Quando la paura vince sulla legge: la storia di Giovanna

«A volte – scrive Silvia Lisena – nella vita di una persona vi è un evento che la scinde in due parti. Un prima e un dopo. Parti attaccate tra loro con la colla, in una sorta di convivenza forzata, con alti e bassi. È ciò che è successo nel 2001 a Giovanna Galasso, donna di 56 anni che da nove anni lotta contro un nemico temibile e che non è la sua disabilità psichica, ma la paura da parte degli altri. La sua storia non può rimanere inascoltata, per cui spero e invito tutte e tutti a fare passaparola affinché arrivi finalmente una luce a rischiarare le tenebre dello stigma e della paura»

Giovanna Galasso

Giovanna Galasso

Ho ricevuto una richiesta di aiuto da parte di Giovanna Galasso, donna con disabilità psichica acquisita che, da troppo tempo, si ritrova disoccupata dopo anni di carriera modello. Eppure, la Legge 68/99 (“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”) dovrebbe tutelarla. Ma cosa può una Legge di fronte alla paura da parte della gente nei confronti di una disabilità psichica? Le Istituzioni non sembrano prestare ascolto ai suoi accorati appelli, ma io credo nella forza della condivisione e quindi vi esorto a leggere attentamente la storia che vi sto per raccontare. (Sil.Lis.)

A volte, nella vita di una persona, accade un evento che la scinde in due parti. Un prima e un dopo. Parti che sono attaccate tra loro con la colla, in una sorta di convivenza forzata, con alti e bassi. È ciò che è successo nel 2001 a Giovanna Galasso, donna campana oggi cinquantaseienne.
C’è un prima, fatto da un brillante percorso professionale trentennale che l’ha portata a diventare manager in aziende site in città di spicco come Milano. C’è un dopo, fatto da un evento drammatico che le ha lasciato, come strascico, un disturbo schizoaffettivo, successivamente riconosciuto dall’INPS attraverso una percentuale di invalidità civile del 75%.
Giovanna ha cercato, legittimamente, di riprendere le redini della sua vita, a cominciare dalla carriera. Era sicura, infatti, di essere tutelata dalla Legge 68/99 il cui articolo 9 prevede l’assunzione delle persone con disabilità psichica negli enti pubblici attraverso una chiamata diretta. Ma incombeva un’ombra minacciosa, un nemico temibile. No, non era la sua disabilità psichica. Era la paura da parte degli altri.

Quando ci si trova di fronte a una disabilità fisica o sensoriale, magari, si è più “tranquilli” perché è qualcosa di evidente, che si ha lì di fronte agli occhi, e quindi più gestibile, più ascrivibile a delle “regole di inclusività”.
Ma quanto può spaventare, invece, qualcosa che non si vede? Qualcosa di imprevedibile, che non si può controllare, che non si può gestire?
Come se la gestione fosse imputata unicamente al datore di lavoro, che quindi si sentirebbe legittimato ad arrogarsi il titolo di “caregiver temporaneo”.
Come se la persona con disabilità psichica non contasse più nulla in quanto persona.
Come se l’articolo 4 della nostra Costituzione, che solennemente riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che lo rendano effettivo, valesse soltanto per alcuni.
Come se, ancora una volta, si evidenziasse la dicotomia “noi-loro” e non ci si aprisse a un percorso di reale inclusione lavorativa che, innanzitutto, dovrebbe essere fondato su un rapporto di collaborazione e corresponsabilità tra datore e dipendente. Soltanto esaminando insieme la situazione, si può iniziare a costruire un percorso mirato a raggiungere una funzionale performatività e a garantire le condizioni di complessivo benessere per la persona e il team.

Giovanna ha raggiunto traguardi che, purtroppo, ancora oggi sono preclusi a molte donne che faticano a ottenere posizioni manageriali nel mondo del lavoro.
La sua disabilità psichica non può e non deve essere un impedimento per la rivendicazione dei suoi diritti, in quanto donna e ora anche in quanto persona con disabilità.
Da nove anni sta continuando a rivolgere appelli a diversi esponenti politici della Regione Campania che, pur prendendo a cuore il suo caso, nel concreto non hanno mai risolto nulla. Non le hanno neanche concesso un colloquio con il presidente della Regione De Luca, cosa che lei chiede.

Questa storia non può rimanere inascoltata, per cui spero e invito tutte e tutti a fare passaparola affinché possa arrivare finalmente una luce che rischiari le tenebre dello stigma e della paura.

Disfemminismo e altre storie
Si intitola così lo spazio fisso affidato da «Superando.it» alla cura di Silvia Lisena, insegnante, scrittrice e attivista con disabilità motoria, che con esso intende «raccontare, indagare e riflettere sulla realtà delle donne con disabilità in un’ottica femminista, inclusiva e intersezionale», come ha scritto lei stessa.
Nella colonnina a fianco (Articoli correlati) il link agli articoli finora pubblicati nell’àmbito di questo spazio.

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