Erano spariti da ogni interesse mediatico i “falsi invalidi” almeno da quattro-cinque anni. E dire che ad ogni scricchiolio dei conti pubblici tutti i governi, di qualunque colore, da tempo immemorabile, ricorrevano a questo tipo di “untore” per paventare rigore e mano ferma, complici a volte i video della Guardia di Finanza che filmavano a volte veri e a volte falsi “falsi invalidi”.
Frequenti in materia i casi di persone con forte livello di ipovisione (equiparati per legge ai ciechi totali) che venivano additati al pubblico ludibrio, perché sorpresi a muoversi in buona autonomia… come titolava un quotidiano laziale una ventina di anni fa (Scoperto falso invalido. Era cieco ma scendeva a prendere la posta da solo)…
Solitamente le campagne duravano sui media una ventina di giorni e degli esiti non si sapeva poi nulla. La volta che l’INPS, con l’allora presidente Mastrapasqua, la combinò troppo grossa (2011: «…falsa una invalidità su 4…», affermò Mastrapasqua) e la stampa gli diede corda (la famosa copertina di «Panorama» con Pinocchio in carrozzina), le Associazioni delle persone con disabilità non mollarono la presa e verificarono i dati che alla fine degli iter giudiziari raccontarono che gli autentici falsi invalidi scoperti e condannati erano una percentuale dello zero virgola sul totale dei percettori di una qualche “pensione”… (0,06% per la precisione).
Tornando ai nostri giorni, con l’istituzione del Ministero per le Disabilità (nel 2019) non era più il caso di dire male delle persone con disabilità. Gli stessi erano rimasti gli ultimi “buoni” sulla piazza mediatica, a fronte di una platea del sociale fatta di “sporchi, brutti e cattivi”, come ci viene raccontato da anni ogni sera in alcuni talk show serali, dicendo anche pezzi di verità, ma non tutta la verità. Migranti e rom in primis, ma anche, se necessita, carcerati, senza dimora, malati mentali, minori devianti dei rave party e babygang, occupatori abusivi di case, borseggiatrici nei metrò, come è successo dopo la strage di Cutro del febbraio 2023 e la conseguente necessità di non picchiare duro sui migranti per un po’ di tempo visti i tanti morti affogati.
Anche i numeri delle ricerche in rete confermano il calo a partire da quell’anno e la ripresa col 2024 (ricercando con “falsi invalidi”: 2017=113.000, 2018=103.000, 2019=55.000, 2020=58.000, 2021=47.000, 2022=48.000, 2023=54.000, 2024=55.000 e siamo a poco più di tre mesi) (ricerca su Google alle 12.50 del 13 aprile 2024).
Ora il tema, nelle serate del 4 e 11 aprile, viene riproposto al grande pubblico da un talk show serale, ripreso poi da alcuni quotidiani, sparando cifre incerte, prese da fonti alquanto precarie («…ci hanno detto a un CAF…», lo stesso giornale, infatti, sente la necessità di precisare «l’inviato, piuttosto empiricamente, ha cercato una risposta in un CAF di Napoli») e con le solite confusioni lessicali e concettuali che siamo abituati a vedere da oltre quarant’anni in materia.
In realtà l’uso dei falsi invalidi è ancora una volta strumentale perché in questo caso non sono loro il bersaglio, ma servono a rafforzare l’ostilità al reddito di cittadinanza a cui viene collegato il tutto e alle cui dinamiche, per certi versi, viene anche addebitato il risorgere delle false invalidità (ma del fatto nel concreto accenneremo più avanti).
Leggendo e guardando ciò che raccontano i media (tra il 4 e il 13 aprile 2024)
Fatta questa premessa, è innanzitutto utile guardarsi i tre servizi televisivi dedicati al tema in data 4 e 11 aprile 2024 (a questo, questo e questo link). I servizi, come detto, vengono poi ripresi da varie testate su carta e online; eccone di seguito una sommaria analisi.
° TGCom.24, titolo: Boom di falsi invalidi dopo lo stop del reddito di cittadinanza? In Campania sono 25 mila in più del 2020. Per TGCom24, dunque, visto il titolo, sono tutte pensioni di falsi invalidi.
° Agro24, titolo: Caso falsi invalidi: in Campania aumento di 25mila unità in 4 anni. Idem come sopra.
° Quotidiano «Libero», titolo: Tridico, “senza reddito aumentano gli invalidi”? La minaccia del grillino diventa realtà. «Libero» collega i dati a dichiarazioni dell’ex presidente dell’INPS Tridico che alcuni mesi fa aveva ipotizzato che la fine del reddito di cittadinanza avrebbe fatto aumentare le richieste di invalidità.
° Quotidiano «Il Giornale», titolo: Reddito di cittadinanza, dopo lo stop l’impennata del numero di falsi invalidi. Anche «Il Giornale», come «Libero», affronta la questione dal punto di vista politico in funzione anti-reddito di cittadinanza.
° Sussidiario.net, titolo: Boom di invalidi in Campania dopo lo stop del reddito di cittadinanza/ +24.000 dal 2020. Riprende sostanzialmente quanto scritto su «Libero».
° Msn.com, titolo: Reddito di cittadinanza, dopo lo stop l’impennata del numero di falsi invalidi. Idem come sopra.
Una disamina della vicenda e la giungla dei dati e delle definizioni
Prendiamo il citato articolo di «Libero» come testo per ragionare sulla vicenda, essendo quello più articolato e ricco di dati e definizioni. «Libero» sostiene una cosa vera, che c’è stato un aumento delle prestazioni legate alla invalidità tra il 2020 e il 2024, anche se la fonte statistica che viene citata in realtà riporta dati solo fino al 2021. Analizzando meglio il dato sull’Osservatorio sulle Pensioni INPS, nel 2023 (anno in cui vigeva ancora il reddito di cittadinanza) e il 2024 (abolito dal 1° gennaio il reddito di cittadinanza), c’è stato in Campania fino ad ora un aumento del 3,6% delle prestazioni di invalidità civile erogate. Aumento effettivamente molto più alto che nei tre anni precedenti (rispettivamente dal 2020 al 2023: +0,7, +0,5, +0,9). Verificarne la ragione, però, è molto più complicato, non esistendo nessuna prova al momento che l’aumento sia da addebitarsi a false invalidità; non sappiamo nemmeno se si tratti di un effetto della ripresa delle visite o degli accertamenti “agli atti” che si erano enormemente accumulati in tutta Italia durante il periodo della pandemia (un po’ lo stesso fenomeno delle interminabili liste di attesa per una visita medica che ancora oggi risentono della fase Covid), stante il blocco delle visite o ancora altre ragioni legate al funzionamento delle Commissioni, sia in sede di visita che di successiva lavorazione delle pratiche amministrative, o allo sblocco in sede legale dei tanti ricorsi presentati avverso gli esiti delle visite o ancora, l’eventuale sospensione delle pensioni stesse per quelli che sono gli svariati motivi per cui tale evenienza può succedere (le cifre dei ricorsi in Campania sono tra le più alte a livello nazionale).
Come detto, la fonte citata da «Libero», ripresa dai servizi televisivi, è un fantomatico CAF di Napoli e i numeri citati non parrebbero comparire in nessuna delle fonti statistiche pensionistiche disponibili («Presenti in Campania 348.752 invalidi nel 2020 e 372.742 nel 2024». Il dato, definito così, si capisce riferito alle persone e non alle prestazioni. Ma il tema è che non tutte le persone riconosciute come invalide, sia per questioni di percentuale e/o di reddito, percepiscono pensioni/assegni e possono essere quindi eventualmente ascritte alla categoria dei “falsi invalidi”, se ciò avvenisse indebitamente…).
I Rapporti annuali INPS arrivano fino al 2022 e presentano il solo dato nazionale. L’Osservatorio sulle Pensioni INPS arriva al 2024, ma indica rispettivamente in 403.000 e 427.000 le prestazioni legate all’invalidità civile erogate in Campania nel 2020 e nel 2024 con, e qui il dato coincide, un aumento di circa 24.000 unità, mentre, a livello nazionale, il totale delle pensioni/indennità erogate ai fini dell’invalidità civile è calato tra 2020 e 2024 di circa 56.000 (fonte: Osservatorio sulle Pensioni INPS).
Anche qui i motivi e la qualità di tale dato non sono conosciuti, né le correlazioni di esso con l’eventuale fenomeno dei falsi invalidi, con l’aumento dei decessi di anziani non autosufficienti per Covid (soprattutto anni 2020 e 2021), con il funzionamento della filiera medico/amministrativa degli iter legati alla invalidità civile o con altre cause ancora legate ad aspetti legali (ricorsi).
Lo stesso, ripetiamo, per la fonte citata nell’articolo, che è il sito DisabilitàinCifre (riconducibile all’ISTAT), il quale anch’esso arriva solo al 2021 e indica in 518.210 (anno 2021) il «numero dei beneficiari di pensioni per le persone con disabilità» in Campania. Si noti qui l’uso del termine «pensioni per le persone con disabilità» e non «pensioni legate alla invalidità civile» che sono due concetti diversi qualitativamente e quantitativamente.
Immaginiamo a questo punto che né il fantomatico CAF di Napoli, né l’inviato del talk show, né i cronisti dei quotidiani si siamo presi la briga di verificare le caratteristiche della base dati di DisabilitàinCifre che, appunto, come dice il nome stesso, tratta il tema della disabilità e non quello dell’invalidità (a cui è riconducibile il tema dei falsi invalidi), pescando dati da più fonti. Non a caso su DisabilitàinCifre il totale delle “pensioni” erogate complessivamente «a persone con disabilità» viene indicato in 4.321.000 (anno 2021, ultimo dato disponibile), mentre quelle erogate ai fini dell’invalidità civile, sempre riferite al 2021 nell’Osservatorio sulle Pensioni INPS, sono 3.179.000, con una differenza quindi di 1.142.000 prestazioni (per le fonti a cui attinge DisabilitàinCifre si veda a questo link).
Morale della favola?
