Perché deve rinascere la Tiflologia

Lungi dall’essere una disciplina “superata”, come pensano alcuni, collocata erroneamente al di fuori della stessa Pedagogia, la Tiflologia – scrive Gianluca Rapisarda – che ha garantito la “luce” dell’educazione e dell’istruzione a migliaia di non vedenti del nostro Paese, sortendo pure la nascita di ben diciannove Centri di Consulenza Tiflodidattica operanti su tutto il territorio nazionale, deve rinascere e il nostro sistema di istruzione e formazione, insieme al mondo accademico contemporaneo, non può più continuare colpevolmente ad ignorarla»

Dipinto di mani che toccano una superficie. Rappresenta le Scienze Tiflologiche

Un dipinto raffigurante delle mani che toccano e che ben rappresenta le Scienze Tiflologiche

Nell’acceso dibattito scientifico in corso sull’inclusione scolastica, come magistralmente ed egregiamente palesato di recente su queste stesse pagine da Salvatore Nocera con il suo illuminante articolo Assistenti all’autonomia e alla comunicazione: un dibattito da riaprire, mi duole evidenziare come quello sulle figure dell’assistente alla comunicazione e del tiflologo stia al contrario languendo e conoscendo inspiegabilmente una fase di empasse. Allo stato attuale, infatti, la confusione sul ruolo e sulla funzione dell’assistente all’autonomia e dell’“esperto in scienze tiflologiche” regna ancora sovrana.

A proposito della Tiflologia, ad esempio, taluni pensano addirittura che essa sia una scienza “per pochi” e circoscritta ad una ristretta cerchia di “eletti”. Insomma, la si tende a considerare ormai come una disciplina “superata”, collocata erroneamente al di fuori della stessa Pedagogia.
La realtà, invece, è ben altra, in quanto la Tiflologia, fondata in Italia all’inizio dello scorso secolo da Augusto Romagnoli, ha finora garantito la “luce” dell’educazione e dell’istruzione a migliaia di non vedenti del nostro Paese, sortendo pure la nascita di ben diciannove Centri di Consulenza Tiflodidattica operanti su tutto il territorio nazionale. Ciò nonostante, il nostro sistema di istruzione e formazione e il mondo accademico contemporaneo continuano colpevolmente ad ignorarla.
A tale situazione di stallo si è giunti certamente a causa della progressiva crisi alla fine dello scorso secolo dell’Istituto Augusto Romagnoli di Roma, unica “scuola di metodo” tiflologica funzionante in Italia e, specialmente, dell’incolmabile recente perdita per tutti noi ciechi italiani di Luciano Paschetta, vero e proprio “faro” di fine secondo millennio della Tiflologia del nostro Paese.
È innegabile, infatti, che l’insostituibile mancanza di un punto di riferimento “scientifico” per tutta la Tiflologia italiana com’era Paschetta abbia senz’altro provocato la dispersione delle competenze tiflologiche degli ultimi anni e la mancanza della definizione di un percorso formativo tiflologico universitario veramente credibile.

Proprio per dissipare il campo da tale stagnazione scientifica e giuridica, mi permetto di rilanciare su queste pagine la proposta formativa, che da già direttore scientifico nazionale dell’IRIFOR (Istituto per la Ricerca, la Formazione e la Riabilitazione dell’UICI), lo scrivente avanzò nel 2018, ipotizzando la sottoscrizione di apposite convenzioni tra lo stesso IRIFOR e le Università italiane eventualmente interessate all’attivazione di pioneristici Master di Primo Livello per “Educatori all’assistenza all’autonomia e alla comunicazione per disabili sensoriali” e di Secondo livello per “Pedagogisti esperti in scienze tiflologiche”.
Chi scrive, infatti, non ha mancato di sottolineare qualche giorno fa da queste stesse colonne come gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione e i tiflologi, nell’attuale congiuntura caratterizzata dalla diffusa fragilità ed emergenza educativa e in virtù della loro mission specialistica, non possano più permettersi il lusso di essere ignari delle nozioni più attuali di Pedagogia e Didattica speciale e come la loro formazione non possa restare affidata al caso o all’autoformazione rapportata a un’offerta sporadica e spesso d’incerta matrice, che non assicura loro stabilità occupazionali ed economiche.
Con queste mie riflessioni, insomma, intendo ribadire con forza che, ai fini di un’inclusione veramente di qualità, non basta solo un’efficace formazione universitaria specifica sulla Didattica Inclusiva e sulla Pedagogia Speciale dei docenti per il sostegno e su posto comune, ma, soprattutto, in linea con il sacrosanto principio del “sostegno del contesto”, sancito dalla Legge 517/77, è indispensabile realizzare contesti “flessibili”, dotati di ambienti, strumenti e materiali resi accessibili anche grazie alla presenza costante di figure educative di riferimento, quali gli educatori socio-professionali, gli assistenti alla comunicazione e i pedagogisti esperti in scienze tiflologiche.
L’attuale distorto modello inclusivo italiano tutto incentrato sull’insegnante di sostegno ha infatti azzerato la funzione di “sostegno” del contesto, provocando pertanto pure la marginalizzazione delle predette “irrinunciabili” figure educative.

