La coerenza ambigua sull’educazione inclusiva

«Certo, non tutto va bene – scrive Giampiero Griffo -, ma il bilancio del processo di inclusione nel nostro Paese è stato ampiamente positivo e l’educazione inclusiva è una politica italiana considerata come una buona prassi internazionale. Quale coerenza ha dunque la Lega nel voler da una parte valorizzare le politiche nazionali e nel candidare dall’altra alle elezioni europee il generale Vannacci, pronunciatosi in favore delle classi segreganti, senza convincenti prese di posizione a favore dell’educazione inclusiva e del suo valore economico, culturale, sociale ed educativo?»

Particolare di bimbo a scuola che disegna con una matita

«Il bilancio del processo di inclusione scolastica in Italia – scrive Giampiero Griffo – è stato ampiamente positivo»

Nel 2021 l’Unione Europea ha lanciato un’iniziativa nel campo della tutela dei diritti dei minori denominata European Child Guarantee, inserendoli nelle strategie di protezione dei diritti fondamentali e dandosi una serie di obiettivi da conseguire tra cui il superamento della segregazione in classi speciali e separate da quelle ordinarie.
Sulla base dei dati raccolti nel 2016 dall’Agenzia Europea per i Bisogni Educativi Speciali e l’Educazione Inclusiva – grazie all’approvazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata da tutti i Paesi Membri dell’Unione Europea -, più del 60% dei minori con disabilità frequentavano classi ordinarie, che ancora nel 2008 erano solo circa il 40%. Il modello italiano di scuola inclusiva, con il 99,6% di alunni/alunne che frequenta le scuole e le classi di tutti di ogni ordine e grado è studiato in tutto il mondo come una buona prassi ed è visitato ogni anno da delegazioni di svariati Paesi (solo quest’anno sono arrivate delegazioni dal Giappone, dalla Cina, dalla Polonia e altre).

Se leggiamo in profondità il processo di inclusione nelle scuole delle persone con disabilità in Italia, scopriamo che si tratta di un processo di sviluppo. Infatti negli Anni Settanta del secolo scorso, prima della Legge 517/77, la norma che ha cancellato le classi differenziali e avviato il processo di superamento delle scuole speciali, erano circa 40.000 gli alunni che frequentavano nelle primarie classi e scuole, con circa 7-8.000 insegnanti specializzati. L’anno scorso gli alunni/alunne con disabilità erano in totale circa 305.000, e più di 190.000 gli insegnanti di sostegno, senza contare le altre migliaia di figure professionali nate dall’inclusione (assistenti specialistici, educatori ecc.).
Grazie al conseguimento di un titolo di studio, più di 30.000 studenti con disabilità intellettiva hanno trovato un lavoro, alcuni di loro hanno conseguito una laurea (Giusy Spagnolo, Filippo Adamo, solo per fare due esempi) e grazie all’inclusione scolastica altre centinaia di miglia di persone con disabilità hanno potuto conseguire un titolo di studio e un lavoro.
Nel 2020, una Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia per non avere fornito ad una alunna con la sindrome dello spettro autistico del Comune di Eboli (Salerno) un assistente specialistico a scuola (con la motivazione che non aveva risorse economiche nel bilancio), facendo pagare oltre alle spese processuali, anche le spese sostenute dalla famiglia, più un risarcimento morale di 10.000 euro. Il Comune, infatti, aveva violato i diritti umani di quell’alunna, non garantendo un’eguaglianza di trattamento rispetto agli altri alunni. In altre parole, anche nella scuola di tutti i diritti umani di questi alunni sono tutelati, indipendentemente dalle risorse economiche stanziate.
La scuola inclusiva ha incluso i genitori di bambini con disabilità, ha consentito ai bambini di ogni classe di conoscere e rispettare i propri pari con disabilità, ha insegnato alla scuola ad includere anche bambini provenienti da altri Paesi, altre culture, altre religioni.
Infine, nel 2021 erano 36.000 gli alunni con disabilità e BES (Bisogni Educativi Speciali) che frequentavano l’università: il risulto di quasi cinquant’anni di inclusione.

Certo, non tutto va bene, se da molti anni, ad esempio, ancora non sono stati emanati i Decreti Attuativi del Decreto Legislativo 66/17 sull’inclusione, ma il bilancio del processo di inclusione è stato ampiamente positivo.
Ha lasciato perciò sgomenti e basiti sentire l’esternazione del candidato della Lega alle elezioni europee generale Roberto Vannacci, che indicava tra i suoi obiettivi il ritorno alle classi segreganti per le persone con disabilità. Ha poi smentito come una male interpretazione del suo pensiero. Però, qual è il suo pensiero? La cattiva interpretazione non ha mai avuto un chiarimento, né una smentita del suo partito, anzi il segretario di esso, Salvini, ha detto che condivide tutte le opinioni espresse da Vannacci e la stessa ministra per le Disabilità Locatelli, appartenente nel proprio partito alla medesima corrente di Salvini, ha espresso una presa di posizione sul tema, senza condannare le esternazioni del generale.

L’educazione inclusiva è considerata una politica italiana come buona prassi internazionale che altri Paesi vengono a studiare. Quale coerenza ha dunque la Lega nel voler da una parte valorizzare le politiche nazionali e nel candidare dall’altra a capolista per le imminenti elezioni europee il generale Vannacci nelle circoscrizioni Centro e Sud, senza convincenti prese di posizione a favore dell’educazione inclusiva e del suo valore economico, culturale, sociale ed educativo? La Lega vuole rappresentare realmente i diritti delle persone con disabilità o solo quando questa immagine le conviene?

Componente del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International).

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