Per evitare problemi, serve una definizione normativa di “prove equipollenti”

di Salvatore Nocera
Dopo l’abrogazione di quella norma che le aveva fissate con chiarezza, manca nei fatti una definizione normativa di cosa siano le “prove equipollenti”, quelle prove particolari che gli alunni e le alunne con disabilità, frequentanti le scuole del sistema nazionale di istruzione, hanno diritto di utilizzare nelle valutazioni scolastiche se si avvalgono di un PEI (Piano Educativo Individualizzato) per obiettivi minimi. Questo potrebbe certamente creare difficoltà a quegli alunni e alunne ed è pertanto necessario reintrodurre nel sistema normativo quella definizione abrogata o qualcosa di simile

Alunno con disabilità che alza un dito davanti a un docenteSi definiscono come equipollenti delle prove particolari che gli alunni e le alunne con disabilità, frequentanti le scuole del sistema nazionale di istruzione, hanno diritto di utilizzare nelle valutazioni scolastiche se si avvalgono di un PEI (Piano Educativo Individualizzato) con prove riconducibili a quelle ufficiali, cioè predisposte per verificare il raggiungimento di apprendimenti almeno intorno alla sufficienza. Ovviamente, se l’alunno dimostrasse di possedere apprendimenti superiori alla sufficienza, egli dovrebbe avere la corrispondente valutazione superiore anch’essa.
Le prove equipollenti sono state previste dall’articolo 6, comma 1 del Decreto del Presidente della repubblica (DPR) 323/98. Il Decreto Legislativo 62/17 le ha poi definite come «prove riconducibili» a quelle ufficiali, senza però dire altro, lasciando cioè nel vago tale concetto. Purtroppo il citato articolo 6 del DPR 323/98 è stato – suppongo inavvertitamente – abrogato dal Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione e pertanto manca ormai una definizione di tali prove, indicate solo con il nome dall’articolo 16, comma 3 della Legge 104/92.

L’articolo 6, comma 1 del DPR 323/98 aveva definito così le prove equipollenti: esse «possono consistere nell’utilizzo di mezzi tecnici o modi diversi ovvero nello sviluppo di contenuti culturali e professionali differenti. In ogni caso devono consentire di verificare che il candidato abbia raggiunto una preparazione culturale e professionale per il rilascio del diploma attestante il superamento dell’esame».
Tale definizione era molto chiara, così come fu scritta dall’ispettrice Giovanna Cantoni, al momento di formulare l’articolo dedicato. Oggi, dunque, essendo quest’ultimo stato abrogato, manca, come detto, una definizione normativa di prove equipollenti e quindi gli alunni/alunne con disabilità potrebbero trovarsi in difficoltà, se una commissione di esami o un docente durante la valutazione di una prova scritta avesse una concezione diversa da quella sancita nella norma abrogata. In altre parole, ciò li potrebbe esporre al rischio che il concetto di prova equipollente venisse rimesso alla discrezionalità di qualunque docente.

Di qui, pertanto, la necessità che al più presto si reintroduca nel nostro sistema normativo la definizione contenuta nell’articolo 6, comma 1 del DPR abrogato. In tal senso, ci si augura che la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) voglia farsi interprete di questa ineludibile e urgente necessità, chiedendo l’introduzione di quella o di simile definizione nel primo atto legislativo o amministrativo possibile, dalla quale risulti appunto che tali prove non solo possono differire da quelle ufficiali per le modalità, ma pure per i contenuti; e che in ogni caso devono comunque mettere chi valuta in condizione di accertare se l’alunno/alunna possieda gli elementi basilari della disciplina.

Share the Post: