Nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ratificata dall’Italia con la Legge 18/09) ci sono ben due articoli che sanciscono in modo puntuale il diritto delle persone con disabilità ad accedere alle informazioni: l’articolo 9 (Accessibilità) e l’articolo 21 (Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione). In particolare quest’ultimo prevede che vengano adottate «tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità possano esercitare il diritto alla libertà di espressione e di opinione, ivi compresa la libertà di richiedere, ricevere e comunicare informazioni e idee su base di uguaglianza con gli altri e attraverso ogni mezzo di comunicazione di loro scelta».
Il problema è che nella realtà si creano situazioni paradossali. Infatti, le persone con disabilità che hanno bisogni comunicativi complessi, e dunque non riescono ad accedere alle informazioni nei modi comunemente usati dalle altre persone, potrebbero non riuscire mai a scoprire di avere questo diritto, e dunque ad esigerlo, se la Convenzione non venisse fornita con linguaggi e forme adeguati alle loro esigenze. Cosa che però accade assai raramente.
Per sopperire a questa lacuna diversi Enti hanno tradotto la Convenzione in linguaggi diversificati e hanno reso tali versioni disponibili in rete. Segnaliamo qualcuna di queste traduzioni.
L’ANFFAS (Associazione Nazionale di Famiglie e Persone con Disabilità Intellettive e Disturbi del Neurosviluppo), ad esempio, ha prodotto la versione in linguaggio facile da leggere e da capire (Easy to Read, disponibile a questo link) e anche quella con i simboli della CAA (Comunicazione aumentativa alternativa, disponibile a quest’altro link). Non solo, la medesima Associazione ha tradotto in Easy to Read anche le Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della Convenzione, prodotte nel 2016 dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, l’organismo che ha il compito di vigilare sull’applicazione di questo trattato nei Paesi che l’hanno ratificato (esse sono disponibili a questo link).
Esiste anche una versione della Convenzione in LIS (Lingua dei Segni Italiana), visibile su YouTube a questo link e realizzata dal Laboratorio LaCAM (Language and Communication Across Modalities Laboratory) e dal Gruppo SILIS (Gruppo per lo Studio e l’Informazione sulla Lingua dei Segni Italiana).
Un’altra versione della Convenzione in CAA è quella prodotta da Simona Piera Franzino e Domenico Massano, curatori del blog la sCAAtola ed è disponibile a questo link.
Tutte queste versioni non hanno carattere di ufficialità, sono una rielaborazione del testo originale della Convenzione ONU e sono state prodotte per venire incontro alle esigenze di persone con bisogni comunicativi complessi, ma anche persone straniere che non parlano bene l’italiano, persone con disturbi dell’apprendimento ecc., contribuendo in tal modo a far sì che i diritti sanciti dalla Convenzione diventino accessibili, visibili, e dunque rivendicabili ed esigibili, proprio da quei soggetti per i quali essa è stata scritta e che, paradossalmente, rischiano di venire esclusi dalla conoscenza.
Eppure esiste un ulteriore livello di divulgazione della Convenzione ONU ed è quello di riviverla reinterpretandola artisticamente alla luce del proprio vissuto. A farlo, nella sostanza, è Un-silence your voice (letteralmente “Non silenziare la tua voce”), innovativo progetto artistico-giuridico internazionale rivolto a persone con esperienza psichiatrica che scaturisce da un’idea di Annemarie Arnold, componente dell’ENUSP (European Network of (ex)Users and Survivors of Psychiatry, ovvero la Rete Europea degli (ex)Utenti e Sopravvissuti alla Psichiatria), e qui in Italia riproposto in collaborazione con Diritti alla Follia, Associazione impegnata nella promozione dei diritti delle persone con disabilità psico-sociali.
L’iniziativa si propone di indurre le persone con esperienza psichiatrica a raccontare i propri vissuti attraverso l’arte e, appunto, di far conoscere la Convenzione, avendo constatato come essa, purtroppo, continui ad essere poco conosciuta dagli aventi diritto anche nei Paesi che l’hanno ratificata (a questo link una nota di approfondimento sul progetto).
La sfida, pertanto, non è solo quella di divulgare la Convenzione ONU, ma anche di renderla accessibile, visibile e vivibile. Se in letteratura troviamo gli “uomini libro” (Fahrenheit 451 di Ray Bradbury, 1953), noi potremmo reinventarci “uomini e donne Convenzione”. Se presentata così, di certo non passerebbe inosservata!
Ringraziamo Cristina Paderi per la sollecitazione da cui scaturisce la presente riflessione. Il presente contributo è disponibile anche in lingua inglese (a questo link), a cura della stessa Cristina Paderi.