Lazio: una richiesta di cambiamento che parte dal basso

di Roberto Toppoli*
«Due recenti articoli pubblicati da Superando - scrive Roberto Toppoli -, il primo di Fausto Giancaterina, il secondo di Salvatore Nocera, ci hanno sollecitato a presentare a Lettori e Lettrici della medesima testata un’iniziativa nata a Roma, su impulso di alcuni operatori sociali e familiari di persone con disabilità, ossia la costituzione del Comitato I.SO.LA. (Comitato per l’Integrazione Socio-Sanitaria nella Regione Lazio), nato per promuovere e favorire la realizzazione di una compiuta integrazione sociosanitaria nella nostra Regione»
Puzzle da completare
Nei fatti – è il pensiero di Roberto Toppoli – l’integrazione sociosanitaria nel Lazio è come un puzzle ancora tutto da completare

Due recenti articoli pubblicati da Superando, il primo di Fausto Giancaterina (Questo nostro welfare sempre più ristretto), il secondo di Salvatore Nocera (Accordi di programma: non più solo un’opportunità, ma una necessità), ci hanno sollecitato a presentare a Lettori e Lettrici della medesima testata un’iniziativa nata a Roma, circa un anno e mezzo fa, su impulso di alcuni operatori sociali e familiari di persone con disabilità. Si tratta della costituzione del Comitato I.SO.LA. (Comitato per l’Integrazione Socio-Sanitaria nella Regione Lazio), nato per promuovere e favorire la realizzazione di una compiuta integrazione sociosanitaria nella nostra Regione.
A spingerci è stata la consapevolezza che le disfunzioni dei servizi sociosanitari attualmente esistente nel Lazio, è causata, fondamentalmente, dal mancato coordinamento dei servizi sociali con quelli sanitari e con gli altri servizi necessari a realizzare un progetto di vita di qualità per le persone con disabilità sia nel “Durante Noi” che nel “Dopo di Noi”.
Assistiamo infatti ad un progressivo indebolimento e restringimento del nostro welfare territoriale e purtroppo non vediamo margini di miglioramento. Ci chiediamo come sia possibile che a fronte del proliferare, nella normativa e nei convegni pubblici, di termini come “la persona al centro”, “inclusione/inclusività”, “Dopo di Noi”, “multidimensionale”, “personalizzato e partecipato”, la realtà dei servizi renda un’immagine del tutto incongruente con questi princìpi. Il “Dopo di Noi” diventa un non-luogo dove si inaugurano tante residenze, ma senza le misure e le risorse per viverci; “multidimensionale” è una valutazione che si risolve, nei casi in cui viene fatta, in due o tre pagine di progetto piatto e unidimensionale; “personalizzato e partecipato” finisce per equivalere all’apporto economico richiesto alla famiglia.

Questo stato di cose ricade pesantemente sui molti cittadini deboli e i loro familiari a causa delle oggettive difficoltà in cui si trovano i Servizi Pubblici territoriali, nel tutelare e promuovere i loro diritti. A nostro avviso serve urgentemente un segno tangibile di cambiamento nella nostra Regione, attuando una scelta di strategia politica e amministrativa per il welfare territoriale: un welfare che sia creativo e trasformativo, iniziando con urgenza a rendere operativa nei Distretti l’integrazione dei servizi sociali con i servizi sanitari, caposaldo e condizione ineludibile se si voglia finalmente una buona e corretta gestione dei servizi stessi, necessaria per una reale attuazione di progetti di vita non più generici, ma personalizzati, partecipati ed evolutivi.
A ben vedere si tratta di una disposizione più volte richiamata nella legislazione nazionale e regionale e recentemente ripresa nella normativa sul progetto di vita personalizzato e co-partecipato delle persone con disabilità, emanata con il recente Decreto Legislativo 62/24.

