Inclusione scolastica: le parole, il rispetto, le tendenze

Al di là dei chiarimenti arrivati successivamente, le affermazioni sulle «classi di scuola con “caratteristiche separate”» di cui ha parlato nei giorni scorsi in un’intervista a «La Stampa» il generale Vannacci, candidato alle prossime elezioni europee, continuano a far discutere e c’è chi le legge come l’inquietante conferma di una pericolosa tendenza verso il “ritorno al passato”. Diamo quindi spazio ai commenti e alle riflessioni di Giovanni Marino, presidente dell’Associazione ANGSA, del portale “Osservatorio 182” e di Gianluca Rapisarda, dirigente scolastico e persona con disabilità

Ragazzi e ragazze con varie disabilità davanti a una scuola

Ragazzi e ragazze con varie disabilità davanti a una scuola

C’è chi ha detto che «un chiarimento è arrivato». La stessa persona, poi, che quelle parole aveva pronunciato, le ha definite «travisate, a causa di un titolo improprio». E tuttavia, quelle dichiarazioni sugli alunni e le alunne con disabilità rilasciate a «La Stampa» da Roberto Vannacci, il generale candidato quale indipendente alle prossime elezioni europee per la Lega, sostanzialmente non sono state smentite. Le riportiamo qui di seguito, per correttezza di informazione.
«Classi con “caratteristiche separate” – aveva detto Vannacci – aiuterebbero i ragazzi con grandi potenzialità a esprimersi al massimo, e anche quelli con più difficoltà verrebbero aiutati in modo peculiare». Alla successiva domanda, poi («Sembra discriminatorio. Cosa farebbe con chi ha disabilità o ritardi nell’apprendimento?»), aveva risposto: «Non è discriminatorio. Per gli studenti con delle problematiche mi affido agli specialisti. Non sono specializzato in disabilità. Un disabile, però, non lo metterei di certo a correre con uno che fa il record dei cento metri. Gli puoi far fare una lezione insieme, per spirito di appartenenza, ma poi ha bisogno di un aiuto specifico. La stessa cosa vale per la scuola. Chi ha un grave ritardo di apprendimento si sente più o meno discriminato in una classe dove tutti capiscono al volo? Non sono esperto di disabilità, ma sono convito che la scuola debba essere dura e selettiva, perché così sarà poi la vita. O almeno, così è stata la mia vita».
Fin qui i virgolettati, al di là dei chiarimenti o dei fraintendimenti di senso.
A questo punto non possiamo trascurare, dopo avere già riferito delle prese di posizione provenienti da Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e da Gianfranco Salbini, presidente dell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down), alcuni altri commenti ricevuti in redazione, in alcuni di quali si va anche oltre le parole di quell’intervista, paventando una pericolosa tendenza verso il “ritorno al passato”.
Diamo quindi spazio, rispettivamente, alle riflessioni di Giovanni Marino, presidente dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo), a quelle del portale Osservatorio 182 (segnalatoci da Progetto Autismo) e a quelle di Gianluca Rapisarda, dirigente scolastico e persona con disabilità.

