le migliori tecniche esistenti nel panorama scientifico e, per quanto riguarda gli alunni con disturbi del neurosviluppo e dello spettro autistico, quanto meno fare riferimento alle raccomandazioni dell’Istituto Superiore della Sanità (consultabili a questo link).

Con riferimento, infine, alle osservazioni formulate dalla Conferenza Stato-Regioni e Province Autonome e, in particolare, al richiamo al mancato rispetto del «quadro di competenze delineato dalla normativa vigente, che vede titolari della funzione di assistenza alla disabilità i livelli regionale e comunale», si osserva che, ove tali competenze, nella pratica si traducono nel mancato o parziale godimento di un diritto riconosciuto a livello costituzionale, le Regioni, piuttosto che invocarle, dovrebbero occuparsi di garantirne la piena esigibilità in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale a tutti gli alunni e alunne con disabilità, stigmatizzando le molte differenze territoriali.
Inoltre, suscita parecchie perplessità quanto affermato rispetto alle competenze dei professionisti dell’area sanitaria dalla Conferenza Stato-Regioni. Infatti, nel documento in esame si legge che «l’aspetto che si ritiene fondamentale durante la redazione del PEI è quello sanitario, attraverso la figura del neuropsichiatra infantile o medico specialistico, il quale stabilisce il profilo professionale più idoneo all’assistenza all’alunno, quale può essere l’assistente per l’autonomia, per la comunicazione, insieme all’insegnate di sostegno». Non pare, infatti, che la vigente normativa riconosca tale ruolo alla sola parte sanitaria, bensì all’intero GLO (Gruppo di Lavoro Operativo) in cui essa è un “necessario supporto”.

In conclusione, si ritiene che il Disegno di Legge n. 236, così come proposto, non riesca ad apportare gli attesi ed auspicati miglioramenti alla qualità del sistema di inclusione scolastica di cui gli alunni e le alunne con disabilità necessitano, ma anzi, rischi addirittura di pregiudicare ulteriormente il diritto degli alunni con disabilità ad essere affiancati da figure specificatamente formate e qualificate. Aspetto che, come detto sopra, è assolutamente prioritario e sul quale dovrebbe spostarsi il tema dell’odierno dibattito.
Sempre a nostro avviso, inoltre, lo stesso Disegno di Legge non restituisce piena dignità e ruolo alla figura dell’assistente all’autonomia e comunicazione e connesso riconoscimento professionale ed economico allo stesso e ciò a prescindere dal soggetto presso cui lo stesso presta servizio, sia essa l’organizzazione scolastica che un ente terzo.

L’ANFFAS è l’Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e del Neurosviluppo, aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

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