Ecco perché, a mio avviso, diventa assolutamente strategico e indifferibile, come tra l’altro già previsto dal Decreto Legislativo 66/17, il riconoscimento del profilo dell’assistente alla comunicazione e del tiflologo. Infatti, sottolineare oggi la loro importanza non significa volere aumentare i professionisti del processo d’inclusione scolastica e volerlo “medicalizzare”, né eliminare l’insostituibile ruolo inclusivo dei docenti specializzati, ma vuol dire riaffermare e riproporre finalmente la necessità della specificità pedagogica e tiflologica, per assicurare il pieno successo formativo ed effettive pari opportunità ai nostri ragazzi con disabilità visiva.
Tuttavia, soltanto incardinando giuridicamente il ruolo dell’assistente alla comunicazione e del tiflologo nel nostro sistema educativo e formativo, potremo rendere davvero spendibile dal punto di vista occupazionale la predetta proposta formativa di Master Universitari di Primo e Secondo Livello, rispettivamente per “Educatori alla comunicazione per disabili sensoriali” e per “Pedagogisti esperti in scienze tiflologiche”.
Proprio per tale motivo, è fondamentale che il riconoscimento di tali due figure educative, anche e soprattutto dal punto di vista nominale, oltre che naturalmente dal punto di vista formativo, sia compatibile e omogeneo con quella della Legge 205/17 e, in special modo, con quello del Disegno di Legge n. 788 (Disposizioni in materia di professioni pedagogiche ed educative), approvato definitivamente nei giorni scorsi dal Senato, dovendosi armonizzare perfettamente con la previsione di istituire le figure dell’Educatore socio-pedagogico e del Pedagogista.

Comunque, fermo restando che per chi scrive, come finora esposto, la vera “discriminante” pedagogica per una proficua ed efficace inclusione degli studenti con disabilità sarebbe quella del riconoscimento giuridico del ruolo dell’assistente alla comunicazione e del tiflologo, se nonostante i miei sforzi ciò non fosse praticabile nell’attuale sistema italiano d’istruzione e formazione, in alternativa mi sento di condividere e “sposare” in toto quanto sostenuto ormai da tempo dall’amico Nocera a favore della recente Proposta di Legge promossa dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), che prevede l’istituzione di un’apposita classe di concorso per i docenti di sostegno i quali dunque, se ben preparati e in possesso di competenze specifiche sulle disabilità sensoriali, intellettive e del neurosviluppo, potrebbero essere essi stessi gli assistenti all’autonomia e i tiflologi degli alunni con disabilità.

In definitiva, da pedagogista, il mio auspicio è che la proposta formativa di Master per “Educatori alla comunicazione” e per “Pedagogisti esperti in scienze tiflologiche” possa rappresentare un modello nazionale da esportare all’intero mondo scientifico e a tutti i principali Atenei del nostro Paese. Forse chissà, in siffatto modo, potremo far rinascere la Tiflologia, facendo ritrovare al suo percorso di formazione quell’autorevolezza scientifica che in questi decenni le è mancata e facendola entrare a pieno titolo in àmbito lavorativo nella quotidiana pratica didattica e, in quello accademico, all’interno delle aule universitarie, magari ottenendo un’apposita laurea specialistica in “Scienze Tiflologiche”.

Dirigente scolastico del Convitto Nazionale G. Piazzi di Sondrio (dirigente.gpiazzi@cnpiazzisondrio.edu.it).

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