Riflessioni sull’accessibilità universale

di Salvatore Cimmino
«L’accessibilità universale - scrive Salvatore Cimmino - non è un concetto “alla moda”, che faccia trend, ma un diritto fondamentale che tutti dovremmo abbracciare e difendere: affrontare il tema dell’accessibilità degli spazi pubblici e privati, dell’istruzione, del lavoro, nonché il tema della mobilità totale e garantita, tenendo in particolare considerazione i diritti delle persone con disabilità, determina infatti la qualità della vita dell’intera comunità nazionale»
Simboli di varie categorie di persone in diverse condizioni di mobilità
Tutte le persone dovrebbero guardare con estrema attenzione alla progettazione e all’accessibilità universale, sia per quanto concerne l’edificazione di case, sia in àmbito di prodotti e servizi

L’accessibilità universale agli spazi pubblici e privati è uno dei presupposti per l’effettivo esercizio del diritto di cittadinanza: «Il diritto all’accessibilità è sia diritto in sé e per sé, sia diritto fondamentale “funzionale”, presupposto imprescindibile per il godimento di tutti gli altri diritti della persona umana, perché la sua garanzia consente alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente, di compiere le proprie scelte e di partecipare a tutti gli aspetti della vita su base di eguaglianza con gli altri».
Questo è uno dei tanti e significativi passaggi di un’importante mozione, basata sul contenuto della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, mozione approvata all’unanimità alla Camera nel 2021. Ma qual è, ad oggi, la situazione nel nostro Paese?

Dopo quindici anni dalla sua promulgazione, la Legge 18/09, con la quale il nostro Paese ha ratificato la Convenzione ONU, è per molte parti ancora tristemente lettera morta: le persone con disabilità sono ancora discriminate perché costrette a fronteggiare uno scalino insuperabile, una larghezza di una porta di un edificio pubblico insufficiente per il passaggio della carrozzina, una segnaletica stradale inadeguata, ostacoli interni agli ospedali che impediscono di poter usufruire di un’assistenza adeguata e anche ostacoli nelle scuole, perché una su tre risulta architettonicamente inaccessibile come ancora inaccessibili risultano le cure, le terapie avanzate, gli ausili e i dispositivi protesici di ultima generazione.

L’accessibilità universale non è un concetto “alla moda”, che faccia trend, ma resta comunque un diritto fondamentale che tutti dovremmo abbracciare e difendere: affrontare il tema dell’accessibilità degli spazi pubblici e privati, dell’istruzione, del lavoro, nonché il tema della mobilità totale e garantita, tenendo in particolare considerazione i diritti delle persone con disabilità, determina la qualità della vita dell’intera comunità nazionale.
Case, scuole, luoghi di lavoro, spazi pubblici universalmente accessibili sono il presupposto per l’effettivo esercizio del diritto di cittadinanza nell’estensione che l’articolo 3 della Costituzione disegna, quando attribuisce alla Repubblica il compito di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese»: ostacoli e sviluppo della persona sono termini che, come in molte parti della Costituzione, evocano un continuum tra la natura programmatica e quella precettiva delle disposizioni contenute nella Carta. Né si può dimenticare la formulazione dell’articolo 32 della Costituzione stessa, così come è stato interpretato dalla giurisprudenza costituzionale e ordinaria, che si sono incaricate di ricostruire un diritto vivente alla salute.

Secondo l’ISTAT sarebbero 13 milioni le persone con disabilità che vivono in Italia e tuttavia il problema delle barriere, materiali e immateriali, non riguarda solo le persone con disabilità, ma coinvolge tutti i cittadini, talvolta solo in una fase della loro vita o in brevi e occasionali momenti: i bambini, gli anziani, i genitori col passeggino, le donne in stato di gravidanza, le persone che sono costrette a muoversi con le stampelle o con la carrozzina, gli ipovedenti, i ciechi, i passeggeri con le valigie e persino chi trasporta borse della spesa. E poi è da sottolineare che le disabilità sono una condizione strettamente legata all’invecchiamento della persona e che viviamo in un mondo sempre più popolato da anziani. Il report demografico diffuso dall’ISTAT il 3 maggio 2018, relativo alle previsioni per il 2065, descrive un picco di invecchiamento della popolazione che caratterizzerà l’Italia nel periodo 2045-2050, quando la quota degli ultrasessantacinquenni sarà prossima al 34% della popolazione.
Il tema delle disabilità e quello della rimozione delle barriere materiali e immateriali richiedono un’attenzione particolare, se si intende difendere e sostenere il diritto all’inclusione di tutti i cittadini e le cittadine: perché una condizione di debolezza, transitoria o permanente, può riguardare qualsiasi persona, senza che nessuno possa vantare alcuna superiorità o invulnerabilità.

Questo è il quadro di riferimento entro il quale ha preso corpo un Progetto di Legge nato per la diffusione della cultura dell’accessibilità universale, umile tentativo volto a superare le barriere fisiche, sociali e morali nella nostra amata Italia. Perché questo importante Disegno di Legge, depositato in Commissione Sanità e Affari Sociali del Senato con il titolo Disposizioni in materia di mobilità personale delle persone con disabilità, diventi realtà, è urgente che riprenda al più presto il proprio iter parlamentare, magari riuscendo anche a raccogliere adesioni bipartisan.
Indipendenza e autonomia, per le persone con disabilità, non vogliono dire solo acquisire alcune competenze, ma riconoscersi adulti e sentirsi tali. Non significa fare tutto da soli, ma integrare le proprie competenze con quelle degli altri e saper chiedere aiuto.

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