Come un pugno allo stomaco
Un segno della violenza sorda e feroce che serpeggia ovunque nel nostro tempo. Questo sono le parole del generale Vannacci che rilanciano le classi differenziate per le persone con disabilità. Un pugno nello stomaco di centinaia di migliaia di famiglie italiane, impegnate ogni giorno a superare ostacoli, disservizi e solitudine per dare un presente e un futuro di dignità ai propri figli.
È la violenza della superficialità quella che semplifica e risolve i problemi pensando di cancellare la complessità aprendo ghetti chiusi con anni di lotte, impegno e studio, con la ricerca quotidiana di una soluzione tesa a rendere la vita delle persone con disabilità degna di essere vissuta, ad iniziare dai banchi di scuola.
Le classi separate evocate dal generale Vannacci sarebbero il ghetto, per tutte le persone con disabilità, e in particolare per i ragazzi con autismo che ne sono la maggioranza. È come dire alle famiglie «lasciate stare, non perdete tempo a migliorare la vita dei vostri figli». Il suo non è un pensiero isolato, folcloristico. Nei mesi scorsi con parole diverse, ma sostanzialmente simili, la stessa ipotesi è stata evocata da Ernesto Galli delle Loggia, noto intellettuale. Vuol dire che il tema è argomento di riflessione sottovoce e ipocrita, di una parte della società civile.
Il nostro Paese porta alta la bandiera dell’inclusione che è valore e patrimonio di tutte le forze politiche, il Parlamento ha prodotto leggi considerate un esempio in Europa e nel mondo. Il generale Vannacci, se eletto, quale Italia andrà a rappresentare nel Parlamento Europeo? È triste constatare che per raccogliere qualche ipotetico voto in più non si esita a candidare personaggi che immettono nel tritacarne della comunicazione politica robuste dosi di cinismo e nelle case delle famiglie con un disabile riversano ottusa violenza.
Giovanni Marino – Presidente dell’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori di perSone con Autismo), Associazione aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)

Siamo tutti Usain Bolt!
Un fantasma si aggira tra i banchi di scuola… un qualcosa di già visto e di vissuto bussa prepotentemente alla porta. Voci, frasi, espressioni e parole sono rimbalzate in questi giorni sui tabloid dei principali quotidiani e sui vari canali social: «Classi separate per gli alunni con disabilità»! Quasi una sentenza, una pietra tombale per tutti coloro che, quotidianamente, lavorano per affermare il valore unico e irripetibile della persona e che credono che l’inclusione non sia una vaga espressione poetica, cara a cantautori e sognatori, bensì un’ineludibile e dirompente necessità per una società che fa della civiltà il suo vessillo.
Un’espressione, quella che promuove le “classi separate”, che invita tutti noi a restare vigili, a non abbassare la guardia, a non rimanere silenti di fronte ai rigurgiti di una cultura dello scarto. Una cultura sempre più trasversale, che va dai Vannacci ai Della Loggia di turno, tanto per citare i più noti e recenti fatti di cronaca, ma che in realtà è presente nei contesti della quotidianità, nel nostro linguaggio, in molte nostre azioni, nelle scelte con cui ogni giorno viviamo e operiamo…
Va ribadito che il proporre slogan avvilenti sminuisce la Persona e l’intera Società, nonché le Famiglie, le Associazioni e tutti coloro che sono impegnati quotidianamente nell’affermare ciò che ci rende umani. Tale sentire, da chiunque esso provenga, indipendentemente dal colore di appartenenza, non è di certo foriero di quel bene comune a cui l’impegno politico e sociale dovrebbe rivolgere le proprie energie e attenzioni.
Il non abbassare la guardia e il non essere silenti rappresenta, per tutti noi, l’impegno quotidiano con cui, come genitori e docenti, desideriamo, nel favorire la collaborazione tra le famiglie e la scuola, “promuovere il rispetto della dignità della “persona” in ogni sua manifestazione, al fine di garantire la piena realizzazione di ciascun individuo considerato nella sua unicità e specificità.
Questo significa per tutti noi abbattere il “record dei cento metri!”.
#SIAMOTUTTIUSAINBOLT!
Osservatorio 182

