Il Terzo Manifesto sui Diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea (disponibile in italiano a questo link, e in linguaggio facile da leggere e da capire a quest’altro link) è stato pubblicato dall’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, il 1° marzo di quest’anno. Esso è stato elaborato facendo riferimento ai dati raccolti con un sondaggio effettuato dallo stesso Forum, a cui hanno partecipato quasi 500 donne residenti in 33 Paesi europei. Il 79% delle partecipanti erano donne con disabilità, il 26% madri di persone con disabilità.
Nel Manifesto in esame, «l’empowerment e l’emancipazione delle donne e delle ragazze con disabilità, nonché lo sviluppo delle loro capacità di leadership e protagonismo sono fondamentali per proteggere i loro diritti umani». Riguardo alla leadership è specificato che essa non consiste solo nell’assumere posizioni ufficiali di comando, ma anche nella possibilità di condurre la propria vita in modo libero e desiderato.
La prima sezione del testo è dedicata a trattare del maggior rischio di povertà cui sono soggette le donne e le ragazze con disabilità, dei pericoli cui sono esposte in situazioni di emergenza (sanitaria e climatica), e delle specifiche forme di violenza di genere che subiscono, inclusa la sterilizzazione forzata [se ne legga a questo link, N.d.R.].
La seconda sezione, invece, è dedicata all’empowerment, quanto meno sulla carta. Nella sostanza, infatti, vengono illustrate le forme di discriminazione che non rappresentano un pericolo immediato per la sopravvivenza delle donne e delle ragazze con disabilità, e non costituiscono violenza di genere. In questa sezione vengono menzionati (tra le altre cose) l’abilismo e la mancanza di accessibilità. Essa include anche delle raccomandazioni, che però sono molto vaghe.
E ancora, la terza parte è dedicata alla leadership, almeno nel titolo. In realtà, tratta dei diritti riproduttivi, civili e politici delle donne e delle ragazze con disabilità, nonché del loro diritto di accedere al mercato del lavoro. Anche in questo caso sono riportati i dati relativi alle discriminazioni subite dalle donne e dalle ragazze con disabilità che hanno partecipato al sondaggio, mentre le raccomandazioni, con poche eccezioni, non propongono strategie specifiche.
La sezione conclusiva del Manifesto, infine, contiene una sintesi delle raccomandazioni, la più specifica delle quali riguarda «l’adozione della Direttiva UE sulla lotta alla violenza contro le donne e la fine della sterilizzazione forzata» [il testo della citata Direttiva dell’Unione Europea è disponibile in lingua italiana a questo link. Essa è stata approvata in via definitiva dal Parlamento dell’Unione Europea il 24 aprile 2024, ma non contiene disposizioni per la criminalizzazione della sterilizzazione forzata, come richiesto dall’EDF. A tal proposito si segnala l’approfondimento pubblicato su queste stesse pagine, N.d.R.].
Riteniamo che il Terzo Manifesto sia un documento importante, perché, come illustrato, è stato elaborato sulla base dei dati raccolti nel sondaggio effettuato dall’EDF, il quale ha evidenziato le numerose forme di discriminazione cui sono esposte le donne e le ragazze con disabilità. Tuttavia pensiamo che questo sia anche il suo limite, dal momento che manca una riflessione approfondita su tali risultati, anche alla luce della letteratura già esistente sulla condizione delle donne con disabilità.
Questa mancanza è tanto più sorprendente, se si considera che il Secondo Manifesto sui Diritti delle Donne e delle Ragazza con Disabilità (disponibile in italiano a questo link), pubblicato tredici anni fa, analizza nei dettagli la condizione delle donne e delle ragazze con disabilità – situazione che purtroppo non è cambiata negli anni –, ed è assai più specifico nella sue rivendicazioni. Non è un caso che sia assai più lungo del Terzo Manifesto. Quest’ultimo, tuttavia, ha il merito di introdurre per la prima volta un concetto importante, quello di “abilismo”. In particolare, all’interno di esso l’abilismo viene inquadrato tra le forme di discriminazione “meno violente”. Ma secondo noi esso, inteso come modalità di costruzione del mondo e di rapporti di potere tra persone che vengono escluse, svantaggiate, feticizzate perché non corrispondono ad un’idea illusoria di normoabilità, dovrebbe essere la chiave di lettura preponderante.
Ci sembra inoltre che il concetto di leadership venga confuso e amalgamato con quello del diritto all’autodeterminazione, come se, in quanto donne con disabilità, dovessimo abbassare le nostre aspettative in relazione alla partecipazione sociale e politica. Infatti, la sezione dedicata alla leadership elenca i diritti delle donne e delle ragazze con disabilità, e propone poche strategie concrete per assicurare la loro partecipazione politica e sociale.
In conclusione osserviamo come, sebbene il Manifesto evidenzi le discriminazioni subite dalle donne e dalle ragazze con disabilità e dia delle raccomandazioni condivisibili, esso presenti delle criticità. In particolare, riteniamo che manchi un quadro interpretativo coerente, anche legislativo e tecnico; che la scelta di parole chiave come empowerment e leadership sia completamente fuorviante, e che il passaggio dal “noi” al “loro” sia confusivo per chi legge, perché non è chiaro (dal punto di vista linguistico) se il Terzo Manifesto stesso sia stato scritto da donne con disabilità o meno.
Inoltre, per quanto quest’ultimo Manifesto invochi una prospettiva intersezionale, l’intersezionalità talvolta viene a mancare, come nel caso del diritto alla salute delle donne transgender con disabilità, che non vengono nemmeno menzionate, o la prospettiva delle donne con malattie croniche, invisibili e con patologie psichiatriche.
Alcune volte il confronto sulle disabilità e le malattie psichiatriche e/o malattie croniche e invisibili è ampio e aperto, altre volte i confini sono così sfumati che si sovrappongono, ma per la scrittura di istanze e per l’obiettivo finale del Manifesto avremmo trovato appropriato includere tutte le donne che vivono la dimensione di disabilità, di qualunque tipo di disabilità si tratti.
Speriamo pertanto che un futuro “Quarto Manifesto” riempia queste lacune.
Il presente contributo di riflessione è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione.