Giorno “raro” per eccellenza e scelto proprio per questo, il 29 febbraio coincide con la Giornata Mondiale delle Malattie Rare, che negli anni non bisestili cade il 28 del mese. Qualche dato è forse opportuno, per far capire che non si parla di una questione marginale: si stima infatti che questo eterogeneo gruppo di patologie riguardi solo in Italia oltre un milione di persone, con relative famiglie, malattie che nella maggior parte dei casi hanno un esordio nella prima infanzia.
Anche la Fondazione Lega del Filo d’Oro, punto di riferimento nel nostro Paese in campo educativo e riabilitativo per le patologie che causano problematiche sensoriali, è pienamente coinvolta sul tema delle malattie rare, se è vero che ad esempio nel 2023, il Centro Diagnostico della Fondazione stessa ha trattato 145 utenti, erogando 90 valutazioni psicodiagnostiche e 55 interventi precoci, persone sordocieche e con pluriminorazioni psicosensoriali quasi la metà delle quali presentava una malattia rara, con un incremento del 13% dal 2010.
Per l’occasione del 29 febbraio, dunque l’organizzazione nata a Osimo (Ancona) intende riaccendere l’attenzione su alcune di queste patologie rare e sottolineare che «nella presa in carico delle persone che ne sono colpite è necessario garantire un approccio globale e interdisciplinare attraverso interventi sanitari, educativi e riabilitativi, promuovendo inoltre l’importanza dell’intervento precoce per i bambini e le bambine al di sotto dei 4 anni».
«I dati degli accessi al nostro Centro Diagnostico – commenta in tal senso Patrizia Ceccarani, direttore tecnico-scientifico della Fondazione – ci mostrano, di anno in anno, come la percentuale di persone con malattia rara sia sempre molto alta: oggi, infatti, proprio le malattie rare sono diventate tra le prime cause di sordocecità e pluriminorazione psicosensoriale. In molti casi, si tratta di situazioni complesse da affrontare, perché avere a che fare con una malattia rara può generare in chi ne è colpito e nei suoi familiari insicurezza e senso di smarrimento, a causa della carenza di cure risolutive e in alcuni casi delle difficoltà per il raggiungimento di una diagnosi definitiva. Per rispondere dunque ai bisogni di salute dei nostri utenti, la metodologia adottata può fare la differenza: il nostro metodo educativo riabilitativo si basa su un approccio specifico per insegnare ai bambini/bambine ad utilizzare al meglio le loro potenzialità e abilità residue. Inoltre, i nostri operatori lavorano per facilitare l’autonomia, l’inclusione, l’utilizzo delle tecnologie assistive e l’interazione con l’ambiente, e mettono l’esperienza della Fondazione anche al servizio delle famiglie che, in questo percorso, svolgono un ruolo cruciale. Da un lato, infatti, esse sono parte integrante del percorso di educazione e riabilitazione dei loro figli, dall’altro hanno bisogno loro stesse di aiuto, sostegno e vicinanza, per potersi orientare nella complessa condizione di doversi prendere cura di una persona con pluridisabilità». (S.B.)
A questo link è disponibile un testo di ulteriore approfondimento. Per altre informazioni: Alessandra Dinatolo (a.dinatolo@inc-comunicazione.it); Virginia Matteucci (v.matteucci@inc-comunicazione.it); Chiara Ambrogini (ambrogini.c@legadelfilodoro.it).