Riteniamo sia indispensabile partire con urgenza dal superare, prima di tutto, l’attuale divisione tra sociale e sanitario, perché «il sociale e il sanitario […] sono le due metà di uno stesso intero: la salute della persona e della sua cura che non si risolve nella sanità, ma richiede l’apporto del sociale. Specie se si tratta di situazioni segnate da patologie croniche da elevata multiproblematicità, disabilità, non autosufficienza, dove accanto agli interventi sanitari servono azioni di protezione sociale. La mancata integrazione tra sociale e sanitario acuisce oggi le disuguaglianze nella salute, perché lascia alle persone e alle loro diseguali possibilità e capacità il compito di integrare cura e assistenza» (Camarlinghi R., d’Angella F. (a cura di), La costruzione sociale della salute, in «Animazione Sociale», n. 287, Torino 2014, pagina 21).
C’è bisogno di un coraggioso passaggio da un modello di governance frammentato, quello attuale, ad un modello integrato nella concretezza di scelte condivise che, finalmente, a catena avvii un cambiamento di paradigma culturale, professionale e organizzativo nei Servizi Sociosanitari Territoriali, primo passo per avere finalmente dei Servizi/mediatori e facilitatori che sappiano mettere al centro non più le prestazioni, ma i diritti delle persone. E che siano in grado di riconoscere appieno la capacità contrattuale dei cittadini fragili e dei loro nuclei familiari nel richiedere l’esigibilità di quei diritti, costituzionalmente garantiti perché basilari del vivere: la salute (quale bene-essere personale e sociale), l’avere un’istruzione, l’avere un lavoro e una vita attiva, l’avere legami affettivi e sociali significativi, l’avere la possibilità di un abitare scelto e non imposto.
Ma quei diritti sono fragili e precari e per questo hanno bisogno del sostegno di Servizi integrati.

Nel Lazio il quadro normativo regionale sarebbe chiaro, il condizionale è d’obbligo, e indica la direzione con l’articolo 51 della Legge Regionale 11/16 che ha per titolo proprio l’integrazione sociosanitaria. Quell’articolo, dopo avere richiamato il concetto di prestazioni sociosanitarie presenti nel Decreto Legislativo 229/99, stabilisce che per «garantire il coordinamento e l’integrazione tra le prestazioni […], le aziende sanitarie locali e i comuni stipulano una convenzione o accordo di programma secondo uno schema tipo approvato con la deliberazione della Giunta regionale» (si veda la Delibera di Giunta Regionale del Lazio n. 149/18).
Una compiuta integrazione sociosanitaria permetterebbe anche la corretta applicazione del sistema operativo “Budget di Salute” (“Budget di Progetto”, come viene pure chiamato in diversi documenti della Regione Lazio), attualmente ritenuto lo strumento più idoneo per garantire progettualità e sostegno dei diritti sociali attraverso la realizzazione di progetti di vita personalizzati, permettendo di ricentrare l’intera rete dei servizi sociosanitari sul benessere sociale delle persone (diritti sociali – determinanti sociali di salute), piuttosto che sulla loro malattia. È un modello che implementa azioni e strumenti non inerenti alle tecniche di cure specifiche, ma esige interventi promozionali della persona e di valorizzazione dei contesti ambientali sociali e relazionali. Invece nella Regione Lazio il welfare territoriale è organizzato per rigide filiere tecnico/amministrative, incapace, quindi, di produrre progettazioni integrate e, soprattutto, sempre più lontano dal realizzare la possibilità (o meglio: l’obbligo!) di dare alla Regione – in attuazione della citata Legge Regionale 11/16– un robusto welfare integrato a partire dal sanitario con il sociale, sostenuto da quel sistema operativo denominato appunto Budget di Salute, richiamato sempre dalla medesima Legge Regionale all’articolo 53.

Naturalmente non sottovalutiamo gli altri aspetti problematici dei servizi sociali e sanitari nella Regione Lazio, tra i quali citiamo il ruolo del Terzo Settore che sembra vivere anch’esso un periodo di crisi, dove pare prevalere una logica imprenditoriale sulle originarie istanze comunitarie di giustizia sociale e solidarietà e la carenza di personale e risorse economiche che spingono i cittadini alla sfiducia nei servizi pubblici e fare ricorso, sempre più spesso, a forme di assicurazioni private.
Siamo quindi consapevoli quanto i nodi da affrontare – accanto ad altre criticità – siano molteplici, ma riteniamo che il punto di partenza verso i necessari cambiamenti sia proprio il tema dell’integrazione sociosanitaria.
Come Comitato non ci vogliamo limitare alla sterile critica, ma mettiamo a disposizione delle strutture pubbliche l’esperienza e le conoscenze maturate nel corso del tempo, offrendo proposte e modelli di governance che riteniamo validi. In tal senso, il Comitato I.SO.LA è aperto ad ogni contributo e collaborazione in grado di rafforzare e moltiplicare gli sforzi comuni verso gli obiettivi sopra delineati. Pertanto, invitiamo chi ne condivide l’urgenza a scriverci all’indirizzo comitato.isola.lazio@gmail.com.

Assistente sociale, formatore, consulente, vicepresidente del Comitato I.SO.LA. (Comitato per l’Integrazione Socio-Sanitaria nella Regione Lazio).

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