89 persone autistiche in mezzo alla battaglia tra Comune e Regione

«L’odissea di 89 persone con disabilità autistiche ad elevata intensità di assistenza, insieme alle loro famiglie, si sintetizza attraverso due date distanti quasi cinque anni l’una dall’altra. In mezzo vi è una serie di rimandi, omissioni, incapacità nell’intervenire per sanare la loro posizione da parte del Comune di Roma e della Regione Lazio. Per questo stiamo attivando una serie di azioni volte a salvaguardare la salute, la qualità della vita e il futuro dei nostri figli e figlie»: lo scrivono dal Coordinamento Famiglie 983, che prende il nome da una recente Delibera della Regione Lazio

Giovane con disturbo dello spettro autistico

Un giovane adulto con disturbo dello spettro autistico

L’odissea temporale di 89 persone con disabilità autistiche ad elevata intensità di assistenza, insieme alle loro famiglie, si sintetizza attraverso due date distanti quasi cinque anni l’una dall’altra. In mezzo vi è una serie di rimandi, di omissioni, di incapacità nell’intervenire per sanare la loro posizione da parte del Comune di Roma e della Regione Lazio. Oggi, però, la situazione è precipitata. Perciò stiamo attivando, come Coordinamento delle Famiglie, una serie di azioni volte a salvaguardare la salute, la qualità della vita e il futuro dei nostri figli e figlie di fronte a quello che appare a tutti gli effetti come un conflitto di stampo politico ed economico. Una guerra caratterizzata da un rimpallo di responsabilità che francamente, oltre a generare un senso di angoscia (supplementare) nelle nostre vite già segnate da un grande carico di stress, ci lascia sbalorditi. Si tratta di un’ennesima prova che la lettera della legge per i fragili vale zero e che nella realtà, lo slogan “la persona al centro” diventa “la persona al centro del mirino”.
Il “Dopo di Noi” – cui è stata dedicata una legge e migliaia di convegni – è diventato un non-luogo dove si inaugurano tante residenze, ma senza le misure e le risorse per viverci. “Multidimensionale” è una valutazione, da parte dei servizi sociali, che si risolve in due o tre pagine di progetto piatto e unidimensionale. “Personalizzato e partecipato” finisce per equivalere all’apporto richiesto alla famiglia, e via dicendo.

Questa protesta, dunque, e la lettera aperta che abbiamo inviato al presidente della Regione Lazio Rocca, al sindaco di Roma Gualtieri e agli assessori Maselli (Regione Lazio) e Funari (Comune di Roma) [il testo integrale della lettera aperta è disponibile a questo link, N.d.R.], nascono dall’evidente incapacità (o non volontà) di seguire il solco delle leggi da parte delle Istituzioni, tutte. Che continuano a mettere e a togliere toppe, senza una reale contezza della realtà della disabilità, di ciò che realmente serve e di ciò che può danneggiare il destino di una persona.
I politici di turno si affidano ai contabili, agli amministratori, ai cosiddetti “esperti di bilancio”, che seguono da anni le stesse categorie e gli stessi parametri, incuranti del mondo che cambia. Le leggi nazionali e la lungimirante Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità vengono citate nelle premesse e puntualmente dimenticate nei contenuti delle Delibere.
Oggi non siamo più disponibili a essere ostaggi di questa distorsione iniqua.

24 settembre 2019: Memoria di Giunta Regionale (Zingaretti presidente – D’Amato assessore alla Sanità – Troncarelli assessore ai Servizi Sociali).
Si decide di intervenire su un numero ampio di persone (più di 130) e «ricondurre tale forma di assistenza all’interno di una appropriata cornice normativa e contestualmente tutelando l’utenza da pericolose discontinuità di presa in carico, l’Amministrazione regionale, nelle more del completamento del percorso previsto con DCA 258/2019 di autorizzazione e accreditamento sanitario di strutture di piccole dimensioni a prevalente indirizzo sociale per disabili adulti gravi, intende intraprendere quanto di seguito specificato. A partire dal 1 gennaio 2020, per i progetti finanziati o i casi già valutati dalle ASL che sono effettuati o da effettuarsi presso strutture autorizzate socio-assistenziali verranno impiegate risorse a carico del bilancio regionale utilizzando, come parametro di riferimento, le tariffe già adottate dalla regione Lazio. Le risorse, per il funzionamento di case famiglia per persone in condizione di disabilità grave, sono erogate ai comuni capofila dei distretti socio sanitari, secondo i criteri della L.R. n. 41/2003 e L.R. Il. 11/2016. Fino al 31 dicembre 2019 i progetti finanziati o le domande di assistenza pervenute entro il 30 settembre 2019 verranno proseguiti in continuità con le risorse in carico al Servizio Sanitario Regionale».
Ebbene, durante quattro anni e due mesi non accade quasi nulla, salvo segnali di fumo fra Comune di Roma e Regione Lazio, che sembrano essere d’accordo nel risolvere “la faccenda” con una quota ciascuno, a seconda del tipo di intensità necessaria.

In seguito, dopo una serie di schermaglie su altri tavoli (sempre legati alla disabilità, come la cosiddetta CAA-Comunicazione Aumentativa Alternativa, con lo stesso metodo dei colpi bassi), la Regione decide di stringere i tempi e detta una road-map che essenzialmente prevede:
1. l’elaborazione rapida di valutazioni multidimensionali degli autistici da parte delle ASL (che non le sanno fare, che necessitano di molto tempo e che da anni per questo non vengono fatte);
2. la migrazione di tutte le strutture ospitanti (socio-assistenziali da sempre e dove gli “ostaggi” di questa battaglia vivono piuttosto bene) verso il sociosanitario, con sconquassi evidenti per le persone e per le Cooperative o Associazioni che le gestiscono. In sintesi: da decenni si parla di deistituzionalizzazione, ma questa decisione afferma decisamente il contrario, scaraventandoci in un passato che non avremmo mai più voluto vivere.

28 dicembre 2023: Delibera Regionale n.983 (Rocca presidente e assessore alla Sanità – Maselli assessore ai Servizi alla Persona).
Fra le altre cose si decide unilateralmente (senza presentare la Delibera alle Consulte, senza un accordo vero e proprio col Comune di Roma) «di stabilire che le AA.SS.LL. dovranno individuare, entro e non oltre il 30 giugno 2024, la risposta assistenziale più appropriata in ragione dei PAI formulati dalle UVMD [PAI=Piani Annuali Inclusione; UVMD=Unità di Valutazione Multidimensionale, N.d.R.], tenendo conto, ove ritenuto adeguato un setting residenziale/semiresidenziale, dell’unità di offerta attualmente presente sul territorio regionale, ossia le strutture sociosanitarie nelle quali ospitare le n. 89 persone con disturbo dello spettro autistico e/o disabilità complessa ricomprese nel bacino di cui al presente atto» e di «disporre che sarà a carico delle AASSLL, anche attraverso la convocazione delle UVMD, vigilare sulla permanenza dei requisiti assistenziali degli utenti oggetto del presente atto».
Subito dopo, l’8 gennaio, arriva una Determina ancora più perentoria in cui si invitano le strutture ospitanti a diventare mini-istituti. Il che significa – per le Cooperative Sociali o le Associazioni che storicamente hanno fatto da ammortizzatore delle criticità a cui il welfare regionale non era in grado di offrire risposte adeguate – affrontare una conversione costosa per loro e deleteria per le persone da assistere.

L’autismo, come sanno ormai anche i sassi, non è una malattia. Malgrado le continue assicurazioni del volonteroso assessore Maselli, le famiglie si sono riunite in un coordinamento e in aprile hanno fatto ricorso al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale). Il 9 luglio prossimo le parti saranno di nuovo chiamate all’udienza finale.
Poche settimane fa lo stesso assessore Maselli ha varato un rinnovo che porta la scadenza al 31 dicembre 2024. L’assessora Funari del Comune di Roma, finora abbastanza defilata (il Comune finora non ha partecipato alla retta degli 89 autistici) rilascia pochi giorni fa una dichiarazione catastrofica in cui punta l’indice sull’indisponibilità della Regione a stringere un accordo per un piano integrato che era stato sbandierato come “sperimentale” (in realtà previsto fin dalla Legge Nazionale 328/00, con progetto personalizzato e budget di salute da condividere fra le due Istituzioni)…
Ecco, per questo siamo qui, perplessi e furibondi, a raccontare un’ulteriore, deprimente storia italiana di disabilità.

Il Coordinamento prende il nome dalla Delibera 983/23 della Giunta Regionale del Lazio (“Indirizzi per la continuità assistenziale di persone con disturbo dello spettro autistico e disabilità complessa in strutture che prestano servizi socio-assistenziali”).

Del tema trattato nel presente contributo ci siamo già occupati con i testi Ancora una volta si istituzionalizza: è urgente cambiare strada di Daniele Stavolo, Un futuro dignitoso o un salto indietro nel tempo? di Mariagrazia Moncada e A proposito di comunità socio-sanitarie e di progetti individualizzati di Maria Grazia Breda e Giuseppe D’Angelo.
Per ulteriori informazioni: presidenza@fida-dirittiautismo.org.

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