Negli ultimi anni la televisione ha aperto le sue porte a nuovi temi sociali, tra cui la disabilità, cercando di costruire una rappresentazione adeguata, ma è davvero così? In verità, non sempre la rappresentazione delle persone con disabilità è accurata e rispettosa della realtà, risultando più che altro, qualcosa “di facciata”, che va fatto, ma che non si sa bene dove e come andrà a parare nel rispetto dell’individuo, scivolando nell’abilismo e nell’inspiration porn*.
Un livello accettabile ancora non è raggiunto e, come spiega Marina Cuollo, attivista e giornalista impegnata nella lotta per i diritti delle persone con disabilità, «quando parliamo di rappresentazione dobbiamo sempre considerare molteplici fattori. Una rappresentazione per dirsi di valore deve, in qualche modo, colmare una mancanza e soddisfare un’esigenza. Per quanto ci siano stati significativi passi avanti nel tempo sulla rappresentazione delle persone con disabilità in Italia, mancano ancora tanti aspetti che riguardano le nostre vite. Il motivo per cui i passi avanti, seppur importanti, avvengono in maniera molto lenta, è perché si fa ancora tanta fatica a coinvolgere le persone con disabilità a livello autoriale». Troppi programmi, infatti, continuano a usare la disabilità come elemento di pietismo o come mezzo per commuovere il pubblico. Questo avviene soprattutto nelle fiction, dove spesso la disabilità viene rappresentata in modo stereotipato e poco realistico.
La rappresentazione della disabilità in TV, però, non riguarda solo le fiction. In molti talk show e programmi di intrattenimento, le persone con disabilità vengono spesso invitate solo per parlare della loro esperienza di malattia o di disabilitazione, senza alcun approfondimento sulle loro idee e opinioni su altri temi. Questo rischia di confinarle in un unico aspetto della loro vita e di sottovalutare la loro complessità e individualità. «È importante che la disabilità sia rappresentata nella sua completezza, come una parte della vita delle persone e non come qualcosa che le definisce interamente», continua Cuollo. «Per fare questo, è necessario coinvolgere le persone con disabilità non solo come ospiti o come vittime, ma anche come autori, registi e produttori. Solo in questo modo si potrà avere una rappresentazione vera e rispettosa della realtà».
Il 4 maggio scorso è andata in onda la puntata del programma Le Ragazze in prima serata su Rai 3 e Marina Cuollo ha potuto raccontare la sua vita, ma qual è stata la narrazione della trasmissione? «Devo dire che è andata molto meglio del previsto, questo perché coinvolgere persone con disabilità all’interno di un format che non rientra in un contenitore sociale che tratta solo questa tematica, resta comunque un passo avanti per la televisione in termini di rappresentazione».
Purtroppo, però, si sarebbero potute evitare alcune scelte narrative stereotipate di girato e montaggio «se la produzione avesse scelto di avvalersi della consulenza di una persona con disabilità esperta di comunicazione durante tutte le fasi e invece, ahimè, è stato un peccato che questo non sia stato fatto». C’è ancora l’idea che avvalersi di una consulenza non sia necessario, e forse è proprio su questo pensiero che bisogna lavorare per cambiare le cose.
*Per “inspiration porn”, come da Treccani, si intende la rappresentazione oleografica e paternalistica delle persone con disabilità, trattate, per il solo fatto di essere tali, come modelli eroici e fonti di ispirazione per le persone che non presentano disabilità.
Giornalista e attivista con disabilità. Il presente contributo è già apparso in “La forza dei fragili”, blog di «Oggi», con il titolo “Suor Veronica Amata Donatello: “Marina Cuollo: ‘la tv generalista è ancora molto carente nel raccontare la disabilità’”. Viene qui ripreso, con diverso titolo e minimi riadattamenti dovuti al differente contenitore, per gentile concessione.
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