Quando i dati discriminano. Bias e pregiudizi in grafici, statistiche e algoritmi (Il Margine/Erickson, 2024) della giornalista, divulgatrice e scrittrice Donata Columbro, è un prezioso e agile “volumetto” che, con stile divulgativo, mostra come i dati statistici, ai quali spesso attribuiamo un carattere di oggettività, in realtà non siano mai neutri né oggettivi.
I dati, argomenta Columbro, sono «situati», ossia sono inevitabilmente condizionati dall’intervento umano e dal contesto storico, geografico ed economico nel quale vengono prodotti. La consapevolezza che i dati non sono neutri, e che considerarli tali ha finito per rinforzare gli assetti di potere delle diverse società, è fondamentale per disporsi a contrastare i meccanismi di esclusione sociale e l’accrescimento delle disuguaglianze.
«[…] la strada verso l’equità non passa dalla neutralità, ma dalla consapevolezza della posizione che occupiamo nel mondo – scrive l’Autrice nell’Introduzione -. I dati non possono mai essere oggettivi o neutrali, perché sono influenzati dal contesto i cui sono stati prodotti – non genericamente “raccolti” – e dalle scelte fatte sin da quando si è deciso di analizzare un dato fenomeno o una situazione» (pagine 15-16).
Ai dati mancanti, che vanno ad alimentare le ingiustizie sociali, è dedicato il capitolo centrale. Molti esempi concreti mostrano come un certo modo di impostare le indagini abbia penalizzato le donne, i gruppi esposti al razzismo, le persone della comunità LGBTQA+ (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Asessuali) e quelle con disabilità. Non mancano gli esempi in prospettiva intersezionale (relativi alle donne nere e alle donne con disabilità).
Anche una certa idea standardizzata di «normalità» ha portato le scienze ad attribuire alla popolazione generale i risultati ottenuti, utilizzando campioni non rappresentativi della stessa. Osserva infatti Columbro come, ancora oggi, quello che ci viene restituito dai dati è un mondo «maschilista, bianco e “WEIRD”» (pagina 85). WEIRD è un acronimo inglese utilizzato per indicare la tipologia di partecipanti tradizionalmente inclusi nelle ricerche: Western, Educated, Industrialized, Rich and Democratic, ossia: “occidentali, scolarizzati, industrializzati, ricchi e democratici”. «Questi gruppi su cui si basa la ricerca costituiscono solo una piccola frazione della popolazione globale (il 12%) – spiega Columbro facendo riferimento ad alcune indagini –, ma sono sovrarappresentati nella ricerca accademica, andando a costituire il 96% dei soggetti esaminati negli studi di psicologia e l’80% di quelli degli studi di medicina» (pagine 105-106).
In una società in cui, anche grazie allo sviluppo delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale, si assiste ad un incremento esponenziale della produzione di dati, Quando i dati discriminano offre importanti spunti per approcciarsi ad essi con spirito critico. Chi ha prodotto questi dati? Quale interesse aveva a produrli? I campioni utilizzati per condurre l’indagine hanno rappresentato in modo adeguato i gruppi marginalizzati? Sono le prime domande che ogni persona coscienziosa dovrebbe imparare a porsi. (Simona Lancioni)
Donata Columbro, Quando i dati discriminano. Bias e pregiudizi in grafici, statistiche e algoritmi, collana “Annurca”, Il Margine/Erickson, 2024, 10 euro, 128 pagine.
Donata Columbro è giornalista, divulgatrice e scrittrice. Collabora con «Internazionale» e «La Stampa», per cui cura la rubrica Data Storie. È docente a contratto per l’Università IULM di Milano e per l’Università della Svizzera Italiana di Lugano. Insegna Data Journalism al Master di Giornalismo dell’Università LUISS di Roma e ogni mercoledì pubblica una newsletter su dati, algoritmi e tecnologia.
Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minime modifiche dovute al diverso contenitore, per gentile concessione.
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