Alcune settimane fa avevamo dedicato ancora una volta ampio spazio a DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance, ovvero “Assistenza medica avanzata alle persone con disabilità”), modello di presa in carico intraospedaliera dei bisogni di salute delle persone con disabilità, riconosciuto a livello internazionale, come dimostrato dalla presentazione di esso alla 16a Conferenza Annuale degli Stati Parti della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità il 14 giugno 2023 a New York (se ne legga anche sulle nostre pagine).
Ideato circa venticinque anni fa presso l’Ospedale San Paolo di Milano, DAMA si è progressivamente diffuso in quasi tutte le Regioni Italia, grazie all’opera di formazione di Filippo Ghelma, presidente dell’ASMeD (Associazione per lo Studio dell’assistenza Medica alla persona con Disabilità), responsabile del DAMA dell’ospedale milanese, e all’attività dell’Istituto Superiore di Sanità. Attualmente in Italia esistono più di quaranta Centri che si ispirano a questo modello.
«Proprio il crescente numero di Centri DAMA – avevano scritto dall’ASMeD – ha posto il problema della necessità di caratteristiche comuni che devono contraddistinguerli. A questo scopo abbiamo elaborato il documento denominato DAMA. I servizi per le cure alle persone con disabilità in ospedale: requisiti minimi strutturali, organizzativi, funzionali (disponibile a questo link), primo documento strutturato che stabilisce i requisiti che devono essere soddisfatti per garantire omogeneità di organizzazione, di prestazioni e di qualità dei servizi, pur con le inevitabili differenze legate ai diversi funzionamenti delle strutture ospedaliere e dei sistemi sanitari regionali».
Quello stesso documento è stato presentato nei giorni scorsi, durante il primo incontro organizzato presso la Camera dei Deputati dal Ministero per le Disabilità, denominato Progetto di vita e presa in carico della persona nel contesto di cura ospedaliera: modello DAMA e territorio (primo incontro).
«Il sistema DAMA – ha sottolineato per l’occasione la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli – è un buon modello da implementare e da portare all’attenzione di tutti. Sicuramente in ottobre in Umbria, all’interno del G7 – Inclusione e Disabilità ci sarà spazio per illustrare questa esperienza e questo approccio che per noi è fondamentale».
All’incontro alla Camera, moderato da Serafino Corti, coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, hanno portato il proprio saluto il ministro della Salute Orazio Schillaci, il presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) Vincenzo Falabella e il presidente della FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) Nazaro Pagano.
Sono intervenuti Nicola Panocchia, coordinatore del Comitato Scientifico della Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale e il citato Filippo Ghelma.
Nel corso dell’evento, inoltre, sono state presentate le esperienze del modello DAMA adottate sul territorio nazionale e ascoltate alcune testimonianze.
«È stato questo il primo di una serie di incontri – commenta Locatelli – che intendiamo rendere itineranti perché crediamo nel coinvolgimento di tutti: serve infatti fare squadra perché da soli non si va lontano. Ringrazio il professore Ghelma, esperto del Ministero sul tema, che ha supportato la parte scientifica dell’incontro di oggi e che supporterà anche quella dei prossimi momenti di confronto che promuoveremo». (S.B.)