Quante volte ancora dovremo dire no alle “scuole speciali”?
Alle recenti roboanti dichiarazioni dell’editorialista Ernesto Galli della Loggia sulle scuole speciali, hanno fatto eco nei giorni scorso quelle del generale Roberto Vannacci, candidato indipendente per la Lega alle elezioni europee.
Il progetto di ripristinare le “scuole speciali” è ritenuto da noi esperti con disabilità e di inclusione un pericoloso ritorno al passato e soprattutto una falsa soluzione e un inganno rispetto ai reali bisogni educativi e al corretto percorso di crescita di cui necessitano i ragazzi e le ragazze con disabilità.
Gli alunni e le alunne con disabilità devono stare nella scuola di tutti e in essa essere pienamente inclusi. L’inclusione scolastica, infatti, a quarantasette anni dalla Legge 517/77, è una conquista di civiltà, un dato di fatto e un traguardo storico del nostro Sistema educativo e formativo dal quale non si può e deve più tornare indietro! Proprio per tale motivo, nessuna forza politica del nostro Paese dovrebbe metterla in discussione, tanto meno il candidato alle elezioni europee Vannacci che tra l’altro, fino a prova contraria, non è neppure un addetto ai lavori e un “uomo” della scuola.
E purtuttavia, è innegabile che, in questo quasi cinquantennio di inclusione scolastica, la transizione dalla scuola speciale alla scuola di tutti sia avvenuta con troppa improvvisazione. Infatti, la scuola non è stata preparata adeguatamente ad un compito difficile che a mio parere non era ancora pronta a svolgere, perché la Legge 517/77 ha disposto l’integrazione, ha consentito alle persone con disabilità di essere nella scuola, ma non ha fornito loro gli strumenti per includersi, per fare il salto di qualità dall’inserimento-integrazione all’inclusione, cioè alla partecipazione attiva da protagonisti del loro processo di apprendimento. Per non parlare della genericità e dell’inadeguatezza della preparazione specifica sulle singole disabilità dei docenti di sostegno e ancor peggio di quelli disciplinari!
Ora, malgrado tali evidenti e strutturali criticità e carenze del “sistema”, non credo proprio che togliere il sostegno agli alunni/studenti con disabilità sia la “panacea” e il rimedio giusto. Infatti, nonostante tutto, il nostro sistema inclusivo ci viene invidiato un po’ dappertutto e specie in Europa, dove, ad esempio in Germania, esistono ancora le scuole “speciali” per ciechi e in Francia il cosiddetto “sistema misto” non “vince” né convince.
L’attuale sistema scolastico inclusivo italiano non va spazzato via o eliminato tout court, rifugiandosi magari nelle facili scorciatoie delle scuole speciali, va invece riordinato e riformato. E di questo e non di “falsi miti” sulle scuole speciali si dovrebbe discutere con urgenza e senza indugio in queste settimane in sede ministeriale a proposito degli ormai indifferibili vari Decreti Attuativi del Decreto Legislativo 66/17, anche tenendo conto delle Proposte di Legge promosse dalla Federazione FISH già nel 2021 e 2022 sull’inclusione scolastica, sulla continuità didattica e sugli assistenti alla comunicazione.
Tali Proposte di Legge, lo ricordo, prevedono l’istituzione di un’apposita classe di concorso per i docenti per il sostegno, il loro vincolo di permanenza all’intero ciclo d’istruzione dell’allievo con disabilità, un semestre di formazione di base sulle singole disabilità per i futuri docenti curricolari, l’obbligo della formazione e dell’aggiornamento in servizio sull’inclusione per tutto il personale scolastico e il riconoscimento giuridico del profilo dell’assistente all’autonomia e alla comunicazione.
Ci fa piacere e ci tranquillizza che il ministro dell’Economia della Lega Giancarlo Giorgetti abbia preso giustamente e immediatamente le distanze dalle dichiarazioni di Vannacci, ma tutto ciò non basta! Solo infatti recependo le predette lungimiranti e improcrastinabili istanze della FISH, potranno essere finalmente fugate le tentazioni di ritorni anacronistici alle scuole speciali, garantendo veramente accoglienza e inclusione a tutti gli alunni con disabilità del nostro Paese.
Gianluca Rapisarda Dirigente scolastico del Convitto Nazionale G. Piazzi di Sondrio (dirigente.gpiazzi@cnpiazzisondrio.edu.it)

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