Uno degli aspetti più “controversi” del recente Decreto Legge 71/24 (Disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell’anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca) è senza ombra di dubbio quello relativo alla specializzazione sul sostegno fornita dall’INDIRE (Istituto Nazionale Documentazione, Innovazione, Ricerca Educativa) e non dalle Università, come avviene per gli attuali TFA (Tirocini di Formazione Attiva). Infatti, per far fronte alla cronica carenza di docenti specializzati sul sostegno, il predetto Decreto introduce, in aggiunta all’offerta delle Università, pure un’offerta formativa erogata appunto dall’INDIRE, rivolta ai circa 85.000 docenti “precari” che da anni già svolgono questo ruolo, per quanto privi di specializzazione. E si interviene anche al fine di favorire la risoluzione del contenzioso collegato al mancato riconoscimento dei titoli di specializzazione sul sostegno conseguiti all’estero, con circa 11.000 beneficiari che potranno accedere a percorsi di specializzazione ad hoc, sempre erogati dall’INDIRE.
Effettivamente, che ci sia una forte discrepanza tra i posti banditi dalle varie Università per i Tirocini Formativi Attivi per il sostegno e le attuali concrete necessità è sotto gli occhi di tutti e ci viene confermato inequivocabilmente dai numeri in nostro possesso: sono 32.317 i posti banditi nell’ultimo nono ciclo universitario di TFA sul sostegno, un terzo del reale fabbisogno (90.000 supplenti non specializzati), in violazione dei bisogni degli studenti con disabilità (53% al Sud, 32,5% al Centro, 14,5% al Nord).
E tuttavia, pur apprezzando il tentativo del Ministero dell’Istruzione e del Merito di superare in tal modo il predetto annoso problema dell’“imbuto formativo” provocato dal numero chiuso delle Università, non rispondente alle effettive esigenze di organico e degli alunni con disabilità, che anche per l’ultimo nono ciclo ha impedito a circa l’80% dei docenti di sostegno precari non specializzati l’accesso ai TFA, non posso d’altro canto non evidenziare – come già denunciato da chi scrive su queste stesse pagine – che una simile disposizione di legge finirebbe per rendere sempre più scadente e insufficiente la preparazione e la specializzazione degli insegnanti per il sostegno, che già dal 1986, da quando cioè si passò dai cosiddetti corsi “monovalenti” a quelli “polivalenti”, è sempre più indistinta, “general-generica” e incurante delle specificità delle singole disabilità sensoriali, intellettive e del neurosviluppo. Senza trascurare che la specializzazione di tutti questi docenti di sostegno non sarebbe più di competenza degli Atenei, ma di un Ente come l’INDIRE che, ad onor del vero, con la formazione e la specializzazione sul sostegno didattico agli allievi con disabilità ha poco o nulla a che vedere.
Da persona con disabilità visiva, affermo con forza che il processo di inclusione degli studenti con disabilità è una questione molto seria e che, per garantire loro davvero un’istruzione di qualità e un reale ed efficace progetto di vita, non servono docenti per il sostegno con specializzazione “mordi e fuggi” e “fai da te”.
Per ovviare quindi a tali criticità, mi permetto di lanciare un accorato appello al ministro Valditara e a tutte le forze politiche affinché, in sede di discussione e modifica parlamentare del Decreto Legge 71/24, riprendano la lungimirante Proposta di Legge presentata dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), volta all’istituzione di apposite classi di concorso per il sostegno.
Tale Proposta di Legge, va ricordato, risale già al 2021 e prevede per gli aspiranti docenti per il sostegno una laurea quinquennale in cui siano già presenti aspetti di pedagogia e didattica, completati da un sesto anno abilitante con approfondimenti specifici sulle didattiche speciali. Ovviamente questa proposta dovrebbe integrarsi pure con l’aumento del numero di Crediti Formativi per i docenti disciplinari.
Solo emendando in tal senso il recente Decreto Legge e assicurando concretamente le condizioni “strutturali” di cui sopra, sarà possibile garantire un’effettiva continuità didattica e realizzare a pieno l’inclusione scolastica degli alunni/studenti con disabilità del nostro Paese.