Il tema dei falsi invalidi, fenomeno presente sicuramente, e sicuramente più diffuso nelle Regioni con redditi più bassi e situazioni sociali più carenti, ma non nelle dimensioni che solitamente vengono paventate, interessa spesso la politica non per se stesso, ma sempre strumentalmente per altri fini e per creare, direttamente o indirettamente, dei “colpevoli” da additare all’opinione pubblica e/o all’elettorato.
Rimane la favola che la falsità derivi unicamente dal fingersi disabile durante le visite mediche, mentre è una costruzione a cui concorrono elementi e figure diverse, anche successivamente alla fase di visita medica.
Rimane la giungla terminologica (invalidi/disabili… pensioni assistenziali/previdenziali… pensione/assegno/indennità/rendita…) e la giungla dei dati che variano da data base a data base a seconda della finalità degli stessi, del periodo di riferimento e di estrazione del dato implementato e poi diffuso nei report, delle modalità di raccolta del dato, dell’Amministrazione titolare dei dati.
Su «La Stampa» nel 2011 (lo citiamo a riprova della persistenza di queste dinamiche), a proposito di falsi invalidi, si arrivò a parlare di «pensioni di indennità», mescolando quelle di invalidità con le pensioni indennitarie che sono una delle cinque categorie in cui l’INPS suddivide tutto il parco pensionistico (di vecchiaia; invalidità previdenziale; superstiti che sono vedove e orfani; indennitarie; assistenziali. Tutte a loro volta suddivise in sottocategorie).
Rimane, inoltre, la giungla di tipologia di persone con una qualche disabilità che ricevono o meno delle pensioni/assegni/indennità/rendite (invalidi di guerra; per servizio; del lavoro; vittime civili di guerra; pensioni di invalidità assistenziale suddivise tra assegni sociali e di invalidità civile, a propria volta suddivisa tra invalidi civili/ciechi/sordi e articolata in undici categorie chiamate con termini differenti, come pensione/assegno/indennità. Ancora pensioni di invalidità previdenziale a loro volta articolate in tre diverse categorie).
Proseguendo… la confusione tra prestazioni erogate (la somma di tutte le pensioni, indennità, assegni…) e il numero delle diverse persone che le ricevono che è sempre notevolmente inferiore potendo una persona godere anche di più prestazioni: dati INPS 2023 (Statistiche in breve sulle pensioni) certificano che poco meno della metà di chi riceve pensioni di natura assistenziale (come l’invalidità civile) riceve anche altre pensioni; il caso più diffuso è quello dei titolari di indennità di accompagnamento che in larga misura, essendo la stessa svincolata dal reddito, hanno anche la propria come ex lavoratori o, se ne rispettano i parametri di reddito, anche, oltre all’accompagnamento, la “pensione per invalidi totali” (una di quelle undici che citavamo prima).
Ancora, la modalità di acquisizione dei dati presenti nei vari data base, a volte legata a visite mediche in presenza, a volte al solo esame delle documentazioni sanitarie e fiscali (attivato in fase Covid nel 2020 per snellire i procedimenti, specie quelli più urgenti, che si erano accumulati in maniera impressionante), a volte autocertificate come nel caso della Indagine ISTAT sulle condizioni di salute delle persone (e relativi dati circa la «gravità delle limitazioni nelle attività abitualmente svolte») che trovate in DisabilitàinCifre.
Infine, gli intervalli di tempo (le annualità) a cui si riferiscono i dati, ma che a volte considerano solo le prestazioni effettivamente erogate in quell’anno al 31 dicembre, a volte anche le prestazioni approvate e quindi formalmente vigenti al 1° gennaio di ogni anno, ma non ancora liquidate.
Tra invalidi falsi e pacchi di biscotti
In sintesi se sommiamo la giungla dei dati e quella lessicale, l’ignoranza e imperizia (e un tocco di cinismo, aggiungerei io) di molti giornalisti sia sui dati che nelle interviste fatte a volte a persone incapaci di reggere un contradditorio televisivo e dotate di bassissimi strumenti culturali, oltre all’eventuale opportunismo di chi non trae conclusioni da notizie e dati verificati, ma costruisce notizie sulla base delle conclusioni che vuole che si traggano… il risultato è quello che si vede… il falso invalido come figura da spendere come e quando si vuole, impastata di verità, di falsità, di verosimiglianza, senza la possibilità di capire quanto dell’uno o dell’altro ingrediente sia presente. Un po’ come molti prodotti alimentari in cui la foto sulla confezione e le parole che l’accompagnano in realtà raccontano a volte cose molto o in parte diverse da quelle che si leggono poi nella microscopica dicitura degli ingredienti. Sempre di “pacco” comunque si tratta.
E per chi volesse un qualche aiuto nel districarsi nella giungla, segnaliamo la sezione Documenti e Glossario presente nel sito DisabilitàinCifre e le sezioni di note e glossari solitamente presenti nei rapporti di ISTAT e INPS.
Ai giornalisti, infine, va certamente riconosciuta una qualche scusa, se ricercando i dati la giungla di cui parliamo li induce in errori e semplificazioni.