La continuità didattica è troppo importante!

«Pur essendo già stata prevista da due norme primarie, ancorché disattese – scrive Salvatore Nocera – è apprezzabile la recente norma voluta dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, per garantire la continuità didattica almeno del sostegno agli alunni e alle alunne con disabilità. Sarebbe tuttavia ancora più importante che la continuità didattica, almeno per tutta la durata di ogni grado di istruzione, fosse garantita anche con i docenti a tempo indeterminato»

Disegno di insegnante di sostegno con allievoCome segnalato nei giorni scorsi anche su queste pagine, nel cosiddetto Decreto Semplificazioni approvato dal Consiglio dei Ministri, il Ministro dell’Istruzione e del Merito ha voluto introdurre una norma particolare per garantire la continuità didattica almeno del sostegno agli alunni con disabilità. Essa è da sempre fortemente richiesta dalle famiglie e specie da quelle di alunni con disabilità intellettive e con autismo.
Invero il principio è da tempo previsto dall’articolo 1, comma 181, lettera c, punto 2 della Legge 107/15, cosiddetta “Legge sulla Buona Scuola”. Il principio stesso era stato poi declinato nell’articolo 14 del conseguente Decreto Legislativo 66/17, ma sette anni dopo esso non ha avuto attuazione.
Qualche tempo dopo la citata Legge 107/15 c’era stata anche una formulazione operativa, proposta dall’allora direttrice generale del Ministero Maria Maddalena Novelli, ma il Consiglio Nazionale dell’Istruzione l’aveva bocciata e nessuno l’ha poi riproposta.
Ora, dunque, il Ministro, facendosi interprete delle pressanti richieste provenienti dalle Associazioni e dalle famiglie, ha formulato una norma molto prudente ed equilibrata, per conciliare il diritto alla continuità didattica degli alunni con disabilità con i diritti dei docenti a tempo indeterminato e determinato.

La norma prevede che – a richiesta della famiglia valutata dal Dirigente Scolastico, e sentito il docente interessato – possa disporsi che l’insegnante supplente possa permanere sulla stessa classe per i due anni successivi a quello già svolto. Non è possibile andare oltre i tre anni complessivi, poiché la normativa europea stabilisce che se gli incarichi annuali vengono reiterati per più di tre anni, il supplente ha diritto all’immissione in ruolo.
Ritengo equilibrato il testo approvato perché:
° deve esservi la richiesta della famiglia;
° deve esservi la valutazione del Dirigente Scolastico;
° deve esservi il consenso del docente interessato;
° il docente interessato deve trovarsi in posizione utile per poter essere rinominato nel contingente di docenti aspiranti a supplenza nello stesso àmbito territoriale;
° non deve esserci la disponibilità di quel posto per il trasferimento di docenti a tempo indeterminato aspiranti a supplenza nella stessa sede.
Solo al verificarsi di tutte queste condizioni il Dirigente Scolastico può disporre il reiterarsi della supplenza.

Taluni hanno obiettato che in questo modo si avrebbe una sorta di “privatizzazione delle supplenze”, essendo determinante la volontà della famiglia. Personalmente ritengo che tale critica non sia fondata. Infatti qui la richiesta della famiglia non propone una nuova nomina – ciò che sarebbe effettivamente un’intromissione del privato nel procedimento pubblico di nomina -, ma, in presenza di tutte le altre condizioni, fa sì che il docente, il quale dovrebbe lasciare quella classe, possa permanervi, in vista di un interesse superiore, quello cioè della continuità dell’alunno.
Non viene violato il diritto di nessuno al posto: infatti, i docenti aspiranti alla nomina di supplenza vengono egualmente nominati; solo che non trovano disponibile quella sede, come non l’avrebbero trovata se essa fosse rientrata nel contingente per i trasferimenti dei docenti di ruolo.
E in ogni caso la reiterazione della supplenza non è automatica, se richiesta dalla famiglia; infatti, come detto, essa è subordinata alla disponibilità del docente e alla valutazione di opportunità del Dirigente Scolastico.

Questa decisione del Ministro, già prevista da ben due norme primarie, sembra finalmente tenere conto della delicatezza della personalità degli alunni con disabilità, specie intellettive e dell’autismo, in quanto essi faticano molto ad entrare in sintonia con il docente di sostegno, ciò che spesso avviene solo dopo tanti mesi, cosicché tali alunni, dopo quella fatica, devono tutti gli anni ricominciare daccapo con un supplente nuovo.
Se questa coraggiosa soluzione del Ministro è apprezzabile per i docenti precari, sarebbe ancora più importante che la continuità didattica, almeno per tutta la durata di ogni grado di istruzione (scuola dell’infanzia; scuola primaria; scuola media; primo biennio della scuola superiore; successivo triennio) fosse garantita anche con i docenti a tempo indeterminato. Essi, infatti, hanno solo l’obbligo di permanenza quinquennale su “posto di sostegno”, ma non sulla stessa sede dell’alunno che hanno seguito, appena nominati su quella sede.
La FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) ha predisposto una Proposta di Legge con la quale, nel prevedere l’istituzione di apposite classi di concorso per i docenti di sostegno, ne prevede pure l’obbligo di permanenza sulla stessa sede per tutta  la durata del ciclo.
Ci si augura pertanto che, in attesa che quella Proposta divenga Legge, il Ministro voglia anticiparne l’approvazione con una norma primaria, almeno per la norma sull’obbligo di continuità didattica.

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