Ascolto, empatia, fiducia, incoraggiamento. È quanto ci dà un amico, uno vero. A volte questo amico non parla ma scodinzola, ha quattro zampe e una pelliccia morbida. Il filosofo Schopenhauer diceva che «chi non ha avuto un cane non sa cosa significhi essere amato», la saggezza popolare insegna che “il cane è il migliore amico dell’uomo”. Come vedremo, questo concetto si può allargare a tutti gli animali quando si parla di supporto emotivo, necessario alle persone con ansia generalizzata, disturbi dell’umore, fobie, attacchi di panico e depressione.
Sophie e Rose sono la prova tangibile della relazione simbiotica che può nascere tra un essere umano che ha bisogno di questo tipo di aiuto e un animale addestrato ad offrirglielo.
Sophie Bertocchi ha 27 anni, vive a Rimini, studia ingegneria biomedica e ha un disturbo di personalità borderline che le impediva di condurre una vita normale. Dormiva per intere giornate, piangeva, non trovava un motivo per uscire di casa. Dal 2021 al suo fianco c’è Rose, un cane da pastore scozzese delle Shetland, una compagna che ha imparato a sostenerla nei momenti bui.
Ogni mattina Rose sveglia Sophie, quel momento che prima generava apprensione è diventato un gioco per entrambe. La cagnolina riconosce l’ansia della sua padrona e ha imparato alcune tecniche specifiche per calmarla, come la pressure therapy, in cui sale sulla ragazza per rilassare il sistema nervoso, oppure il licking, ovvero una leccata per riportare Sophie al presente e alla realtà. In caso di emergenza Rose, comprende la gravità della situazione, prende l’astuccio con le medicine e lo porta a Sophie. Da tre anni vivono insieme ogni momento, senza il suo cane la ragazza non avrebbe potuto frequentare l’università, la sua presenza mitiga l’ansia sociale che l’attanagliava, averla accanto le infonde sicurezza. Prima dell’arrivo di Rose, Sophie non riusciva a prendersi cura di sé, adesso sa di doversi occupare della sua amica, è una responsabilità che dà senso alle giornate.
Tutto è cominciato su Internet, quando Sophie ha trovato il profilo social di una ragazza americana che parlava di cani di assistenza psichiatrica. Sono poco conosciuti e diffusi, fanno parte dei cosiddetti service dogs, un termine generico per indicare i cani di servizio specificamente educati a svolgere compiti per favorire l’autonomia delle persone con diversi tipi di disabilità. Sophie non aveva mai avuto un cane, ma non riusciva a stare meglio da sola, così ha deciso di provarci. Ha scoperto che in Italia non esiste nessun ente che regola l’addestramento di cani con queste competenze, le informazioni a disposizione erano soltanto in lingua inglese. In un allevamento ha scelto Rose, le avevano consigliato alcune razze più “predisposte”, in seguito ha saputo che non è la razza a fare la differenza, piuttosto conta il carattere del cane, le sue attitudini.
L’addestramento ha richiesto due anni e una prova finale di abilitazione. Una strada non semplice, per nulla economica, ma necessaria per ottenere la Certificazione ADI (Assistance Dogs International) che consente di portare il cane anche in viaggio, un diritto che nel nostro Paese non viene sempre riconosciuto. La legge, infatti, non equipara i cani di assistenza psichiatrica ai cani guida per ciechi che invece possono accedere ovunque.
Assistance Dogs International, autorità leader nel settore fondata nel 1986 negli Stati Uniti, è una coalizione mondiale di organismi senza scopo di lucro che addestrano cani di assistenza. In Italia esiste una sola associazione affiliata, la Dog4Life di Meda (Monza-Brianza) a cui si è rivolta Sophie.
Il percorso è condiviso con gli specialisti che seguono il richiedente e per iniziare serve una diagnosi di patologia psichiatrica. Una certificazione ADI è molto costosa, circa 12.000 euro, Dog4Life finanzia gli addestramenti mediante raccolte fondi. La formazione di Rose è avvenuta con Sophie sempre vicina, una prassi che ha rinsaldato il loro legame ed è stata una forma indiretta di terapia per la ragazza che ha potuto accompagnare la crescita della sua cagnolina; ogni due anni è previsto un “esame” per mantenere la certificazione.
Tutto bene, dunque? Non sempre, malgrado Rose abbia le carte in regola per seguire la sua padrona, capita ancora che andando ad esempio al supermercato, le due siano oggetto di rimproveri e critiche per la presenza del cane. Sophie documenta questi episodi sui propri profili Instagram e TikTok @help.me.rose, condividendo con ironia la sua esperienza per abbattere i pregiudizi intorno alla salute mentale e alle malattie psichiatriche. Sono forme di disabilità non evidenti, trattate con noncuranza, come fossero “capricci” e quel che Sophie vuol dire è «ci siamo anche noi!», per spronare altri con le sue stesse difficoltà a chiedere aiuto, ad uscire dal guscio. È il primo passo per stare meglio, il più complicato. Per il suo impegno di sensibilizzazione online, quest’anno, nell’ambito dell’evento For Pet Creators, la giovane riminese ha vinto un premio dedicato a influencer e creatori digitali, promosso da Reklame, digital agency di Firenze.
Interagire con un animale da compagnia ha effetti positivi per tutti, è ormai ampiamente dimostrato dalle evidenze scientifiche, porta effetti positivi in termini di salute fisica e psicologica, può aiutare perfino il funzionamento del sistema immunitario, regola i parametri correlati allo stress come frequenza cardiaca e pressione arteriosa, favorisce un buon tono dell’umore e i rapporti sociali.
Rose è un cane addestrato per svolgere compiti precisi, ma un animale può essere di aiuto anche senza una formazione specifica, quando ad esempio una persona con una psicopatologia o con autismo trae beneficio dalla relazione profonda con il proprio animale d’affezione.
Si parla in questo caso di ESA (Emotional Support Animals) o “animali di supporto emotivo”, spesso cani e gatti, ma sono frequenti anche conigli e maialini (da non confondere con la pet therapy, nella quale gli animali sono “coterapeuti”, interagendo con le persone e facilitando la comunicazione).
Sono significative le differenze tra gli ESA e i cani come Rose, a partire dal fatto che un service dog fornisce un’assistenza pratica dopo un addestramento professionale e viene registrato in conformità con le normative nazionali, mentre un ESA viene certificato tale da un professionista della salute mentale, che ne attesta la capacità di fornire aiuto a una persona con problemi riconosciuti dal DSM-5, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali).
In Italia non vi sono ancora indicazioni precise, mentre negli Stati Uniti una legislazione ad hoc regola la presenza degli ESA sui voli aerei e negli alloggi che normalmente non accettano animali, mentre possono accedere ai luoghi pubblici, ristoranti e negozi soltanto se non rappresentano un pericolo diretto per la salute e la sicurezza di altre persone.
Negli Stati Uniti gli animali di supporto emotivo si sono diffusi nel tessuto sociale del Paese dopo l’attentato alle Torri Gemelle nel 2001, ora sono operativi anche in 58 aeroporti statunitensi. Quello di Denver è famoso per la sua “brigata scodinzolante”, un centinaio di cani di razze diverse che aiutano i passeggeri a superare la paura del volo. Nell’Aeroporto di San Francisco fa lo stesso Lilou, un simpatico maialino di cinque anni, l’unico della sua specie a svolgere questo servizio.
La naturale capacità degli animali di cogliere le emozioni e trasmettere tranquillità con il semplice potere della vicinanza ne hanno fatto membri delle nostre famiglie. Non possiamo che augurarci che questo ruolo venga riconosciuto a tutti gli effetti anche all’interno del percorso di cura che devono seguire le persone con disabilità psicosociali, visto che ormai è assodato come la loro presenza contribuisca in maniera determinante a superare le difficoltà che impediscono di vivere serenamente.