L’impatto positivo di un farmaco su una forma di SLA

«Questo risultato rinnova la nostra speranza nella ricerca»: a dirlo è Fulvia Massimelli, presidente dell’AISLA, commentando la notizia dei risultati provenienti da uno studio clinico condotto presso i Centri Clinici NEMO (NeuroMuscular Omnicentre). Infatti, dopo la recente approvazione del farmaco “Tofersen” da parte dell’Agenzia Europea del Farmaco, la conferma concreta della sua efficacia clinica è arrivata dal primo studio tutto italiano condotto sul campione più numeroso di persone con SLA con “mutazione SOD-1” nel nostro Paese, osservato per il periodo più lungo di tempo

Malato di SLA con assistente informatico

Una persona con la SLA (sclerosi laterale amiotrofica), insieme a un assistente informatico

Nuovi segnali di speranza per la SLA (sclerosi laterale amiotrofica) giungono da uno studio clinico condotto presso i Centri Clinici NEMO (NeuroMuscular Omnicentre). Infatti, dopo la recente approvazione del farmaco Tofersen da parte dell’EMA, l’Agenzia Europea per i Medicinali, la conferma concreta della sua efficacia clinica arriva dal primo studio tutto italiano condotto sul campione più numeroso di persone con SLA con mutazione SOD-1 nel nostro Paese osservato per il periodo più lungo di tempo.
«Questo studio sul campo, nella realtà della pratica clinica fornisce dati importanti e convincenti – afferma Mario Sabatelli, direttore clinico del Centro Clinico NEMO di Roma, ospitato presso la Fondazione Policlinico Gemelli, e presidente della Commissione Medico-Scientifica dell’AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) –. Grazie all’esperienza clinica sulla SLA della rete dei Centri NEMO, e alla loro capacità di collaborazione, è stato possibile monitorare il gruppo dei pazienti per un periodo di tempo molto lungo, elemento fondamentale per comprendere l’impatto del farmaco in relazione all’evoluzione della malattia».

Per un periodo di almeno un anno dopo la somministrazione iniziale del Tofersen, dunque, i Centri NEMO di Roma, Milano, Brescia, Trento e Ancona hanno raccolto e analizzato i dati di 17 pazienti, gruppo che rappresenta una parte dei 27 che hanno avuto la possibilità di accedere al farmaco a partire dal 2021, attraverso il programma di accesso anticipato. A questo periodo, si sono uniti 12 mesi di monitoraggio clinico antecedenti l’arrivo del farmaco, per un totale di circa due anni di valutazione. Proprio la numerosità del campione e il lungo periodo di osservazione clinica sono da considerarsi estremamente significativi, data la rarità di questa specifica mutazione (2-3% delle persone con SLA in Italia, circa 150 in tutto) e la complessità stessa della malattia nel suo decorso clinico.
«Il valore dei risultati raggiunti è dato dalla possibilità di confrontare i dati clinici dello studio, con i medesimi dati raccolti nella pratica clinica quotidiana nel periodo precedente l’assunzione del farmaco sperimentale – conferma Federica Cerri, neurologa referente dell’Area SLA del Centro NeMO di Milano e anch’ella tra gli esperti della Commissione Medico-Scientifica dell’AISLA –. Questa continuità nella presa in carico della persona, infatti, permette di condurre un’analisi dettagliata della storia di malattia, tracciando chiaramente due traiettorie del suo andamento, ossia prima e dopo il trattamento con Tofersen».

I risultati dello studio, appena pubblicati da «European Journal of Neurology», la rivista ufficiale della Società Europea di Neurologia, mostrano una stabilizzazione o addirittura un lieve miglioramento clinico per un significativo numero di pazienti coinvolti (il 53% del gruppo di studio). Ciascun paziente è stato monitorato ogni 12 settimane con le scale di valutazione clinica standardizzate (ALSFRS-R, FVC, MRC) per verificare la funzionalità generale, la capacità respiratoria e la forza muscolare negli arti.
Inoltre, la ricerca ha dimostrato che il farmaco ha un effetto positivo sul piano biologico nel processo di degenerazione dei motoneuroni, come confermato dalla significativa riduzione del dosaggio dei neurofilamenti, proteine indicatrici di tale processo. Nello studio si è osservata una marcata riduzione di questi neurofilamenti nell’82% dei pazienti. Ciò conferma l’impatto efficace sulla malattia di Tofersen in almeno un sottogruppo di pazienti.

Anche Fulvia Massimelli, presidente nazionale dell’AISLA esprime grande soddisfazione: «Questo risultato rinnova la nostra speranza nella ricerca, adesso attendiamo la rapida approvazione dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Voglio esprimere a nome della comunità delle persone con la SLA la nostra gratitudine ai Centri NEMO, per tutti noi un riferimento nella cura, nella ricerca e nell’assistenza sulla SLA e le malattie neuromuscolari».

Segni concreti di speranza, dunque, nella ricerca sulla SLA che confermano come la forza dell’esperienza clinica sulla malattia si possa tradurre in modo concreto nella qualità della ricerca scientifica. (Simona Lancioni)

Per ulteriori informazioni: Ufficio Stampa Centri Clinici NEMO (Stefania Pozzi), stefania.pozzi@centrocliniconemo.it.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione.

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