Il mese di giugno è il mese dove si canta spesso il nostro Inno Nazionale, che recita così: «…l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa». Ma perché dico che il mese di giugno è il mese per cantare spesso l’Inno di Mameli? Per due motivi: il 2 giugno è la Festa della Repubblica Italiana, dove tutti i telegiornali fanno vedere il Presidente con la mano sul cuore che canta, il secondo motivo è che il 15 di questo mese è iniziato il campionato europeo di calcio in Germania! E ovviamente tutte le volte che la nostra Nazionale Azzurra entra in campo, immancabilmente c’è l’Inno e tutti cantano…
L’inno è il simbolo di unione di una Nazione, così come la Costituzione è il documento che viene redatto proprio nel momento di costituzione della nazione stessa. E noi abbiamo un bellissimo documento che persone illuminate hanno redatto: la nostra “Carta della Costituzione Italiana”, che recita all’articolo 11: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».
Ma è ancora così attuale, visto che è stata promulgata nel 1947, cioè 77 anni fa?
A questa domanda ha risposto il Teatro di Camelot, che è una compagnia teatrale emiliana nata nel 2000, in cui lavorano e collaborano attori professionisti con e senza disabilità [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.]. Loro hanno messo in scena da anni uno spettacolo dal titolo Siamo uomini o caporali? – Raccontiamo la Costituzione Italiana a teatro, spettacolo rinnovato quest’anno.
Alcune settimane fa ho avuto l’occasione di fare a loro una “micro-intervista”, mi ha risposto Federico Feliziani, un attore con disabilità a cui semplicemente ho rivolto tre domande.
Quali sono le novità di questo spettacolo sulla Costituzione?
«Riprendendo uno spettacolo scritto ormai più di quindici anni fa avevamo la necessità di aggiornarne i contenuti, di rivederne la forma adattandola ai tempi della società attuale. Dal punto di vista tematico, ahi noi, non è cambiato niente: ovvero il filo conduttore dello spettacolo rimane quel senso di stupore e indignazione nell’osservare che, sì abbiamo una bellissima Costituzione, piena di valori e princìpi che servono a disegnare una società coesa e vivace, ma poi molti di questi valori vengono disattesi nella vita quotidiana. La grossa differenza, quindi, è la forma dello spettacolo: non ripercorre più tutti i primi dodici articoli della Carta, ma abbiamo scelto di concentrarci su alcuni di essi, di interpretarli e di darne una nostra lettura. Un’interpretazione dal punto di vista di chi, da quegli articoli, si dovrebbe sentire tutelato e invogliato a prendere parte alla società».
Che messaggio nuovo volete dare?
«Magari ci fosse un messaggio nuovo: vorrebbe dire che qualcosa è cambiato in positivo o in negativo. Invece dopo quindici anni ci troviamo con le stesse battute che sembrano scritte oggi per oggi. Celebriamo la Costituzione in un importante anniversario, allo stesso tempo però ci sorprendiamo di come, dopo settantasette anni, il testo e la realtà non coincidano. Se c’è un messaggio nuovo è quello che costruiamo insieme al pubblico: ancora qua? Ancora a parlare di morti sul lavoro? Ancora a dire che non proprio tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge?».
Secondo voi cosa manca nella carta della Costituzione italiana?
«Il dovere di leggerla e poi, possibilmente, quello di attuarla. Fuor di battuta: la Costituzione italiana è un grande esercizio di equilibro e inclusione. Anche quando pensiamo che manchi qualcosa, in realtà nelle virgole c’è. Se da domani tutti iniziassimo a fare quello che c’è scritto, questo Paese cambierebbe in un modo impressionante. La Costituzione italiana è rivoluzionaria: peccato che la attuiamo a spizzichi e bocconi».
Sì, hai proprio ragione, caro Federico, bisogna rileggerla spesso e trovare nelle virgole il senso della nostra Costituzione! Come diceva Antonio Giuseppe Malafarina, una virgola non chiude la storia, ma lascia aperta la strada per il futuro.
E che dire? Voi leggete la Costituzione e lasciate aperta la via per continuare la strada?
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Pensiero Imprudente
Dalla fine del 2022 Claudio Imprudente è divenuto una “firma” costante del nostro giornale, con questa suo spazio fisso che abbiamo concordato assieme di chiamare Pensiero Imprudente, grazie alla quale sta impreziosendo le nostre pagine, condividendo con Lettori e Lettrici il proprio sguardo sull’attualità.
Persona già assai nota a chi si occupa di disabilità e di tutto quanto ruota attorno a tale tema, Claudio Imprudente è giornalista, scrittore ed educatore, presidente onorario del CDH di Bologna (Centro Documentazione Handicap) e tra i fondatori della Comunità di Famiglie per l’Accoglienza Maranà-tha. All’interno del CDH ha ideato, insieme a un’équipe di educatori e formatori specializzati, il Progetto Calamaio, che da tantissimi anni propone percorsi formativi sulla diversità e l’handicap al mondo della scuola e del lavoro. Attraverso di esso ha realizzato, dal 1986 a oggi, più di diecimila incontri con gli studenti e le studentesse delle scuole italiane. In qualità di formatore, poi, è stato invitato a numerosi convegni e ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche.
Già direttore di una testata “storica” come «Hp-Accaparlante», ha pubblicato libri per adulti e ragazzi, dalle fiabe ai saggi, tra cui Una vita imprudente. Percorsi di un diversabile in un contesto di fiducia e il più recente Da geranio a educatore. Frammenti di un percorso possibile, entrambi editi da Erickson. Ha collaborato e collabora con varie riviste e testate, come il «Messaggero di Sant’Antonio», per cui cura da anni la rubrica “DiversaMente”. Il 18 Maggio 2011 è stato insignito della laurea ad honorem dall’Università di Bologna, in Formazione e Cooperazione.
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